All’indomani dell’azione dimostrativa inscenata dalla camorra ponticellese che nella notte tra venerdì 22 e sabato 23 luglio ha innescato l’esplosione di ben due ordigni artigianali a distanza ravvicinata, il quadro che si delinea intorno ai due raid è piuttosto controverso.
L’unico dato certo è che il quartiere napoletano di Ponticelli si lascia alle spalle una delle settimane più concitate di sempre. Una settimana ricca di tragici eventi sui quali c’è la puntuale e lugubre firma della camorra.
Il punto di non ritorno è stato sancito dal duplice omicidio del 29enne Carlo Esposito, contiguo al clan De Micco-De Martino e dell’operaio 55 Antimo Imperatore, finito del mirino del killer solo perchè si trovava in casa di Esposito per aiutarlo a ristrutturare il basso in cui intendeva trasferirsi insieme alla sua compagna. Poche ore dopo, Antonio Pipolo, il 37enne autore del duplice omicidio si è costituito, avviando un percorso di collaborazione con la giustizia.
Le prime dichiarazioni rese dal neopentito attribuiscono una matrice ben precisa all‘omicidio di Esposito che sarebbe stato ordinato dal clan De Micco per compiere un necessario atto di epurazione interna.
Una rivelazione che lascia intravedere uno scenario dagli esiti incerti, a fronte della faida in corso tra i De Micco-De Martino e i De Luca Bossa, galvanizzati dalla recente scarcerazione di Christian Marfella, figura di spicco del clan del Lotto O che fino a settembre sarà monitorato a distanza grazie al braccialetto elettronico.
Un’altra scarcerazione eccellente ha concorso a mutare gli equilibri interni al clan De Micco-De Martino: quella del ras Francesco De Martino, reggente dell’omonimo clan, nonchè padre del temibile killer Antonio De Martino, soprannominato “XX” e di Giuseppe, entrambi detenuti, oltre che di Salvatore, l’unico dei figli a piede libero.
In seguito all’arresto del boss Marco De Micco, avvenuto lo scorso aprile, l’assetto dell’omonimo clan ha subìto una sensibile mutazione, non solo per effetto della sonora stangata inflitta alla cosca dal blitz che ha tradotto in carcere il boss ed altre figure apicali del clan.
Consapevole di non potersi sottrarre alle manette, nel periodo antecedente all’arresto, il boss aveva impartito ordini ben precisi che si sono poi tradotti in un nuovo assetto tra le fila del suo clan, quando è stato effettivamente tradotto in carcere.
La decisione di designare come suo erede una figura di primo ordine della malavita locale, snobbando il giovane Salvatore De Martino, ha creato un’innegabile frattura tra i rapporti che intercorrevano tra i due clan. Forte dell’esperienza maturata al termine del primo mandato dei De Micco, il boss ha esternato la volontà di non ripetere lo stesso errore, affidando una responsabilità eccessivamente onerosa a un giovane inesperto, affiancato da quello stesso gruppo di ragazzi che nel 2017 cercarono di reggere come meglio potevano all’onda d’urto generata dalla forza ben più dirompente dei clan alleati.
Plurimi elementi lasciano presagire che l’ordigno esploso alle 00.55 di sabato 23 luglio in via Virginia Woolf era indirizzato proprio al soggetto stimato essere l’attuale reggente del clan De Micco, nonchè la figura di spicco della malavita locale designata da Marco De Micco come suo erede. L’insediamento di quest’ultimo a Ponticelli non è passato di certo inosservato, al pari del vistoso andirivieni di “pezzi da novanta” del clan Mazzarella, alleati dei De Micco e dall’epoca dei Sarno bramosi di attecchire a Ponticelli.
Un’alleanza rilanciata anche su TikTok e che includeva anche i De Martino, almeno fino a prima dell’omicidio di Esposito, ordinato al killer neopentito Antonio Pipolo dal clan De Micco, secondo quanto riferito da quest’ultimo alla magistratura.
Per questo motivo, i due ordigni esplosi a distanza ravvicinata nel cuore della notte di sabato 23 luglio, disegnano uno scenario tutto da decifrare, perchè ben si prestano ad una serie di interpretazioni.
Non è chiaro se l’ordigno sia stato collocato sotto la Jeep Renegade di proprietà di una donna incensurata o nei pressi di quest’ultima vettura. L’unico dato certo è che esploso a ridosso del palazzo in cui vive l’attuale reggente del clan De Micco.
Un raid che potrebbe, pertanto, rappresentare la replica dei De Martino all’agguato indirizzato a Carlo Esposito, e che di fatto ha decretato la definitiva rottura con i De Micco, ufficializzando l’avvio di una faida interna.
Non è da escludere, però, lo scenario riconducibile ai De Luca Bossa. Proprio nel fortino di questi ultimi, nel rione Lotto O, la sera precedente, venerdì 22 luglio, sono state incendiate le auto di due persone ritenute contigue alla cosca fondata da Tonino ‘o sicco in seguito alla scissione dal clan Sarno.
In più di una circostanza, infatti, i De Luca Bossa, di recente hanno fatto ricorso ad ordigni artigianali nell’ambito della perenne faida contro i rivali. Il duplice raid andato in scena venerdì notte potrebbe quindi rappresentare la replica di questi ultimi all’azione subìta 24 ore prima.
Di contro, i De Martino potrebbero aver adottato una strategia peculiare dei De Luca Bossa con l’intento di “creare confusione”.
Il secondo raid, maturato intorno alle 3 di sabato 23 luglio, riproduce una scena tristemente già narrata dalle cronache recenti. L’ordigno è stato lanciato, infatti, dalla rampa del cavalcavia che sovrasta via Luca Pacioli, nella zona delle cosiddette “case di Topolino” ed ha distrutto le auto di due noti pregiudicati del posto.
Un modus operandi già adottato in passato dai De Luca Bossa, come accadde in occasione della bomba lanciata in via Esopo dalla rampa della strada statale 262. In quell’occasione, complice la forte detonazione, l’auto andò in panne e gli attentatori furono costretti a fuggire a piedi.
Si tratta del terzo ordigno esploso nell’arco dell’ultimo anno in via Luca Pacioli nella zona in cui è insediato Massimo Clienti detto “Tatà”, elemento di spicco del clan De Martino. Motivo per il quale, la logica criminale che ha dettato l’ultima concitata escalation di violenza tra le strade di Ponticelli, resta ancora tutta da decifrare.