La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il quesito sull’eutanasia che chiedeva di depenalizzare l’omicidio del consenziente.
È arrivata nel corso della serata di martedì 15 febbraio la prima decisione della Consulta che oggi, mercoledì 16 febbraio, si è riunita nuovamente per pronunciarsi sull’ammissibilità di otto referendum che da tempo animano il dibattito pubblico e dividono la politica.
I giudici costituzionali – riuniti sotto la nuova presidenza di Giuliano Amato – si sono riuniti stamane, mercoledì 16 febbraio, a partire dalle 9.30, per il vaglio di ammissibilità sugli altri 7 quesiti presentati. Gli altri referendum all’esame della Consulta sono quello della cannabis e a seguire sei quesiti promossi da Lega e Radicali, appoggiati da Italia Viva e sostenuti da nove Consigli regionali, sul tema della giustizia. Se la Consulta dichiarasse l’ammissibilità dei quesiti, il voto popolare dovrebbe tenersi tra aprile e maggio.
In attesa del deposito della sentenza sull’eutanasia, l’Ufficio comunicazione fa sapere che la Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile il quesito referendario perché, “a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”. Promosso dall’associazione Luca Coscioni, il referendum puntava ad abrogare parte dell’articolo 579 del codice penale, che prevede il reato di omicidio di persona consenziente, permettendo quella che si definisce eutanasia attiva. È il caso di un medico che somministra, intenzionalmente, un’iniezione o un altro farmaco a un paziente che chiede di essere condotto alla morte. All’udienza erano presenti 18 avvocati e sette esponenti del Comitato promotore. Tra gli altri anche Marco Cappato e Valeria Imbrogno, compagna di Fabiano Antonioni, il Dj Fabo morto in Svizzera con il suicidio assistito il 27 febbraio del 2017.
Varie associazioni chiedono di depenalizzare la coltivazione di cannabis e di eliminare la pena del carcere prevista per le condotte illecite legate all’uso e al consumo della sostanza, a eccezione dell’associazione finalizzata a traffico illecito. Significa che si potrebbe utilizzare liberamente cannabis, ma non spacciarla. Il referendum vuole intervenire anche sulle sanzioni amministrative previste dalla normativa, eliminando la sospensione della patente per chi è accusato di una qualsiasi condotta riconducibile all’uso della sostanza.
Il primo quesito relativo alla giustizia riguarda il tema della responsabilità civile dei magistrati. Si vuole eliminare il sistema della responsabilità indiretta, per cui in prima battuta è lo Stato a pagare per gli errori giudiziari, che poi esercita diritto di rivalsa sul giudice ritenuto responsabile. C’è poi la questione della separazione delle carriere, che vorrebbe bloccare la possibilità per i magistrati di passare dalla posizione di pm a quella di giudice e viceversa. Il terzo quesito tratta di custodia cautelare preventiva. In Italia, al momento, può essere applicata nel caso in cui sussistano vari requisiti: pericolo di fuga dell’indagato, pericolo di inquinamento delle prove e il rischio che la stessa persona commetta altri gravi illeciti penali. Il referendum propone di eliminare i primi due requisiti e mantenere solamente quello relativo ai reati gravi. Il quarto referendum interverrebbe invece su parte della Legge Severino, che prevede l’incandidabilità e il divieto di ricoprire cariche elettive per chi ha subito una condanna definitiva a più di due anni di reclusione. C’è poi la questione della raccolta firme per i magistrati intenzionati a candidarsi al Csm e quella legata alla loro valutazione. Al momento gli organi preposti a questa funzione possono essere composti anche da membri non togati, come gli avvocati, che hanno il “diritto di tribuna” ma non quello di voto, riservato ai soli togati. La richiesta del referendum è di ampliare anche ai membri non togati la possibilità di votare sulle valutazioni dei magistrati.