Un quartiere in balia di un clan che esercita un controllo totale e capillare del territorio: questo il quadro della situazione che si registra attualmente a Ponticelli da quando il clan De Micco ha decretato la fine delle ostilità, al culmine di una lunga faida, rivendicando con forza la propria supremazia.
Una leadership conquistata e consacrata a suon di azioni efferate ed omicidi eclatanti e che adesso i “Bodo” – questo il soprannome degli affiliati al clan De Micco – mirano a preservare perseguendo una serie di strategie ben precise.
In primis, il controllo del territorio esercitato dalle sentinelle e dai soldati del clan che stringono la marcatura soprattutto nei rioni in cui si rileva la presenza di focolai camorristici ostili che potrebbero dare il via ad atti di ribellione volti a mettere in discussione l’autorità dei Bodo, tornati alla ribalta dopo 4 anni passati in sordina, in virtù del blitz che nel novembre del 2017 decapitò la cosca. Un vuoto di potere del quale approfittarono immediatamente i clan alleati – il cartello camorristico composto dalle vecchie famiglie d’onore di Napoli est – che di fatto hanno preservato l’egemonia fino all’estate del 2021.
Non è stato difficile per Marco De Micco, reggente e fondatore dell’omonimo clan, riconquistare il controllo del territorio. Scarcerato a Marzo del 2021, “Bodo” è tornato a Ponticelli nel bel mezzo della faida tra gli eredi del suo clan, i De Martino, e i De Luca Bossa-Minichini-Casella, guardandosi bene dallo scendere in campo per accollarsi le rogne di una guerra che non gli apparteneva. Con le due fazioni ormai depauperate dagli arresti, per De Micco è stato facile riconquistare il controllo del territorio.
Una leadership ottenuta stroncando sul nascere le insidie servendosi di metodi efferati e violenti.
Un modus operandi che sancisce una netta inversione di rotta con la politica camorristica adottata dai clan alleati negli anni in cui i De Micco erano stati messi alla berlina.
I De Micco conquistano a suon di omicidi ed azioni eclatanti la fama del clan da rispettare e temere. Una reputazione alimentata quotidianamente attraverso una serie di azioni mirate a preservare il saldo controllo del territorio.
In ogni rione in cui si registra la presenza di un gruppo malavitoso potenzialmente ostile, i soldati del clan De Micco presidiano la zona con le “scese”, ovvero, gruppi armati che marcano il territorio a bordo di scooter e moto per far sentire la loro temibile presenza.
Succede nel rione Conocal, dove sopravvivono i giovani eredi del clan D’Amico, famiglia camorristica che rivendica un pesante conto in sospeso con i De Micco: l’omicidio della donna-boss Annunziata D’Amico, giustiziata proprio nel cuore del suo fortino il 10 ottobre del 2015.
Succede nel rione De Gasperi, dove i parenti delle “pazzignane” detenute all’ergastolo subiscono angherie e soprusi dalla cosca attualmente egemone. Una sorta di punizione voluta per espiare una duplice colpa: l’atto di ribellione inscenato dalla reggente del clan, Luisa De Stefano, all’indomani del blitz che fece vacillare il clan De Micco, rifiutandosi di seguitare a pagare il pizzo sulle piazze di spaccio gestite dalla sua famiglia.
“La pazzignana” è però anche la madre di Tommaso Schisa, giovane rampollo di una delle famiglie d’onore più longeve della storia camorristica di Ponticelli che nell’estate del 2019 ha deciso di collaborare con la giustizia.
Succede nel Lotto O, fortino del clan De Luca Bossa, intenzionati a vendicare la morte del giovane Antonio Minichini, figlio della lady-camorra Anna De Luca Bossa e del boss Ciro Minichini, maturata per mano dei De Micco il 29 gennaio 2013.
I De Luca Bossa, fortemente rimaneggiati dagli arresti dei protagonisti della faida contro i De Martino, potrebbero aver tentato il tutto per tutto piazzando l’ordigno artigianale esploso all’esterno dell’abitazione di Marco De Micco lo scorso settembre. L’ultimo colpo di coda del clan fondato dal sanguinario killer ergastolano Tonino ‘o sicco per cercare di contrastare l’ascesa degli acerrimi rivali. In quest’ottica sarebbe poi maturata la replica dei “Bodo” che ha portato all’omicidio del 23enne Carmine D’Onofrio, figlio naturale di Giuseppe De Luca Bossa.
A temere la presenza del boss e dei suoi fedelissimi – un esercito che sta andando incontro ad un’esponenziale ascesa di adesioni e proseliti – non sono solo i malavitosi, ma anche la gente comune e soprattutto i commercianti.
Al calar del sole, scatta il coprifuoco.
Quando il boss, rigorosamente in moto, affiancato da una solida scorta di affiliati, scende lungo le strade del quartiere per gustare il sapore della supremazia tra le mura di un bar in viale Margherita, i commercianti si affrettano a chiudere le loro attività anzitempo, preoccupati e spaventati da quello che potrebbe accadere.
Un’incursione armata da parte di un gruppo di rivali, ma anche un’inaspettata richiesta estorsiva o semplicemente uno sguardo di troppo che potrebbe essere interpretato male.
Questo il clima che si respira attualmente a Ponticelli.
Un clima di silenziosa e tensione che porta gli esercenti a spegnere le telecamere di notte, per non disporre di eventuali prove scomode.
Strade deserte, cittadini barricati in casa, restii ad affacciarsi al balcone se qualche rumore anomalo proveniente dalla strada attira la loro attenzione.
A Ponticelli è calato il gelo. E non solo per effetto delle rigide temperature registrate di recente.