Si è diffusa rapidamente la notizia della morte del boss Cosimo Di Lauro, figura apicale dell’omonimo clan operante nell’area nord di Napoli, protagonista della cosiddetta “faida di Scampia”, una delle guerra di camorra più sanguinarie della storia. Ancora da accertare le cause della morte.
Di Lauro è deceduto all’alba di oggi, lunedì 13 giugno, nel carcere di Milano Opera all’età di 49 anni. Detenuto dal 2005 quando fu arrestato dai carabinieri in un bunker nel cuore del suo quartiere. Figlio del boss Paolo, era detenuto al carcere duro e stava scontando diversi ergastoli per gli omicidi commessi durante la prima faida di Scampia che fece registrare oltre 100 morti in otto mesi.
Aveva turbe psichiche, allucinazioni, rifiutava la terapia, non voleva incontrare i familiari. Nel 2018 gli avvocati avevano chiesto ai giudici della terza Corte d’Assise di Napoli di disporre una perizia psichiatrica per accertare le condizioni di salute psicofisica e la capacità di stare coscientemente al processo. Di Lauro assumeva dosi massicce di psicofarmaci somministrati da anni come ad un paziente psichiatrico. Per i legali di Cosimo, le cui cause della morte saranno accertate dall’autopsia, in carcere non ci doveva restare, e doveva essere sottoposto a cure specifiche. La prima perizia di parte che parlavano di ansia, disturbi mentali e comportamenti bizzarri, come ridere a crepapelle anche nel cuore della notte, risale a più di 10 anni fa.
Tra i promotori più convinti della faida di Scampia, soprannominato “il boss con il codino”, Cosimo Di Lauro è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Massimo Marino, cugino di Gennaro detto «Mekkey», ma anche per l’omicidio di Mariano Nocera, uomo del clan Abete-Abbinante. Imputato per l’omicidio di Carmela Attrice, la cui storia è ricostruita nel film “Gomorra” tratto dall’omonimo libro di Roberto Saviano. Cosimo Di Lauro è stato assolto con formula piena dall’omicidio di Gelsomina Verde ed Attilio Romanò, vittime innocenti della criminalità.