Un ritorno tanto atteso quanto temuto quello del boss Marco De Micco, leader e fondatore dell’omonimo clan, insidiatosi a Ponticelli dopo il declino dei Sarno. “Bodo”, questo il soprannome di Marco De Micco, poi esteso anche agli affiliati al clan che ha fondato insieme ai fratelli Salvatore e Luigi, lo scorso marzo è stato scarcerato con la sola misura dell’obbligo di presentazione all’autorità giudiziaria.
Dopo tre mesi trascorsi in sordina, verosimilmente per studiare la strategia ottimale per irrompere sulla scena camorristica ponticellese, “Bodo”, classe 1984, di recente ha rotto gli indugi ed è tornato a marcare la scena con un’azione eclatante, ma silenziosa, a riprova della fine mente da abile stratega di cui dispone.
Una scarcerazione eccellente, maturata in un momento storico concitato, nel bel mezzo della faida tra i Casella-Minichini-De Luca Bossa e i De Martino, gli eredi del clan fondato da De Micco sui quali, però, “Bodo” ha scelto inaspettatamente di non puntare. Un tangibile segnale di disappunto e disapprovazione verso la politica adottata dai giovani “XX” – questo il soprannome dei De Martino – che palesano un modus operandi molto più impulsivo e sfrontato, privo di una solida strategia. Un’organizzazione criminale destinata a pagare ad altissimo prezzo la scellerata efferatezza imposta dalla “mente” del clan: Carmela Ricci, alias “Donna Lina”, moglie del ras Francesco De Martino e madre di Giuseppe ed Antonio, entrambi detenuti per reati consumati proprio per favorire l’affermazione, l’ascesa e la consacrazione del clan De Micco.
In seguito al blitz che ha tradotto in carcere le figure di spicco del clan dei Bodo, a novembre del 2017, intorno al figlio più piccolo della Ricci, si è radunata una paranza di giovanissimi con l’intento di preservare l’egemonia dei De Micco e contrastare l’ascesa dei clan alleati di Napoli est: i Minichini-De Luca Bossa alleati con “le pazzignane” del rione De Gasperi e gli Aprea di Barra e i Rinaldi di San Giovanni a Teduccio.
Ad ufficializzare la faida per il controllo del territorio, in quella circostanza, fu l’atto di ribellione palesato dalle “Pazzignane”, capeggiate da Luisa De Stefano, poche ore dopo il blitz che rimaneggiò sensibilmente la cosca.
La De Stefano, insieme alle altre parenti, interpreti della “malavita in gonnella”, si recò presso il garage di proprietà della famiglia De Micco che funge da “reception” del clan, palesando la loro volontà di non corrispondere più ai De Micco il pizzo sulle piazze di spaccio da loro gestite, in virtù della discutibile egemonia del clan in seguito a quel blitz che di fatto lo aveva decapitato.
La replica del clan giunse poche ore dopo con una “stesa” nel Rione De Gasperi, lungo la strada che costeggia gli isolati da 1 a 10. In quella circostanza, alcuni proiettili colpirono anche un’abitazione. A capeggiare quell’azione dimostrativa, voluta per mostrare i muscoli ai rivali e per lasciare intendere che il clan De Micco era ancora temibile, Carmela Ricci e un gruppo di giovani, poi di fatto confluiti nel clan De Martino. Di fatto, quella “stesa” rappresentò il debutto sulla scena camorristica ponticellese del rifondato clan “XX”.
Marco De Micco ha rotto gli indugi e ha palesato la sua presenza e le sue intenzioni, mettendo la firma su un’azione eclatante proprio nel Rione De Gasperi.
Qualche giorno fa, in sella ad una moto, affiancato da altre due persone, ha compiuto una “scesa” nell’ex bunker dei Sarno.
Nel gergo camorristico, viene definita “scesa” un’azione dimostrativa a scopo intimidatorio eseguita in sella agli scooter, mostrando le armi, ma senza sparare.
Un segnale inequivocabile che palesa la volontà del boss di Ponticelli, tornato in libertà da pochi mesi, di marcare da leader la scena malavitosa ponticellese e di riaffermare l’egemonia del clan da lui stesso fondato.
La notizia della scarcerazione di Marco De Micco destò non poco scalpore, soprattutto perchè per diverse settimane nessun abitante del quartiere era riuscito ad avvistarlo. E non a caso.
C’è la firma dei De Micco sull’omicidio di Gennaro Castaldi, in cui perse la vita anche il 19enne Antonio Minichini, figlio della lady-camorra del Lotto O Anna De Luca Bossa e del boss Ciro Minichini, nonchè fratellastro del killer Michele Minichini detto ‘o tigre.
Il 19enne, estraneo agli affari di famiglia, venne ucciso solo perchè si trovava in compagnia di Castaldi, reale obiettivo dell’agguato. Un omicidio che ha segnato profondamente le famiglie/clan Minichini e De Luca Bossa e che ha ispirato e motivato le gesta camorristiche di Michele Minichini, fermamente intenzionato a vendicare la morte del fratello.
Dopo un’apparente battuta d’arresto, lo scorso maggio, la faida per il controllo dei traffici illeciti a Ponticelli è rientrata nel vivo, facendo registrare una pericolosa escalation di bombe e “stese” che ha portato ad arresti che hanno indebolito sia i De Martino che i De Luca Bossa.
Con la fine dell’ennesima era camorristica ormai alle porte, in virtù del crescente sentore che a breve altre operazioni eclatanti delle forze dell’ordine siano destinate a fare tabula rasa di quel che resta dei clan De Martino e Minichini-De Luca Bossa-Casella, Marco De Micco ha rotto gli indugi senza aspettare la concreta uscita di scena delle due fazioni avverse, mettendo la firma su un’azione che non è passata di certo inosservata.
Perchè Marco De Micco ha fatto una “scesa” nel Rione De Gasperi? A chi ha voluto lanciare il guanto di sfida?
Le risposte a questi quesiti aprono almeno due possibili scenari investigativi.
Il primo, conduce al focolaio camorristico che si starebbe rifondando nella zona delle “case murate” del Rione De Gasperi e che vede alcuni pregiudicati, scarcerati non molto tempo fa, tessere rapporti sempre più fitti con le nuove leve del clan D’Amico-Mazzarella di San Giovanni a Teduccio.
Il secondo, potrebbe essere associato alla presenza nell’ex bunker dei Sarno dei familiari di Tommaso Schisa, figlio dell’ex Sarno Roberto Schisa e della “pazzignana” Luisa De Stefano, passato dalla parte dello Stato. Le dichiarazioni del giovane rampollo della famiglia Schisa rischiano di compromettere anche la ritrovata libertà del fondatore del clan dei “Bodo” e pertanto Marco De Micco potrebbe aver lanciato quel monito proprio alle “pazzignane”, affinchè il giovane possa valutare bene cosa riferire alla magistratura.
Capire chi sono i nuovi affiliati ed alleati di Marco De Micco, resta un altro nodo da sciogliere. Nelle settimane successive alla sua scarcerazione, altri preziosi tasselli del clan da lui stesso fondato sarebbero andati incontro ad analogo destino. Forte del carisma e dell’enorme ascendente che ha sempre avuto sui giovani impazienti di marcare la scena camorristica da protagonisti, De Micco starà sicuramente lavorando per consolidare la sua organizzazione.
L’unico dato certo è che in assenza di bombe e spari, a Ponticelli si sta delineando uno scenario molto più temibile ed inquietante.