Un agguato indirizzato a Luigi Austero e saltato solo perchè la pistola dei killer si è inceppata: questo il movente che avrebbe incattivito i toni della faida in corso a Ponticelli tra i De Martino e i Minichini-Casella-De Luca Bossa, in rotta di collisione dallo scorso settembre, allorquando i De Martino hanno rotto gli accordi relativi alla spartizione dei proventi illeciti, lamentandosi in particolar modo delle quote destinate ai familiari dei detenuti.
Luigi Austero è stato uno dei grandi protagonisti della faida contro i De Martino. Una guerra che ha vissuto e combattuto schierato sul fronte in prima linea, dapprima limitandosi ad eseguire gli ordini delle figure apicali del clan De Luca Bossa, poi ereditando il posto in cabina di regia, per cause di forza maggiore, dettate dagli arresti dei reggenti dell’omonimo clan, maturati ad ottobre del 2020 e dall’uscita di scena per la stessa ragione di Giuseppe Righetto, fratellastro dei Casella che in un primo momento era stato designato come il predecessore dei De Luca Bossa. In seguito all’arresto di Righetto, forte della relazione con Martina Minichini, sorella di Michele ed Alfredo, nonchè figlia di Anna De Luca Bossa e del boss Ciro Minichini, Austero ha consolidato la sua posizione all’interno del clan, andato incontro ad un nuovo assetto organizzativo per sopperire alle esigenze dettate dalle circostanze.
A fronte dei 26 anni compiuti lo scorso 23 gennaio, Austero viene indicato come uno dei leader camorristici più temuti e rispettati. Nota negli ambienti in odore di camorra del quartiere, la sua fama di malavitoso cinico, spietato, dal sangue freddo e sempre pronto ad entrare in azione per mettere la firma su azioni eclatanti, Austero viene indicato soprattutto come uno dei pochi affiliati al clan De Luca Bossa capaci di sparare. Caratteristica cruciale, soprattutto perchè il carisma e la reputazione di Austero tamponano le lacune palesate in tal senso dalle altre figure di spicco che convergono nell’alleanza, come Umberto De Luca Bossa, ben presto ribattezzato “il boss che non sa sparare”, proprio perchè incapace di impugnare le armi e di partecipare ad azioni utili ad accrescere e consolidare la sua fama di “capo”. Lo stesso discorso vale per i fratelli Casella, descritti come personaggi più abituati a difendersi che ad attaccare, tant’è vero che non appena la faida è entrata nel vivo hanno iniziato a vivere le loro giornate standosene rintanati in casa, centellinando le uscite e guardandosi bene dal compiere passi falsi. A tenere alte le quotazioni della cosca di via Franciosa è il fratellastro dei Casella, Giuseppe Righetto, tant’è vero che è quest’ultimo, insieme ad Austero e al nipote dei Casella, Nicola Aulisio, a mettere la firma sull’agguato al quale è miracolosamente scampato l’ex De Martino Rosario Rolletta, oggi collaboratore di giustizia.
Una faida che ha visto i de Martino incassare i colpi più duri, a fronte dei quattro agguati subiti, contro i due incassati dai Minichini-Casella-De Luca Bossa. Per questa ragione, i giovani anche soprannominati “XX”, optano per una strategia più lungimirante: bloccano le piazze di droga del quartiere minacciando i gestori. In questo modo, negano ai rivali l’autorità necessaria per rivendicare il pedaggio delle tangenti sulle piazze di droga, imponendo uno stop forzato all’economia criminale.
Una strategia che ha fatto perdere il polso della situazione ai Minichini-Casella-De Luca Bossa, così come palesato dalla decisione di replicare servendosi di ordigni artigianali che hanno messo a repentaglio la vita dei civili.
Una scelta dalla quale trapela il desiderio di terrorizzare e colpire i De Martino. Un desiderio che Austero nutre anche per un altro motivo: all’indomani dell’esplosione della prima bomba in via Vera Lombardi, indirizzato a Francesco Clienti, suocero di uno dei fratelli De Martino, il ras del clan De Luca Bossa ha subito un agguato, al quale è sopravvissuto per miracolo, solo perchè la pistola dei killer si è inceppata.
Austero sarebbe stato intercettato dai sicari, mentre era a bordo della sua auto, lungo via delle Metamorfosi, nei pressi di via Curzio Malaparte, la strada che conduce al rione De Gasperi. Accanto a lui era seduta sua figlia, dietro c’era sua madre. I killer avrebbero affiancato Austero, puntandogli la pistola alla tempia e non avrebbero esitato a sparare, pur consapevoli che il proiettile una volta trapassato il cranio di Austero, avrebbe raggiunto la piccola, seduta accanto al papà.
A stoppare il piano omicida dei killer del clan De Martino che avrebbe potuto uccidere sì Austero, ma anche una bambina innocente, una fortuita casualità: la pistola si è inceppata.
Un episodio che ha fomentato il livore di vendetta, alimentando la viva intenzione di Austero di punire quel gesto. L’idea che la sua bambina di pochi anni potesse essere tramandata ai posteri come l’ennesima vittima innocente di una faida di camorra, ha fatto letteralmente perdere la testa ad Austero, facendo saltare schemi, equilibri e congetture.
Nel periodo in cui è lui a dettare tempi e strategie al clan Minichini-De Luca Bossa-Casella, Austero libera tutta la sua impulsività, lasciando che a prendere il sopravvento sia il suo livore criminale, palesando tutta la sua inesperienza, soprattutto nel maneggiare ordigni artigianali. Questo il motivo per il quale, durante il pomeriggio di giovedì 20 maggio è stato tratto in arresto insieme a Luca La Penna e Alfonso De Luca. I tre sono accusati di essere gli autori del raid che ha danneggiato 9 auto e ha seminato in panico in via Esopo, roccaforte del clan De Martino, durante la serata di martedì 11 maggio.
I carabinieri hanno appurato che l’onda d’urto generata dall’ordigno avrebbe potuto provocare il decesso di eventuali persone presenti nel raggio di 10 metri dall’esplosione. I tre esponenti del clan, capeggiati da Austero, hanno lanciato quella che a tutti gli effetti era un’arma di distruzione di massa dalla rampa della statale 262 che sovrasta via Esopo. Sprezzanti del fatto che potessero compiere una carneficina, esponendo ad un concreto pericolo tanti, tantissimi civili.
In effetti, è stata proprio l’onda d’urto scaturita dalla deflagrazione ad aver consentito agli inquirenti di chiudere le indagini in tempi record: l’esplosione infatti ha generato lo scoppio degli airbag dell’auto degli attentatori, costringendoli a dileguarsi a piedi e lasciando la vettura sul luogo esatto dal quale avevano lanciato l’ordigno. Le indagini avviate per risalire all’identità dell’intestatario del raid, hanno consegnato ai militari dell’arma il nome e il cognome dell’autore del raid: Luigi Austero. Inoltre, all’interno della vettura, sarebbe stato rinvenuto anche un verbale elevato ad Austero il giorno precedente.
Pistole che si inceppano, auto in panne che lasciano a piedi gli attentatori nelle fasi successive ad un agguato: dettagli tutt’altro che di poco conto che consegnano un identikit preciso degli attuali interpreti della malavita ponticellese.
Esaltati, spietati, incoscienti e soprattutto inconsapevoli dei pericolo che corrono e ai quali espongono gli altri.