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Camorra Ponticelli: bomba in via Esopo, 3 arresti. La ricostruzione della dinamica del raid

Luciana Esposito di Luciana Esposito
20 Maggio, 2021
in Cronaca, In evidenza
0
Ponticelli, operazione “alto impatto” dei carabinieri: in corso perquisizioni nei rioni-bunker dei clan
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carabinieri-ponticelliDovranno rispondere del reato di detenzione ed esplosione di ordigno, aggravati dalle finalità mafiose i tre soggetti ritenuti contigui al clan Minichini-De Luca Bossa, arrestati durante la giornata odierna, giovedì 20 maggio, in quanto ritenuti essere gli autori dell’esplosione dell’ordigno che ha distrutto diverse automobili e che ha seminato il panico in via Esopo a Ponticelli, fortino del clan De Martino, durante la serata di martedì 11 maggio.

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Un’indagine conclusa in tempi record dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli e della Compagnia di Napoli Poggioreale, dalla quale emergono dettagli inquietanti. L’ordigno lanciato dal cavalcavia della strada statale 262, danneggiando 9 auto parcheggiate in via Esopo, ha generato un’onda d’urto avrebbe potuto provocare il decesso di eventuali persone presenti nel raggio di 10 metri circa dall’esplosione.

Il raid maturò all’indomani di un episodio analogo, avvenuto la sera precedente in via Vera Lombardi. Un ordigno fece saltare in aria la Smart noleggiata dal 55enne Francesco Clienti detto Tatà, suocero di uno dei fratelli De Martino. L’esplosione, in quella circostanza, fu preceduta da una pioggia di proiettili esplosi verso il cielo, mentre uno dei membri del gruppo di fuoco urlò una frase dai toni espliciti: “Qui comandiamo noi”.

Un’escalation di violenza che si colloca nella faida per il controllo del territorio, tra il cartello composto dai Minichini-De Luca Bossa-Casella e i De Martino, esplosa lo scorso settembre ed entrata nel vivo ad ottobre, facendo registrare 3 agguati nell’arco di un mese. Dopo una prima, solo apparente, battuta d’arresto, i clan in lotta per il controllo dei traffici illeciti hanno ripreso le ostilità lo scorso marzo, mettendo a segno un botta e risposta che nell’arco di pochi giorni ha fatto registrare due feriti e un morto: il ferimento del ras Giuseppe Righetto, elemento di spicco del clan Casella, seguito dal duplice agguato in cui perse la vita Giulio Fiorentino e rimase ferito Vincenzo Di Costanzo, entrambi contigui al clan De Martino.

In un clima orfano di spari ed azioni eclatanti, la malavita ponticellese ha protratto la disputa in maniera silenziosa per circa due mesi, fino a quando, durante le ore in cui vige il coprifuoco, la quiete notturna è stata bruscamente alterata dalla fragorosa esplosione di tre bombe nell’arco di quattro giorni.

Il motivo, neanche a dirlo, lo stop forzato imposto dai De Martino agli spacciatori del quartiere, minacciati con le pistole per bloccare il business d’oro della malavita locale, fino a quando la faida in corso, dagli esiti sempre più incerti, non decreterà un vincitore.

Gli inquirenti hanno ricostruito le fasi salienti del secondo raid, avvenuto nella tarda serata di martedì 11 maggio, risalendo all’identità degli attentatori. 

Tre esponenti del clan Minichini-De Luca Bossa, attivi nella zona del Lotto O e del Lotto 10, tra i quali spicca il nome della figura-cardine dell’organizzazione che dallo scorso ottobre, in seguito agli arresti delle figure apicali del clan De Luca Bossa, ha ricoperto un ruolo centrale, ancor più consolidato all’indomani dell’arresto di Giuseppe Righetto, avvenuto lo scorso marzo.

Avevano ordito un piano che sulla carta sembrava perfetto e che invece è andato incontro ad una serie di clamorose sbavature: gli attentatori che hanno lanciato dal cavalcavia della statale l’ordigno esploso in via Esopo, sono partiti dal vicino quartiere di Barra, con l’intento di far perdere le loro tracce, hanno imboccato la rampa della statale in direzione Napoli, sono usciti al centro direzionale per poi immettersi nuovamente sulla statale, in modo da percorrere la strada in direzione Ponticelli e liberarsi dell’ordigno nel tratto che troneggia su via Esopo.

Secondo i residenti in zona, l’intento degli autori del raid era quello di colpire un bersaglio umano: nel cortile del bunker del clan De Martino, i giovani affiliati al clan, ma anche i loro coetanei estranei alle dinamiche malavitose, sono soliti radunarsi lì al calar del sole e dopo cena. Motivo per il quale, chi conosce bene le abitudini dei giovani contigui al clan De Martino, non ha dubbi sul fatto che vi fosse l’intenzione di compiere una strage.

Seppure quello lanciato dalla rampa della statale fosse un ordigno di fabbricazione artigianale, la deflagrazione ha causato l’apertura degli airbag dell’auto a bordo della quale viaggiavano gli autori del raid che sono stati così costretti a fuggire a piedi, lasciando l’auto in panne sul luogo dal quale è stata lanciata la bomba. 

Un elemento preziosissimo per gli inquirenti che altro non hanno dovuto fare che risalire all’identità dell’intestatario della vettura che pare sia stata noleggiata da uno dei tre destinatari del provvedimento odierno. Inoltre, all’interno dell’auto rimasta in panne, gli inquirenti avrebbero ritrovato anche un verbale, elevato dalle forze dell’ordine allo stesso intestatario dell’auto, in data lunedì 10 maggio.

Prove schiaccianti che costituiscono gravi indizi di colpevolezza che pochi dubbi lasciano in merito all’esito dell’udienza di convalida dei fermi.

 

 

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