Gli elicotteri che perlustravano i quartieri della periferia orientale di Napoli, la notte scorsa, hanno preannunciato ai cittadini che di lì a poco un blitz avrebbe inflitto una stangata ad uno dei clan radicati sul territorio.
Un presagio che ha trovato riscontro nella realtà all’alba di oggi, martedì 20 aprile e che ha visto finire in manette, per estorsione aggravata dal metodo mafioso, sei persone riconducibili ad una costola del clan Mazzarella, storica organizzazione camorristica radicata a san Giovanni a Teduccio.
Tuttavia, quegli elicotteri, hanno concorso a generare un clima teso e concitato anche in altri rioni-bunker dei clan della zona est di Napoli.
Tensione alle stelle in via Franciosa a Ponticelli, quartier generale del clan Casella, dove di giorno in giorno cresce la consapevolezza che il blitz destinato a tradurre in carcere le figure-simbolo dell’organizzazione sia sempre più imminente. Per questo motivo, la scorsa notte, i diretti interessati, ma anche i residenti in zona, stanchi di vivere nella morsa della camorra, hanno fortemente creduto che quella fosse “la notte tanto attesa”.
Una notte troppo simile a quella che a settembre del 2018 fece scattare le manette per 14 persone ritenute contigue alla cosca fondata da Salvatore Casella detto “Pachialone” ed ereditata dai figli Eduardo, Vincenzo e Giuseppe, oltre che dal figliastro Giuseppe Righetto.
Scarcerati dopo un anno per un vizio di forma, i Casella hanno consacrato la loro egemonia stringendo un patto di ferro con i De Luca Bossa che li ha portati per più di un anno a godere indisturbati dei benefici derivanti dallo status di leader acquisito, per poi vedersi costretti a combattere una guerra indesiderata, scaturita dalla rottura degli accordi che fino a settembre del 2020 avevano sedato animi e velleità degli “XX”, sigla identificativa del clan De Martino.
Una faida costata cara ai Casella, costretti ad esporsi per replicare al fuoco nemico e sedarne i livori ed ancor più a sovraesporsi ai riflettori mediatici, attirando l’attenzione delle forze dell’ordine, assumendo una condotta in netta antitesi rispetto a quella che in passato li ha visti sempre operare in sordina, riuscendo così ad agire indisturbati, pur beneficiando dei proventi derivanti dagli affari illeciti, in primis, spaccio di stupefacenti ed estorsioni.
I Casella temono il carcere, al pari delle pistole dei clan rivali. Da mesi vivono rintanati in casa, uscendo solo quando è strettamente necessario. Il sentore che una leggerezza potrebbe rivelarsi letale ha trovato effettivo riscontro nella realtà quando il cognato, Luigi Aulisio detto Alì, rimase vittima di un agguato, lo scorso 29 ottobre. Sopravvissuto per miracolo, solo perchè la pistola dei cecchini del clan De Martino s’inceppò, Alì fu raggiunto da un proiettile alla schiena in prima serata, in una Ponticelli pressochè deserta, perchè era in corso l’incontro calcistico di Europa League tra Real Sociedad e Napoli. Quell’agguato fu la replica del clan “XX” al ferimento dell’amico Rodolfo Cardone, maturato poco più di un mese prima.
Non si è fatta attendere la risposta del clan di via Franciosa: il 2 novembre fu Rosario Rolletta ad andare incontro ad una sorte analoga a quella di Aulisio.
Il ferimento di Rolletta, contiguo al clan XX, fu l’ultimo sussulto di una faida che iniziava a rappresentare una concreta minaccia per la quiete pubblica. Ad imporre ai clan in lotta per il controllo del territorio di deporre le armi è un evento imprevisto: il pentimento di Rosario Rolletta. Quando l’ex fedelissmo del clan De Micco comprese che la sua testa fosse il prezzo da pagare per ripristinare la pace tra i Casella e i De Martino, poichè questi ultimi lo avevano indicato come l’esecutore materiale dell’agguato indirizzato ad Alì, Rolletta decide di passare dalla parte dello Stato per salvarsi la vita.
Ad irrompere sulla scena camorristica di Ponticelli, condizionando le logiche criminali fino ad imporre il “cessate il fuoco” è la consapevolezza che le dichiarazioni rese dal neopentito, intrecciate a quelle degli altri ex interpreti della malavita locale che di recente hanno scelto di collaborare con la giustizia – uno su tutti Tommaso Schisa – siano destinate a tradursi in un blitz, di lì a poco.
I colpi di pistola cedono così il posto ad un silenzio surreale e che, per certi versi, incute anche più timore, perchè lascia presagire che quell’equilibrio, tanto labile quanto forzato, sia destinato a mutare.
A distanza di 4 mesi, infatti, la camorra torna a marcare il territorio mettendo la firma su un’azione eclatante: Giuseppe Righetto, fratellastro dei Casella e figura apicale della malavita ponticellese, viene raggiunto da un proiettile ad una mano in circostanze misteriose. La ricostruzione dei fatti fornita dal figlio illegittimo di Pachialone, infatti, non convince gli inquirenti. O’ blob – questo il soprannome di Righetto – riferisce di essersi procurato quella ferita mentre tentava di disarmare due giovani intenzionati a rapinarlo.
Appena due giorni dopo, due reclute del clan XX finiscono nel mirino dei killer: ferito il 23enne Vincenzo Di Costanzo, ad avere la peggio, invece, è Giulio Fiorentino, la prima ed unica morte maturata nell’ambito dell’ultima faida di camorra esplosa a Ponticelli.
La tanto temuta replica dello Stato non si fa attendere e consegna ai clan in guerra la conferma della fondatezza dei loro timori: il 21 marzo scorso, infatti, finiscono in manette Giuseppe Righetto detto ‘o blob e Nicola Aulisio, figlio di Luigi. I due sono accusati di essere gli esecutori materiali degli agguati che hanno portato al ferimento di Rodolfo Cardone e Rosario Rolletta. Una domenica sorta nel segno di una cattivissima stella e che ha inflitto un durissimo colpo al clan di via Franciosa, non solo perchè privato del suo elemento cardine – Giuseppe Rigetto – ma soprattutto perchè diventa più forte e palpabile la sensazione che sul clan Casella stiano già scorrendo i titolo di coda.
Attualmente, in via Franciosa, si respira un clima assai simile a quello insediatosi alla fine dell’estate scorsa, tra i grigi palazzoni del Lotto O di Ponticelli, allorquando i De Luca Bossa trascorrevano le loro giornate “battendo cassa” e praticando estorsioni a tappeto, perchè sicuri del fatto che di lì a poco per le figure di spicco del clan si sarebbero aperte le porte del carcere. Un’atmosfera surreale che vede il teso nervosismo e la viva paura che animano le giornate dei camorristi e dei loro simpatizzanti, miscelarsi alla trepidante attesa dei residenti in zona, stanchi di subire i soprusi e gli abusi della camorra e pertanto impazienti di vedere i lampeggianti delle sirene illuminare i vetri delle loro abitazioni, realizzando quel legittimo sogno di liberazione.
Tanti elementi lasciano presagire che, a breve, quegli elicotteri torneranno a sorvolare su Ponticelli, proprio com’è accaduto la scorsa notte.