Più di un quinto della popolazione (22,2%) ha avuto difficoltà ad affrontare i propri impegni economici, dal pagare mutuo, bollette, affitto alle spese per i pasti, mentre il 50,5% ritiene che la situazione economica del Paese peggiorerà. Lo attesta il report dell’Istat su comportamenti e opinioni dei cittadini durante la seconda ondata pandemica (dicembre 2020-gennaio 2021).
Le difficoltà del periodo sono attestate dalle parole scelte per descrivere il periodo: solo il 34,1% ha utilizzato parole di accezione positiva, il 44,7% si è espresso negativamente e il 21,2% in termini né negativi né positivi. E questo nonostante la situazione « migliorata nettamente rispetto al lockdown di aprile 2020, quando il 56,9% si era espresso con giudizi negativi e soltanto il 20,6% positivamente». Hanno scelto parole positive più di tre cittadini su quattro (76,2%) per descrivere le relazioni familiari con i conviventi. L’8,4% ha usato termini di accezione negativa, il 14,9% termini non classificabili come positivi o negativi. Risultati in linea con quelli del primo lockdown, «a conferma di una diffusa tenuta delle relazioni familiari».
Più di 3 cittadini su 4 hanno descrivono con termini con positivi il clima familiare durante la seconda ondata epidemica, solo l’8,4% ha scelto termini di accezione negativa. Più di uno su quattro (28,3%) è riuscito a incrementare il tempo dedicato ai propri familiari. Al di là dei termini utilizzati, la resilienza delle relazioni familiari è confermata dai giudizi espressi dai cittadini. Il 93,1% definisce buoni (49,1%) o ottimi (44,0%) i rapporti con i familiari conviventi, per il 6,7% non sono buoni né cattivi mentre solo lo 0,3% li definisce cattivi o pessimi. Nell’86,3% dei casi la convivenza, spesso forzata a causa delle limitazioni negli spostamenti, nella gran parte dei casi non ha prodotto effetti sul clima familiare che è rimasto inalterato. Anzi per un cittadino su 10 è addirittura migliorato, anche se la quota è leggermente più bassa di quella rilevata ad aprile 2020 (15,6%). Invece per un milione di persone la pandemia ha messo a dura prova la convivenza all’interno delle mura domestiche. Peggiorano però le relazioni tra conviventi per il 3,2% della popolazione (2,6% ad aprile 2020).
Oltre metà della popolazione ha ridotto gli incontri con i familiari non conviventi, esattamente il 56,8%, il 36,6% ha incrementato la frequenza dei contatti telefonici mentre per il 28,1% nulla è cambiato. Residuali le quote di quanti hanno incrementato gli incontri (1,9%) e ridotto i contatti telefonici (4,7%).Ad avere ridimensionato i contatti e le relazioni con i parenti sono soprattutto le persone fino ai 44 anni (67,9% tra i 35-44enni: 60,6% tra gli uomini e 75,2% tra le donne) mentre tra gli ultra-settantaquattrenni si rileva la quota più elevata di quanti non hanno visto modifiche nelle loro relazioni parentali (42,1%).
Sul territorio, la frequenza degli incontri si è diradata soprattutto nel Mezzogiorno (62,9% contro circa il 53% nelle altre zone del Paese). I contatti telefonici sono aumentati più al Nord e nel Mezzogiorno, circa il 40,0% contro il 21,5% del Centro, dove invece è più elevata la quota di quanti non hanno modificato le proprie abitudini relazionali con i parenti (40,9% contro circa il 25% nelle altre zone del Paese).
Ed è stato il telefono a tenere vive le relazioni familiari: il 63,2% della popolazione ha sentito i parenti il giorno precedente l’intervista (più le donne con il 67,4% rispetto agli uomini al 58,6%). Una persona su cinque ha usato le videochiamate per tenersi in contatto con loro. Sebbene per la gran parte dei cittadini (64,5%) non sia cambiata la frequenza con cui sentire telefonicamente i parenti, il 25,7% ha incrementato il tempo dedicato a questa attività (34,4% tra le donne di 65-74 anni) e solo per il 6,6% il tempo si è ridotto. A livello territoriale sono i cittadini del Mezzogiorno a dichiarare il maggior incremento del tempo dedicato ai contatti telefonici (33,4% a fronte del 24,4% del Nord e del 15,6% del Centro) mentre i residenti nelle regioni del Centro hanno modificato meno i propri comportamenti (stesso tempo il 73,8%).