Khmelnitsky, Ucraina del Sud, Rivne e Zaporizhzhia: le centrali nucleari attive in Ucraina sono quattro. A queste si aggiunge Chernobyl, la più nota al mondo, ma non più in funzione dopo il disastro del 1986. In totale ci sono 15 i reattori funzionanti che producono complessivamente 13.823 megawatt, coprendo il 55% del fabbisogno energetico del Paese.
Non è difficile comprendere dunque quanto sia elevata la preoccupazione degli osservatori internazionali dopo l’invasione della Russia in Ucraina e i combattimenti di Chernobyl e Zaporizhzhia. In gioco non c’è solo il futuro dell’Ucraina, ma dall’Europa intera.
Nella notte tra giovedì 3 e venerdì 4 marzo, l’esercito russo ha attaccato un edificio vicino alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, nel sud-est dell’Ucraina, il più grande impianto nucleare d’Europa, il nono più grande al mondo, che ospita 6 dei 15 reattori nucleari dell’Ucraina.
Dopo ore di intensi combattimenti e un grosso incendio divampato in una parte della centrale dedicata agli addestramenti, la situazione sarebbe tornata sotto controllo, ma le truppe russe avrebbero preso il controllo dell’impianto.
Le autorità ucraine hanno reso noto che l’impianto non avrebbe subito danni. Una notizia confermata anche dall’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Tuttavia, la situazione resta preoccupante.
Il ministro degli Esteri ucraino infatti ha fatto sapere che un’eventuale esplosione della centrale nucleare di Zaporizhzhia causerebbe un disastro “dieci volte più grave di quello di Chernobyl”.
Secondo, Claire Corkhill, un’esperta di energia nucleare intervistata dalla Bbc, l’attacco russo all’impianto avrebbe però un altro scopo: quello di privare l’Ucraina dell’energia elettrica prodotta dalla centrale. Normalmente, infatti, Zaporizhzhia genera circa un quinto dell’elettricità dell’Ucraina e quasi la metà dell’energia elettrica derivante dal nucleare nel Paese.
Oltre a Zaporizhzhia, in Ucraina ci sono altre tre centrali nucleari attive. La prima è Ucraina del Sud, situata nei pressi della città di Južnoukraïns’k, nell’oblast di Mykolaïv. Ospita tre reattori funzionanti e, data la sua posizione, potrebbe ben presto diventare la terza centrale nucleare (dopo Chernobyl e Zaporizhzhia) attaccata dall’esercito russo in pochi giorni.
Le altre due centrali nucleari ucraine sono a Rivne e a Khmelnitsky, situate nella parte nord-ovest del Paese, la prima molto vicina al confine con la Polonia. A Rivne sono attivi 4 reattori nucleari che producono 2.657 Mw, a Khmelnitsky ce ne sono altri due per 1.900 Mw.
Se tutte e quattro le centrali attive fossero conquistate dai russi, l’intero patrimonio energetico dell’Ucraina sarebbe nelle mani di Mosca, diventando un’arma potentissima nel corso dei negoziati.
Alle centrale attive sopra descritte occorre ovviamente aggiungere Chernobyl. La centrale non funziona più dalla famosa tragedia del 1986, quando l’esplosione del reattore numero 4 sprigionò una nuvola di materiale radioattivo che provocò la contaminazione di gran parte dell’Europa. L’impianto (e il suo celebre “sarcofago” che copre il reattore 4) è finito sotto il controllo dell’esercito russo nei giorni scorsi.
Un altro rischio è legato al funzionamento degli impianti nucleari che hanno bisogno in continuazione di elettricità e di essere raffreddati ad acqua. Senza queste operazioni e un attento monitoraggio, la situazione potrebbe deflagrare.
Senza tralasciare la possibilità di un errore umano – determinante nel caso di Chernobyl – che potrebbe essere dettato dalla condizione di stress alla quale gli addetti ai lavori sono sottoposti in questi giorni, costretti a lavorare in un clima a dir poco teso.