La nuova sottovariante Delta è presente anche in Italia.
Sono 9 i casi identificati in un periodo stimato fra settembre e ottobre. Ad indicarlo sono le sequenze genetiche contenute dalla banca dati internazionale Gisaid, analizzate dagli esperti del Ceinge-Biotecnologie avanzate di Napoli. Complessivamente sono state finora depositate 1.860 sequenze della variante AY.4.2. Di queste, la maggior parte provenienti dalla Gran Bretagna e le rimanenti sono distribuite, anche se con piccoli numeri, in una decina di Paesi europei fra i quali l’Italia. Comparsa recentemente, la variante AY.4.2 è ancora poco conosciuta ma ha caratteristiche tali da far sospettare che sia molto probabilmente più aggressiva rispetto alla Delta.
La sottovariante del ceppo Delta è stata scoperta nel Regno Unito e secondo gli esperti potrebbe essere fino al 10 per cento più contagiosa. Il picco dei casi di AY.4.2 è stato rilevato in Gran Bretagna, con una parte che ha interessato il recente boom di infezioni che ha colpito il paese.
A contraddistinguere la variante AY.4.2 sono due mutazioni, entrambe presenti nella proteina Spike che il virus utilizza per aggredire le cellule. Una mutazione, nota per essere apparsa più volte nella variante Delta, si chiama A222V, l’altra è la Y145H.
La variante AY.4.2 rappresenta quasi il 10% dei casi sequenziati in Gran Bretagna: potrebbe essere il 10% -15% più trasmissibile, ma non può essere l’unica causa dell’alto numero di casi di Covid in UK.
Non è l’unico sotto-tipo di Delta diffuso in UK, dove è presente da mesi, ma gli scienziati stanno monitorando la sua capacità di trasmissione: due esperti – Jeffrey Barrett, direttore della Covid-19 Genomics Initiative presso il Wellcome Sanger Institute di Cambridge, e Francois Balloux, direttore dell’University College London Genetics Institute – hanno affermato che AY.4.2 sembra essere dal 10 al 15% più trasmissibile di Delta, ma i dati sono davvero troppo incerti. La prevalenza di AY.4.2 sta aumentando rapidamente, ma ha impiegato diversi mesi per raggiungere quasi il 10% delle nuove infezioni e il suo tasso di crescita è molto variabile nelle differenti regioni. Sebbene possa avere un vantaggio, non si sta diffondendo con il tipo di velocità che ha contraddistinto il ceppo Delta al suo ingresso in UK. Inoltre, non è ancora molto diffuso al di fuori del Regno Unito: negli Stati Uniti la prevalenza è aumentata, ma in seguito è diminuita o si è attestata a livelli costanti, e questo potrebbe dimostrare che la maggior diffusione in alcune zone sia il frutto di più fattori casuali concomitanti.
Gli scienziati ipotizzano che l’unica strada per l’evoluzione del SARS-CoV-2 passi comunque dalle singole mutazioni della Delta, proprio come quella che ha dato origine a AY.4.2. Dove si è imposta, infatti, Delta ha cancellato anche le varianti più preoccupanti rispetto alla capacità di «bucare» i vaccini. La caratteristica principale della variante (che ora è predominante in tutto il mondo) non è quella di eludere la protezione dei vaccini, ma di essere più trasmissibile. Piuttosto, la maggior preoccupazione è legata al fatto che in gran parte del mondo le infezioni rimangono incontrollate e questo dà al virus maggiori possibilità di evoluzione mentre si diffonde attraverso la popolazione umana. Il SARS-CoV-2 è un virus in grado di infettare molti mammiferi diversi. È noto per aver fatto il «salto di specie» dagli umani ai visoni e di nuovo agli umani. I guardiani degli zoo di tutto il mondo curano le infezioni da coronavirus tra leoni, tigri, gorilla e altri animali in cattività. La mutazione è un gioco di numeri. Ogni volta che il virus si replica, muta e i sotto-lignaggi Delta suggeriscono che sono ancora aperti percorsi evolutivi verso una maggiore trasmissibilità.
I vaccini diffusi servono a frenare il numero di mutazioni e l’indispensabile lavoro di sequenziamento serve e monitorare le evoluzioni del virus. Al mondo però ci sono ancora milioni di casi Delta che corrono in popolazioni non vaccinate e che non vengono rilevati da sequenziamento genomico.