Non si è fatta attendere la replica dei De Micco al raid subìto lo scorso sabato 2 luglio. Nella notte tra domenica 3 e lunedì 4 luglio, un 28enne è stato ferito a colpi d’arma da fuoco nel Lotto O, nel cuore del fortino del clan De Luca Bossa.
Raggiunto da diversi colpi di pistola che lo hanno lievemente ferito alla schiena, il 28enne è stato accompagnato dal padre all’ospedale Villa Betania. I medici che lo hanno soccorso, lo hanno dimesso con dieci giorni di prognosi. Il giovane ha fornito alla polizia, che indaga sull’accaduto, la seguente dinamica dei fatti: mentre si trovava in via Cleopatra, nel rione Lotto O, in compagnia di alcuni amici, sono stati affiancati da un Suv dal quale è sceso un uomo che ha esploso diversi colpi, puntando l’arma proprio contro il gruppo di giovani. Sul posto, la Scientifica ha repertato diversi bossoli.
Un episodio che s’incastona in una sequenza ben chiara di eventi maturati a distanza ravvicinata: all’indomani del raid messo a segno nel cuore del quartier generale dei De Micco da un killer a bordo di uno scooter, guidato da un complice, che ha esploso diversi colpi di mitraglietta all’altezza del “Super Bar” in viale Margherita, luogo di ritrovo abituale degli affiliati al clan De Micco, questi ultimi hanno appagato l’impellente necessità di replicare al fuoco mettendo la firma su un’azione eclatante, compiuta, a loro volta, nel cuore del fortino del clan De Luca Bossa: il rione Lotto O. Il killer è entrato in azione in via Cleopatra, la strada che costeggia il plesso P4, bunker del clan De Luca Bossa.
Una botta e risposta dai toni inequivocabili che ufficializza l’inizio di una nuova faida di camorra per il controllo del territorio. I clan ritornano ad impugnare le armi a meno di un anno di distanza dall’escalation di fibrillazioni che in seguito all’esplosione di un ordigno nel cortile dell’abitazione del Marco De Micco, portò all’assassinio del giovane Carmine D’Onofrio, 23enne figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa, stimato essere l’esecutore materiale del raid indirizzato al boss Marco De Micco che proprio in seguito all’assassinio del giovane consacrò la sua leadership. L’arresto di Marco De Micco, maturato lo scorso aprile proprio per l’omicidio di Carmine D’Onofrio ha concorso ad indebolire il clan da lui capeggiato, seppure possa beneficiare del supporto dei Mazzarella.
L’evento che ha concorso a determinare le recenti fibrillazioni va verosimilmente ricercato nella scarcerazione di Christian Marfella, figlio del boss di Pianura, Giuseppe Marfella, e della lady-camorra Teresa De Luca Bossa, madre del killer ergastolano Tonino ‘o sicco.
Negli ambienti malavitosi è ben nota l’intenzione di Marfella di emulare le gesta del fratellastro, – rimarcata anche dal tatuaggio che porta inciso sul collo: Tonino ‘o sicc’ – unitamente all’indiscutibile tempra camorristica del giovane che in passato ha già messo la firma su diversi crimini efferati.
Reduce da un decennio trascorso in carcere, Christian Marfella, già durante la detenzione aveva lanciato segnali volti ad annunciarne l’intenzione di farsi promotore dell’agognata vendetta contro i De Micco, gli acerrimi rivali, che non hanno ucciso solo Carmine D’Onofrio, ma anche Antonio Minichini, il 19enne figlio del boss Ciro Minichini, braccio destro di Tonino ‘o sicco, e della sorella Anna De Luca Bossa.
Secondo quanto riferito dai residenti in viale Margherita, prima ancora del raid di sabato 2 luglio, contestualmente alla scarcerazione di Marfella, nella stessa sede, si sarebbe verificato un episodio analogo, dal quale potrebbe trapelare la ritrovata sicurezza delle reclute dei De Luca Bossa, forti del supporto di uno dei leader più temprati ed autorevoli del clan.
Un affronto sonoro, perchè matura in uno dei luoghi più rappresentativi dell’egemonia del clan De Micco a Ponticelli. Una sfida, un torto che seppure non abbia sortito morti o feriti, andava violentemente redarguito il prima possibile.
Il giovane raggiunto dalla raffica di proiettili esplosi in piena notte nel cuore del fortino dei De Luca Bossa è Mario Sorrentino, uno degli amici d’infanzia di Umberto ed Emmanuel De Luca Bossa, i figli del boss Tonino ‘o sicco.
Emmanuel De Luca Bossa è tornato a piede libero di recente, contestualmente alla scarcerazione di Christian Marfella, dopo aver scontato una condanna agli arresti domiciliari. Inconsapevole di essere intercettato, nei mesi in cui viveva stretto nella morsa di andare incontro allo stesso destino di suo cugino Carmine, Emmanuel palesava l’intenzione di starsene rintanato in casa anche quando avrebbe terminato di scontare la condanna, in attesa di tempi migliori. Il fatto che il figlio minore di Tonino ‘o sicco sia tornato a mostrarsi in pubblico proprio in questo periodo, comprova la ritrovata sicurezza da parte del clan De Luca Bossa che forte del supporto di Marfella, ostenta una condotta più spavalda. Così come comprova il raid andato in scena sabato scorso, seppure, fino a settembre, Marfella sarà monitorato da remoto tramite il braccialetto elettronico.
Nelle ore successive all’agguato messo a segno nel Lotto O, i De Micco hanno nuovamente rivendicato la paternità di quell’azione camorristica sui social. Così come era accaduto all’indomani del raid in viale Margherita, i profili istituiti per inviare messaggi espliciti e ringalluzzire la credibilità del clan De Micco, anche in questa circostanza, hanno divulgato video dai contenuti inequivocabili.
Nella fattispecie, il profilo TikTok “famiglia bodo”, ha pubblicato un video estrapolato dalla fiction “il capo dei capi” che ripercorre la gesta mafiose del capo di Cosa Nostra Totò Riina.
“Siamo noi che facciamo le leggi, senza bisogno di scriverle. Siamo noi che le facciamo rispettare. Siamo noi a decidere chi deve crepare e chi può vivere (…) Lo Stato sono io”.
Un messaggio rimarcato e rilanciato dalla frase e dalle emoticon che accompagnano il video: “qui lo stato siamo noi”.