I Carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna lo localizzato e arrestato a Sessa Aurunca, precisamente nella località balneare di Baia azzurra: era lì che si nascondeva il latitante Luigi Piscopo, 33enne di Arzano, ritenuto contiguo al gruppo camorristico della “167”.
I carabinieri lo hanno fermato mentre si apprestava a raggiungere la spiaggia della località balneare in cui soggiornava, ma i militari hanno stroncato sul nascere il suo intento di concedersi una giornata all’insegna del relax e del refrigerio in riva al mare.
Si era reso irreperibile dal 25 aprile scorso, la giornata che verrà tramandata ai posteri come “la duplice festa della liberazione”. Quel giorno, i carabinieri di Castello di Cisterna avevano eseguito un blitz che ha fatto scattare le manette per 29 persone, stimate essere, a vario titolo, gli interpreti più espressivi della camorra arzanese.
Non è la prima volta che le forze dell’ordine mettono fine alla latitanza di un elemento di spicco della camorra napoletana in circostanze inusuali, mettendo la firma su un “arresto in costume da bagno”.
Correva l’anno 2000 e “Donna Teresa” alias Teresa De Luca Bossa, madre del sanguinario killer ergastolano Antonio De Luca Bossa, fu arrestata da poliziotti in costume da bagno, mentre si trovava a bordo piscina in compagnia della sorella, in un campeggio di lusso a Sapri, nel cuore del Cilento.
Era finita nel mirino degli agenti della Squadra Mobile di Napoli in seguito ad un blitz che fece scattare le manette per cinque persone ritenute contigue al clan Marfella a Pianura. “Donna Teresa” era diventata una figura apicale del clan Marfella, in seguito all’arresto del compagno, il boss Giuseppe Marfella. Poche settimane prima di quel blitz, la faida con i rivali del clan Lago era sfociata nella morte di due giovani, Luigi Sequino e Paolo Castaldi, di 20 e 21 anni, estranei alle dinamiche camorristiche, uccisi dai sicari del clan Marfella perchè, mentre erano seduti in macchina intenti a chiacchierare, erano stati scambiati per i guardaspalle di un boss rivale.
Teresa De Luca Bossa riuscì a sottrarsi alle manette e trovò rifugio prima in Calabria, poi in un villaggio da sogno nel Cilento. In quel momento storico, “Donna Teresa” è una delle figure più autorevoli della camorra napoletana: reggente del clan De Luca Bossa, attivo a Ponticelli e del clan Marfella, operante a Pianura. Nessuna donna, prima di lei, era riuscita a conquistare un ruolo tanto solido quanto rilevante tra i ranghi della camorra, emulando la figura del boss alla quale, fino a quel momento, era stata attribuita un’accezione esclusivamente maschile.
La prima vera donna-boss della camorra napoletana viene arrestata in bikini.
Quando “Donna Teresa” viene individuata in quel campeggio a Sapri, i poliziotti si dividono in coppie e si introducono nel villaggio, mimetizzandosi tra i villeggianti. Si aggiravano intorno alla sua roulotte per stanarla nel momento più propizio.
Gli agenti della Questura partenopea, per arrestare Teresa De Luca Bossa, finsero di essere bagnanti in vacanza, per poi bloccare la donna, cogliendola di sorpresa.
Da vera donna d’onore, Teresa De Luca Bossa, si fece arrestare senza battere ciglio.