Un cinghiale trovato morto, in seguito alle analisi di laboratorio è risultato positivo alla peste suina africana, riapparsa quindi in Italia. Il cinghiale è morto nelle campagne di Ovada, in provincia di Alessandria, e i suoi resti sono stati analizzati dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Piemonte-Liguria e Valle d’Aosta e dal Centro di referenza nazionale per le pesti suine (Cerep) dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Umbria e Marche.
Il cinghiale aveva la variante del virus che dai paesi dell’ex blocco sovietico si è esteso in mezza Europa, compresa la Germania, e si è spinto anche in Cina.
La peste suina africana non si trasmette all’uomo, ma è spesso letale per gli animali che ne sono colpiti, è altamente trasmissibile e mette quindi a rischio gli allevamenti di maiali e lo stesso commercio di carni suine. Il virus può resistere per anni nella carne congelata e viene reso inattivo solo dalla cottura e da specifici disinfettanti. Per questo l’assessorato alla Sanità della Regione Piemonte ha subito fatto scattare le «procedure d’emergenza» per delimitare la ‘zona infetta’ e la ‘zona di sorveglianza’. L’area infetta individuata dal ministero della Salute e dalle Regioni Piemonte e Liguria coinvolge 78 Comuni, 54 in Piemonte e 24 in Liguria. In vista dell’ordinanza ministeriale prevista per l’inizio della prossima settimana, la Regione Piemonte ha chiesto ai sindaci di vietare sul loro territorio l’esercizio venatorio a tutte le specie e di innalzare al livello massimo di allerta la vigilanza sulle misure di biosicurezza nel settore domestico, con particolare riguardo a tutte le operazioni di trasporto e di movimentazione degli animali, di mangimi, prodotti e persone.
Le organizzazioni agricole esprimono un doppio timore, di tipo sanitario, per gli allevamenti, ed economico, con il rischio che alcuni stati extra-Ue blocchino l’importazione di tutte le carni suine italiane.
“C’é l’assoluta necessità di interventi tempestivi e coordinati, – dice Enrico Allasia, presidente della Confagricoltura Piemonte – per arginare un’emergenza che non riguarda più soltanto le imprese agricole, danneggiate dei selvatici, ma che interessa tutta la popolazione. Ormai è un problema che, se non controllato, procurerà danni irreparabili per il nostro tessuto sociale, economico e produttivo”.