Superano i 20 milioni le notizie rimosse da facebook ed Instagram relative al coronavirus, in quanto non veritiere. Il dato emerge dal Report sull’Applicazione degli Standard della comunità divulgato dal noto social network, relativo al secondo trimestre del 2021 (cioè i mesi di aprile, maggio e giugno): si tratta di un documento, giunto alla decima edizione, che fornisce le indicazioni su come l’azienda applica le regole sulle sue app.
Gran parte del lavoro si è concentrato nel gestire la violenza verbale e su come i post che la contengono vengono posizionati nel News Feed delle persone: “La rimozione di questi post è aumentata di oltre 15 volte su Facebook e Instagram, da quando abbiamo iniziato a registrare questo dato – si legge nel report – Il tasso di proattività, cioè la percentuale di contenuti su cui abbiamo agito e che abbiamo individuato prima che qualcuno li segnalasse, è superiore al 90% per 12 delle 13 aree di policy prese in considerazione per Facebook e 9 su 11 per Instagram”.
Nel merito dei contenuti particolarmente sensibili, non si possono escludere quelli a tema Covid-19: “A livello globale, abbiamo rimosso più di 20 milioni di contenuti da Facebook e Instagram che violavano le nostre policy sulla disinformazione legata al coronavirus. Inoltre, eliminati più di 3mila account, pagine e gruppi che hanno ripetutamente violato le regole contro la diffusione di fake news, anche sui vaccini”. In generale, sono circa 190 milioni i contenuti relativi alla pandemia su cui il social network ha inviato avvisi, perché valutati falsi dai partner indipendenti impegnati nel fact checking, oppure parzialmente falsi, manipolati o privi di contesto.
Quando un contenuto viene considerato non del tutto attendibile, al suo fianco viene aggiunta un’etichetta, così che le persone siano maggiormente consce su ciò che condividono: “Abbiamo fornito informazioni autorevoli per aiutare a migliorare il consenso sui vaccini, su Facebook come su Instagram – hanno spiegato dall’azienda – Oggi sappiamo che, in base alle ricerche, le persone sono più propense a farsi vaccinare se vedono altri nella loro comunità che lo fanno”.