Marina Castellaneta, Bruno Del Vecchio, Salvatore Mileto, Luigi Principato, Giulio Vasaturo. Sono i legali e docenti che compongono il pool che accompagnerà l’azione del sindacato a tutela della redazione di Report, e di tutta la categoria, nella difesa del diritto al segreto professionale e più in generale in difesa dell’articolo21 della Costituzione. Lo hanno annunciato Fnsi e Usigrai durante la conferenza stampa convocata all’indomani della sentenza del Tar del Lazio secondo cui la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci dovrebbe rivelare i documenti alla base di una inchiesta del 2020.
«Il caso del pronunciamento del tribunale amministrativo è solo l’ultimo episodio che testimonia il clima pessimo per chi fa informazione», rileva il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, aprendo la conferenza stampa. Lorusso ricorda le intercettazioni disposte dalla procura di Trapani alcuni mesi fa, le norme di contrasto alle querele bavaglio da anni ferme in Parlamento, e «ora questa sentenza che dice che i giornalisti sono come amministratori pubblici, mettendo così in discussione l’essenza stessa della professione, perché le fonti, specialmente per chi fa giornalismo investigativo, devono essere confidenziali e devono essere protette». Per questo, conclude il segretario generale, «la Federazione della Stampa è e sarà al fianco dei colleghi di Report in tutte le azioni che riterranno di voler intraprendere, compresa la possibilità di affiancare la Rai nel ricorso al Consiglio di Stato».
Di sentenza che «apre un percorso che pone grandi rischi per il giornalismo» parla il segretario dell’Usigrai, Vittorio Di Trapani. «Se il lavoro dei giornalisti è paragonato a quello dei funzionari amministrativi si mette in discussione la base stessa del giornalismo, oltre a creare una pericolosa discriminazione per cui chi fa giornalismo nel servizio pubblico viene penalizzato rispetto agli altri colleghi».
Da qui l’esigenza di una battaglia «che riguarda non solo Report o la Rai – aggiunge Di Trapani – ma deve essere una battaglia nell’interesse di tutta la categoria e, soprattutto, dei cittadini e del loro diritto ad essere informati, perché la tutela delle fonti non è un privilegio dei giornalisti, ma la garanzia per il cittadino che chi affida a un cronista una denuncia viene tutelato».
A Sigfrido Ranucci il compito di riepilogare la vicenda ed evidenziare la singolarità di un ricorso al Tar che rischia di diventare un bavaglio, ma per le fonti: «Chi si rivolgerà a un giornalista per denunciare qualcosa se teme che poi le sue mail o i suoi documenti possano essere resi pubblici?», chiede. Per poi ribadire: «Questa sentenza non la rispetterò. Rispetterò la legge, che mi impone di tutelare le mie fonti. Perché la tutela delle fonti è la base del giornalismo e della libertà di stampa».
Alla conferenza stampa, insieme con gli avvocati e le giornaliste e i giornalisti di Report, anche alcuni parlamentari, come Primo Di Nicola, Walter Verini, Sandro Ruotolo, Nicola Fratoianni, che hanno espresso vicinanza a Ranucci e ai colleghi e hanno esortato la categoria a mobilitarsi per “costringere” politica e istituzioni a mettere mano alle norme necessarie a consentire non soltanto ai giornalisti di svolgere il loro lavoro, ma soprattutto ai cittadini il loro diritto ad una informazione libera, completa e affidabile.
A chiudere l’incontro la presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, Paola Spadari, il consigliere di amministrazione Rai eletto dai dipendenti, Riccardo Laganà, ed Elisa Marincola, portavoce dell’associazione di Articolo21.
Sulla vicenda si registra anche l’intervento della Federazione europea dei giornalisti che si unisce alla Fnsi e all’Usigrai nel denunciare quella che definisce «una palese violazione della riservatezza delle fonti giornalistiche». Per il segretario generale della Efj, Ricardo Gutierrez, «Il diritto dei giornalisti a non divulgare le proprie fonti non è un mero privilegio da concedere o togliere a seconda della presunta legittimità o illegittimità delle loro fonti. Il diritto dei giornalisti di non divulgare le proprie fonti fa parte del diritto all’informazione e dovrebbe essere trattato con la massima cautela. Chiediamo alla giustizia italiana di rivedere con urgenza questa sentenza, che rappresenta una vera minaccia per la democrazia».