“Sempre a testa alta te la mangi la galera”, “sei nata per la galera non ti fa niente è una villeggiatura per te”, “orgogliosa di voi”: sono solo alcune delle frasi che sul nuovo social network di tendenza Tik Tok accompagnano i video-tributo alle “Pazzignane” di Ponticelli.
Vincenza Maione e Luisa De Stefano, condannate all’ergastolo per l’omicidio del boss dei Barbudos Raffaele Cepparulo e del 19enne Ciro Colonna, vittima innocente della criminalità, ma anche Giovanni De Stefano, detto Giovannone, fratello di Luisa e suo marito Roberto Schisa, anche lui condannato all’ergastolo per la strage del Bar Sayonara, nella quale persero la vita 4 persone estranee alle dinamiche camorristiche.
“Guerriere, leonesse, grandi donne, numeri uno”: vengono definiti così, in quei video dati in pasto al web, i parenti detenuti che stanno scontando le pesanti condanne inflitte, scegliendo di non rinnegare il codice d’onore della camorra, quindi non lasciandosi scalfire dall’idea di pentirsi.
Una scia di immagini, musica e parole che disegnano una trama ben precisa e tutt’altro che casuale, finalizzata a divulgare ben oltre le mura carcerarie un messaggio ben chiaro esplicito, ripetuto più e più volte, destinato ad affiliati e rivali: “le pazzignane”, ovvero la famiglia Schisa-De Stefano, rappresenta un clan costituito da uomini e donne fedeli alla malavita.
Una precisazione doverosa, all’indomani del pentimento del primogenito di Luisa De Stefano, Tommaso Schisa, maturato nel corso dell’estate del 2019.
Un colpo durissimo al clan e all’orgoglio di una famiglia che ha subito le pesanti conseguenze scaturite dal pentimento dei fratelli Sarno, ex padroni incontrastati di Ponticelli, e che presumibilmente ha perfino ispirato e guidato la vendetta contro i parenti di questi ultimi, proprio all’indomani della conferma delle condanne in via definitiva per la strage del Bar Sayonara che hanno condannato al fine pena mai diversi uomini d’onore dell’ex potentissima cosca fondata nel Rione De Gasperi. Quello stesso fatiscente agglomerato di palazzi grigi e decrepiti tra i quali Luisa De Stefano ha rifondato un clan che, forte del supporto dei Minichini-De Luca Bossa e degli Aprea di Barra e dei Rinaldi di San Giovanni a Teduccio, ha marcato da protagonista la scena camorristica di Napoli est.
Quando la notizia del pentimento del giovane rampollo del clan Schisa divenne di dominio pubblico, negli ambienti in odore di camorra di Ponticelli serpeggiava con crescente insistenza un rumors secondo il quale la madre, Luisa De Stefano, si stesse lasciando tentare dall’idea di seguire il figlio per riunire la famiglia. All’indomani del pentimento di Tommaso Schisa, infatti, sua sorella fu costretta a lasciare Ponticelli per entrare nel programma di protezione riservato ai parenti dei collaboratori di giustizia. Con entrambi i figli ricongiunti lontano dal quartiere e dalle ritorsioni di alleati e rivali, appariva piuttosto plausibile che proprio lei, la lady-camorra fondatrice del clan delle “pazzignane”, potesse lasciare che il cuore di mamma prendesse il sopravvento per rinnegare “il sistema” e quindi ricominciare una vita nuova, insieme ai suoi figli.
Delle illazioni che hanno indispettito e non poco la De Stefano che nel corso di un processo, smentì con ferma convinzione con la sua stessa voce quelle “chiacchiere di quartiere”, allontanando l’ombra del pentimento dalla sua fama di donna-boss fedelissima al codice d’onore della camorra.
L’esigenza di portare quel messaggio all’esterno del carcere per scongiurare il peggio, ovvero che il pentimento di Tommaso Schisa potesse indurre altre figure-simbolo dell’alleanza a “buttarsi” – a collaborare con la giustizia – rimarcando il concetto con forza, viene costantemente soddisfatta dai parenti delle “Pazzignane”, molto attivi sui social network.
In particolare, forte è il timore che Anna De Luca Bossa – sorella del boss ergastolano Antonio De Luca Bossa, condannata anche lei all’ergastolo per l’omicidio Colonna-Cepparulo – potesse emulare le gesta del giovane Schisa, poiché in passato ha già manifestato la volontà di collaborare con la giustizia per poi ritrattare, dopo aver comunque reso delle dichiarazioni alla magistratura.
L’emergenza covid ha indubbiamente facilitato il compito ai parenti impegnati a mantenere vive le quotazioni camorristiche del clan e della famiglia De Stefano.
Sospesi i colloqui in carcere per contenere la pandemia, sostituiti dalle videochiamate, per le lady-camorra di Ponticelli è diventato estremamente facile comunicare con il mondo esterno.
Dal videomessaggio “da detenuta a detenuta” che Vincenza Maione indirizza a sua cugina Luisa De Stefano, esortandola a non mollare perché “la galera è di passaggio e prima o poi torneremo a casa”, quasi a voler a sua volta rincuorare la congiunta, invitandola a non lasciarsi scalfire dall’idea di pentirsi, al ben più eloquente messaggio pronunciato dalla stessa Luisa De Stefano che, seppure coperto da un brano musicale, diventa facilmente comprensibile leggendo il labiale.
“Bastardi, i pentiti li fate voi, io no. Io no”, la De Stefano poi invia due baci al suo interlocutore ed aggiungere una frase difficile da decifrare, seppure il senso di quel frame di pochi secondi sia inequivocabilmente chiaro: “la pazzignana” non si pente.
Nell’era dei social network, la malavita si fa anche così.