Decapitato il clan Sibillo e rimosso l’altare votivo erto in memoria del baby-boss Emanuele Sibillo, fondatore dell’omonimo clan, balzato agli onori della cronaca come “la paranza dei bambini” di Forcella.
Due operazioni ugualmente importanti, volte ad infliggere un duro colpo all’organizzazione che dal 2013 faceva registrare la sua presenza nella zona dei Decumani, nel cuore del centro storico di Napoli.
Un clan fondato proprio dal giovane Emanuele Sibillo per assecondare il sogno maturato in carcere: fondare un’organizzazione in grado di scalzare l’egemonia dei Mazzarella a Forcella.
Un sogno per il quale il giovane leader della “paranza dei bambini” ha perso la vita in un agguato, avvenuto il 2 luglio del 2015, in via Oronzio Costa, roccaforte del clan Buonerba. Il giovane Sibillo si era recato nella strada fortino del clan rivale per compiere una “stesa” per rimarcare la sua egemonia sul territorio, ma l’epilogo sortito da quel raid si è rivelato ben diverso da quello auspicato.
Scaricato davanti al pronto soccorso dell’ospedale Loreto Mare per il giovane Sibillo non c’è stato nulla da fare. Il fuoco nemico stronca il suo sogno e la sua vita all’età di 19 anni.
Tra le mura del carcere si era avvicinato al mondo del giornalismo, intervistando perfino dei magistrati, tra i quali anche Catello Maresca, ma una volta tornato in libertà ha iniziato a tessere alleanze volte a disegnare un quadro ben chiaro e finalizzato a conquistare il controllo di Forcella.
Dopo la sua morte, le redini del clan sono passate tra le mani di suo fratello Pasquale e in seguito di quest’ultimo, dopo una latitanza durata pochi mesi, “La paranza dei bambini” ha tutt’altro che cessato di esistere, così come provano le indagini investigative che hanno portato agli arresti odierni.
Emanuele Sibillo è diventato ES17: un simbolo sinonimo di camorra, in grado di ispirare le gesta di altri giovani desiderosi di cavalcare quello stesso sogno ed assetati della medesima brama di potere. Un marchio che nel gergo che impazza sui social e nello slang utilizzato dai giovanissimi, consacra la figura del baby-boss assassinato, ergendolo a modello da seguire, imitare ed emulare.
Non a caso, i giovani contigui al clan XX – sigla identificativa del clan De Martino di Ponticelli – di frequente rievocano sui social la storia e le gesta di “ES17”, alimentando un vero e proprio processo di beatificazione. Un tributo, misto di esaltazione e miticizzazione che rimbalza dal centro storico di Napoli ai quartieri periferici della città.
Emanuele Sibillo è tutt’altro che trapassato e continua a vivere in “ES17”: una sigla che identifica un vero e proprio modello camorristico, una mentalità malavitosa capace di educare ed indottrinare molte altre giovani “Paranze” che sprezzanti della morte auspicano di poter ambire a quella medesima forma di consacrazione.
La cappella votiva era in via Santissimi Filippo e Giacomo, all’interno dell’androne del palazzo in cui vive la famiglia Sibillo, soprannominato “il palazzo della buonanima”, in questi anni è stata oggetto di numerose polemiche, oltre che di plurimi servizi giornalistici. Un altare votivo in piena regola, con l’immagine della Madonne dell’Arco a troneggiare sul sipario allestito in memoria del giovane boss defunto, con una struttura in ferro e vetro a protezione della nicchia, chiusa con tanto di lucchetto.
I carabinieri, contestualmente al blitz coordinato dalla Dda che ha portato all’arresto di 21 presunti appartenenti al gruppo camorristico fondato da Sibillo, hanno anche fatto rimuovere dall’altare i simboli dedicati al baby boss: diverse foto, una scultura raffigurante il volto del defunto leader della paranza dei bambini e anche l’urna funeraria con le ceneri del baby boss Emanuele Sibillo.
Negli anni, quell’altare, era diventato un vero e proprio luogo di culto, presso il quale affiliati e residenti in zona si recavano per omaggiare la memoria del boss assassinato.
Una figura venerata ed osannata come un Santo, al quale tutti dovevano tributare il dovuto rispetto. Dalle indagini che hanno portato all’importante risultato odierno, emergono dettagli macabri ed inquietanti secondo i quali un commerciante vittima di estorsione da parte dei Sibillo, ma legato ai rivali del clan Contini sarebbe stato trascinato davanti alla cappella votiva di ES17 e costretto a inginocchiarsi per riconoscere il potere egemone del clan fondato dallo stesso Sibillo.
Secondo la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, quell’altare non era stato allestito con l’esclusivo intento di commemorare un defunto, ma per perseguire ben altri scopi, in primis, quello di consacrare l’egemonia del clan Sibillo.
Per questa ragione, l’altarino è stato rimosso dai Carabinieri del Comando provinciale di Napoli supportati dai Vigili del Fuoco.