Il mancato agguato a Fabio Risi e Salvatore Chiapparelli detto “Toporecchia” lo scorso 26 settembre, poteva essere il primo segnale evidente della rottura degli accordi tra i De Martino e i Casella-De Luca Bossa, oltre che il primo raid eclatante che avrebbe dato ufficialmente il via alla faida per il controllo del territorio nel quartiere napoletano di Ponticelli.
Un evento ritardato solo di pochi giorni: infatti, l’agguato indirizzato Rodolfo Cardone ha ufficialmente dato il via alla faida tra gli XX – sigla identificativa del clan De Martino – e la cosca del lotto O e di via Franciosa.
Probabilmente vivi per miracolo Risi e “Toporecchia”, i due giovani vicini al clan XX che lo scorso settembre finirono nel mirino dei rivali del clan Casella-De Luca Bossa.
Potevano essere loro i primi a pagare le conseguenze dell’atto di ribellione esternato dal clan De Martino – sotto le direttive del killer detenuto Antonio De Martino e della madre Carmela Ricci – scaturito dalla rottura degli accordi relativi alla spartizione dei proventi dei traffici illeciti e delle quote destinate al sostentamento delle famiglie degli affiliati detenuti.
A ricostruire la dinamica dello sventato agguato a Risi e Chiapparelli è il neopentito Rosario Rolletta, ex affiliato al clan De Martino.
Rolletta ha spiegato agli inquirenti che “Toporecchia” è un soggetto cresciuto con Antonio De Martino che sarebbe anche intestatario del circolo ricreativo di quest’ultimo nel Rione Fiat che fu oggetto di un raid nell’ambito della faida esplosa in seguito al declino del clan De Micco tra la fine del 2017 e i primi mesi del 2018.
“Salvatore toporecchia che ha un autolavaggio al Rione Fiat, un po’ più avanti dell’abitazione dei De Martino, fu avvicinato mentre si trovava a bordo della su autovettura Suzuki Swift di colore bianco in compagnia di Fabio Risi, da un motorino modello Sh – a bordo del quale Rolletta indica un affiliato al clan De Luca Bossa che era alla guida del motorino ed un altro soggetto – Salvatore nell’occasione era fermo in auto davanti al negozio Mario Bross ubicato fuori dal Rione lncis che vende elettrodomestici. I due soggetti a bordo del motorino si sono accostati all’autovettura ed il soggetto che stava dietro ha puntato all’indirizzo di Totore una pistola provando ad esplodere dei colpi. La pistola tuttavia si è inceppata.
Sono venuto a conoscenza di questo fatto perchè dopo l’agguato Salvatore toporecchia si è precipitato in compagnia di Fabio Risi presso l’abitazione del fratello minore di Antonio De Martino – ritenuto dagli inquirenti il reggente dell’omonimo clan – ed ha raccontato a quest’ultimo tutto quello che era accaduto. (…) Salvatore toporecchia era pallido in volto e la Suzuki swift si presentava danneggiata, in quanto, secondo quando riferito da Totore costui per scappare agli attentatori aveva fatto un incidente con un’autovettura di una signora, riportando danni sia davanti che ai lati. Nella circostanza, per come riferitomi da Salvatore toporecchia la Suzuki aveva perso anche la targa.
(…) Voglio precisare che l’agguato ad Ali fu la risposta anche a questo fatto, inoltre il clan De Luca Bossa- Casella pedinava alcuni dei nostri affiliati ed anche altre persone vicine a noi.”
Per questo motivo, Fabio Risi e Rodolfo Cardone, il 18 dicembre 2020 furono convocati in caserma per essere ascoltati proprio in riferimento alle due azioni delittuose perpetrate ai loro danni. Inconsapevoli di essere intercettati, i due giovani, vicini al clan XX, si confrontano sulle dinamiche camorristiche che si sono avvicendate in quel periodo e che li hanno visti coinvolti in due episodi eclatanti. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i due giovani assumono una condotta perfettamente in linea con il codice comportamentale e morale imposto dalla malavita, sintetizzabile in un’unica parola: omertà.
L’omertà tipica che caratterizza gli ambienti della criminalità organizzata: il Cardone ed il Risi, entrambi vittime di tentato omicidio da parte del cartello camorristico dei De Luca Bossa- Minichini- Casella, manifestano l’assoluta necessità di sgombrare ogni dubbio su un eventuale atteggiamento collaborativo con le forze dell’ordine.
Il proiettile calibro 7,65 conficcato nella portiera della Fiat di proprietà del padre di Risi, lo scorso 13 aprile potrebbe essere “il sequel” di quella faida tuttora in corso: gli inquirenti ipotizzano che quel proiettile fosse destinato ad un pregiudicato vicino al clan XX e la pista attualmente battuta è quella della vendetta trasversale.