Si è diffusa rapidamente nel Rione De Gasperi di Ponticelli, ex bunker del clan Sarno, la notizia della morte di Carmine Sarno detto “Topolino”, fratello di Ciro, Vincenzo, Luciano, Giuseppe, Pasquale e Giovanni.
Dopo la dipartita del fratello Luciano, giunta al culmine di una lunga malattia a dicembre del 2018, anche Carmine Sarno è andato incontro allo stesso destino. L’ex impresario dei cantanti neomelodici, si è spento dopo aver lottato a lungo contro un brutto male. In tutt’altre circostanze, invece, è maturata la morte del fratello Giovanni, disabile e con problemi di alcolismo, era l’unico dei fratelli Sarno rimasto a vivere nel rione De Gasperi e proprio nell’ex fortino della sua famiglia è stato trucidato a colpi di pistola, a maggio del 2016, nell’ambito di quella che è stata ribattezzata “la vendetta contro i parenti dei pentiti dei Sarno”.
Carmine Sarno si è sempre tenuto alla larga dagli affari di famiglia, pur beneficiando dello status di intoccabile che gli derivava da quel cognome, sinonimo di potere e rispettabilità, negli anni in cui a marcare la scena camorristica erano i suoi fratelli, estendendo la loro egemonia ben oltre i confini del quartiere Ponticelli.
Trasferitosi nel plesso di case popolari site in via Vera Lombardi che furono prontamente ribattezzate con il suo soprannome e tuttora definite “le case di Topolino”, in quella sede Carmine Sarno gestiva la compravendita degli alloggi e una ditta di pulizie, ma soprattutto mise in piedi la “Bella Napoli”: un’agenzia artistica che ha lanciato un nuovo stile musicale.
Tra le prime voci ingaggiate da “Topolino”, spicca quella di un ragazzetto poco più che adolescente, Gaetano Carluccio, in arte “Alessio”: il cantante che ha dato il via al genere pop neomelodico, dettando legge anche in materia di look. Erano gli anni in cui tutti i ragazzi, dai quartieri ai rioni di periferia, sfoggiavano il vistoso orecchino a forma di stella e i capelli gelatinati con il ciuffo alto, seguendo lo stile lanciato da Alessio. Le ragazzine cantano a squarciagola le sue canzoni durante le serenate e dalle case e dai bassi riecheggiano le sue hit.
Sono anni gloriosi per la “Bella Napoli” che macina successi e soldi, godendo dei privilegi e dei benefici che derivano dal cognome di “Topolino”. Sono anni d’oro per i fratelli Sarno che dominano da leader indiscussi la scena camorristica napoletana.
In seguito al pentimento dei fratelli Ciro, Vincenzo e Giuseppe, la vita di “Topolino” viene risucchiata in un vortice impensabile per un impresario discografico che si guadagna da vivere a suon di feste di piazza e cerimonie. Quel cognome, per Carmine Sarno, diventa pesante come una croce che impietosamente grava sulle sue spalle.
“Topolino” pensava che, agli occhi delle nuove leve della camorra, potesse apparire per quello che era: un imprenditore che faceva affari nel mondo della musica e gestendo un’impresa di pulizie, fratello di ex boss, passati dalla parte dello Stato.
Invece, furono i cugini, gli Esposito, a presentargli il conto. Un conto salatissimo: dapprima pretendendo che pagasse il pizzo, poi minacciandolo di morte per costringerlo a consegnarli tutto quello che aveva, l’impresa di pulizie e soprattutto l’agenzia dei cantanti, un’autentica miniera d’oro.
Carmine Sarno, in quella circostanza, si comportò come avrebbe fatto qualsiasi altro imprenditore onesto, finito nella lancinante morsa della camorra: denuncia i suoi estorsori e li fa arrestare.
Le manette per estorsione aggravata dal metodo mafioso scattano per 8 affiliati al clan Casella-Circone, il focolaio camorristico che stava cercando di affermarsi a Ponticelli per colmare il vuoto di potere generato dal pentimento dei Sarno, tra i quali spiccano non solo i nomi dei cugini, ma anche quello di Giovanni De Stefano detto “Giovannone”, fratello di Luisa De Stefano, moglie dell’ex Sarno Roberto Schisa, presunta ideatrice della vendetta contro i parenti dei pentiti dei Sarno, maturata quando sono scattate le sentenze definitive per gli autori della strage del bar Sayonara, proprio per effetto delle dichiarazioni rese dai fratelli Sarno in veste di collaboratori di giustizia.
Carmine Sarno ricostruisce davanti ai magistrati circostanze e richieste, minacce di morte, ma anche nomi e ruoli della nuova cosca. A convincerlo ad affidarsi alla giustizia per mettere fine a quell’incubo è la sua compagna, ex cantante neomelodica nota come Morena e, a sua volta, parente di altri pentiti.
La coppia riferisce meticolosamente agli inquirenti quanto accaduto e ricostruisce nei minimi dettagli quel lungo calvario iniziato nel 2010, quando furono costretti a chiudere l’ agenzia musicale “La bella Napoli” grazie alla quale si erano conosciuti e innamorati.
«Nella mia vita non ho mai fatto direttamente parte del clan guidato dai miei fratelli, ma non nego di aver beneficiato del loro nome. Gli Esposito (affiliati al nuovo clan, ndr) mi imposero la chiusura dell’ attività. Mi dissero: “Devi chiudere che stai dando fastidio”. Da quel giorno il mio unico sostentamento rimase l’ impresa di pulizie». Una ditta che, peraltro, aveva avuto grazie al clan Sarno alcuni «insignificanti privilegi – si legge nel verbale che riporta le dichiarazioni rilasciate da Carmine Sarno – come occuparsi della pulizia del mercatino rionale e di un piccolo complesso edilizio imponendo il servizio ad alcuni commercianti».
Anche l’ impresa, ben presto, finisce nel mirino degli Esposito e degli altri sodali: gli viene chiesto di versare 2mila euro nelle casse del nuovo clan, poi la tangente viene ridotta a mille euro. Poi prende il via l’escalation di minacce alla famiglia Sarno e così i parenti degli ex boss di Ponticelli, si vedono costretti a lasciare il quartiere.
Topolino vive barricato in casa per due mesi, poi la sua compagna viene minacciata di morte, davanti alla figlia di nove anni. E la donna si ribella, dice agli estorsori: «Visto che la situazione è questa, comincia a sparare prima a me». L’ex cantante viene definita dal gip «una figura femminile di primissimo piano. È lei a convincere il suo uomo, spaventato e disorientato, che l’ unica via di salvezza è quella che porta ai carabinieri».
“Io e la mia famiglia stiamo vivendo mesi di terrore. Veniamo continuamente minacciati di morte e ci è stato chiesto di abbandonare Ponticelli in quanto la situazione era cambiata nel quartiere. Non ho più niente; a Ponticelli comanda Tonino Accennato (una delle persone arrestate grazie a Carmine Sarno) il quale con i suoi uomini ha preso possesso della mia ditta di pulizie. Gestivo anche un’agenzia artistica denominata ‘La bella Napoli’, ma anche questa attività mi è stata tolta con la forza anni fa dal nuovo gruppo che opera a Ponticelli”.
Carmine Sarno verrà tramandato ai posteri come “il fratello buono”, l’unico dei Sarno ad aver ripulito Ponticelli dalla camorra senza mai pentirsi, perchè mai aveva praticato il verbo della malavita.