Un ricatto estorsivo in piena regola palesato sotto forma di “regalo” indirizzato ad uno dei “magliari” storici del quartiere Ponticelli da parte del boss Marco de Micco. Un retroscena ricostruito tra i palazzoni del rione De Gasperi, dove l’uomo finito nella rete ordito dal boss di Ponticelli è conosciuto e ben voluto da tutti, Una vicenda che aiuta a comprendere ancora meglio il modus operandi del leader del clan dei De Micco, ad ormai sette giorni di distanza dal suo arresto.
I residenti nell’ex bunker dei Sarno ed alcuni esercenti del quartiere concorrono a far luce su una vicenda inquietante che nei mesi scorsi ha visto uno degli abitanti più noti del rione De Gasperi finire nel mirino di Marco De Micco.
L’uomo che da sempre si guadagna da vivere vendendo merce contraffatta in altre città italiane ed estere è stato preso di mira dal boss di Ponticelli non solo per la professione che esercita indisturbato da anni e che gli assicura ingenti guadagni, ma anche per un altro motivo ben più delicato.
Durante il periodo in cui i De Micco si sono visti costretti a cedere il controllo dei traffici illeciti al cartello costituito dalle vecchie famiglie d’onore dell’ala orientale di Napoli, i De Luca Bossa hanno reclutato tantissimi giovani estranei alle dinamiche camorristiche, tra i quali anche il figlio di quel conosciuto “magliaro”.
Un cambiamento radicale ed eclatante che non è passato di certo inosservato agli occhi degli esercenti di Ponticelli che conoscevano quel giovane fin da bambino e che lo hanno sempre additato come un ragazzo garbato ed educato. Nella fattispecie, a destare scalpore negli anni in cui i De Micco capitolarono per cedere il posto ai Minichini-Schisa-de Luca Bossa fu proprio la vicinanza del giovane ad Umberto De Luca Bossa nel periodo successivo alla sua scarcerazione, quando ricopriva il ruolo di boss del quartiere. I due sono legati da un’antica amicizia, così come comprovano le tante fotografie pubblicate sui social network, ma a scatenare l’ira dei commercianti è un fatto ben preciso: il giovane accompagnava il figlio di Tonino ‘o sicco durante il giro delle estorsioni ai commercianti di Ponticelli e gli passava “il ferro” – la pistola – quando scendeva dall’auto, prima di entrare nelle attività da taglieggiare.
Una condotta mal recepita dagli esercenti che si sono sentiti mancati di rispetto dal figlio di un uomo ben voluto da tutti, estraneo alle dinamiche malavitose, seppure avvezzo a praticare l’arte del raggiro ben lontano dalle mura del quartiere. La condotta di quel ragazzo si è spesso tramutata in dissidi e discussioni piuttosto accese tra le parti. I commercianti non hanno mai nascosto la loro indignazione dinanzi alla condotta di quel giovane, rivendicando puntualmente più rispetto. In sostanza, forte del rapporto disteso che intercorreva con la sua famiglia, chiedevano che non fosse proprio lui a favorire le pratiche estorsive del clan De Luca Bossa.
Quando Marco De Micco è tornato a riappropriarsi di Ponticelli, il forte malcontento suscitato dalla condotta di quella recluta del clan del Lotto O, si è tramutata in un’opportunità troppo ghiotta da lasciarsi scappare per un boss pavido e calcolatore come “Bodo”.
Il cinismo del boss ha tramutato l’affronto del figlio in un incubo per il padre: Marco De Micco ha avanzato una richiesta esplicita all’uomo. “Un regalo”, necessario per regolare i conti e sanare quel conto in sospeso.
Un regolamento di conti imprescindibile per tamponare due esigenze: in primis, in virtù del regime totalitario introdotto dai De Micco e che prevede il pagamento di una percentuale al clan da parte di tutti coloro che traggono guadagni da attività illecite, un magliaro, veterano del mestiere, doveva necessariamente corrispondere “un regalo” al clan, ancor più per cancellare dalla mente di “Bodo” che suo figlio si era schierato con i rivali del clan De Luca Bossa e che per giunta la sua condotta avesse suscitato il vivo malcontento degli esercenti del quartiere che aveva concorso a taglieggiare, insieme ad Umberto De Luca Bossa.
“Bodo” avrebbe chiesto a quell’uomo di ricevere in dono un orologio di cui ha fornito marca e modello.
Dal suo canto, quell’uomo sa di non poter rifiutare, perchè in ballo c’è principalmente l’incolumità di suo figlio.
Quando si attrezza per acquistare l’oggetto richiesto, però, viene colto da un’inaspettata sorpresa che lo lascia di stucco: l’orologio richiesto da Marco de Micco costa 400mila euro.
Una scoperta che ha gettato quell’uomo nello sconforto e nella disperazione. Animato dalla legittima paura per quello che potesse accadere, laddove il suo diniego di accollarsi quel costoso regalo avesse scatenato l’ira e la suscettibilità del boss, ha iniziato ad attivarsi per cercare la soluzione più indolore per uscire da quell’incubo.
Una preziosa ancora di salvezza gli è stata gettata da un insospettabile. Il fratello di un ex Sarno, oggi collaboratore di giustizia, a detta di molti più che vicino alla famiglia De Micco, si è offerto di fare da mediatore tra le parti per risolvere bonariamente quella questione spinosa.
A riprova del forte ascendente che il fratello di un pentito sia in grado di sortire su un boss dalla fama cinica e spietata come Marco De Micco, vi è il buon esito della trattativa.
Per regolare il conto in sospeso con i “Bodo”, “il magliaro” si è accollato “un regalo” meno costoso ed è riuscito a cavarsela sborsando 40 mila euro.