In data odierna, lunedì 19 aprile, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata hanno eseguito un’ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere emessa dall’ufficio G.I.P. del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia- nei confronti di 26 soggetti, gravemente indiziati, a vario titolo, di aver fatto parte di due distinte organizzazioni criminali.
Un blitz scaturito al culmine di un’ampia ed articolata attività d’indagine, strutturata anche sul profilo patrimoniale, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e sviluppata dal Nucleo Investigativo Carabinieri di Torre Annunziata nell’arco temporale compreso tra la fine del 2016 e febbraio 2020, che ha riguardato due clan operanti nel comune vesuviano di Poggiomarino, in lotta tra loro per il controllo del territorio, ma capaci di ricercare e trovare un sostanziale equilibrio nell’approvvigionamento comune di sostanze stupefacenti su larga scala.
Al clan storicamente già riconosciuto su quel territorio, riconducibile a Antonio Giugliano detto ‘o’savariello’, luogotenente del clan Fabbrocino detenuto presso il Carcere di Nuoro, si è affiancata e contrapposta una nuova entità criminale sorta a seguito della scarcerazione del pregiudicato Rosario Giugliano detto o’minorenne, solo omonimo di Antonio.
Storico sicario del clan Galasso, o’ minorenne rientrava sul territorio di Poggiomarino a partire dal 2016 fruendo dapprima di alcuni permessi premio e poi ottenendo la liberazione al termine di una lunga pena detentiva.
L’obiettivo di Rosario Galasso era quello di affermare l’autonomia di un clan autoctono, proprio nella consapevolezza che il clan dominante su Poggiomarino era capeggiato da Antonio Giugliano proveniente da Palma Campania ed imposto sul territorio dal ras Mario Fabbrocino.
Desideroso di appoggi criminali, o’ minorenne ha stretto una serie di alleanze: i Batti di San Giuseppe Vesuviano e con gruppi criminali dell’agro nocerino sarnese, in particolare con i Ferraiuolo di Pagani mentre, in virtù dell’ascendenza con il potente clan Moccia di Afragola, ha rivendicato maggiori spazi operativi arrivando più volte allo scontro con il clan di Antonio Giugliano, retto dal figlio Giuseppe Giuliano.
In quest’ottica si colloca l’agguato organizzato da sodali del clan di ‘o minorenne indirizzato alla Caffetteria Giugliano, avvenuto l’11 marzo del 2017 in pieno centro a Poggiomarino, mediante spari esplosi ad altezza d’uomo. Il commando ha agito nella convinzione che Giuseppe Giuliano fosse all’interno del bar con l’intento di ridimensionare la sua figura criminale.
Il clan costituito da ‘o minorenne, che per lungo tempo ne ha coordinato le attività dal carcere attraverso la compagna Teresa Caputo, portaordini del ras verso i promotori liberi, era composto da Rosario Giugliano, nel ruolo di vertice e promotore, unitamente ai suoi più diretti fiduciari Alfonso Manzella, Cristian Sorrentino, promotori ed organizzatori dell’associazione, e sovrintendenti alle attività illecite nel campo delle estorsioni e del commercio di stupefacente. In posizione subalterna, Iervolino Antonio e Salvatore, curavano il raccordo tra i vertici del gruppo e le altre componenti del clan dedite al controllo del territorio ed al commercio dello stupefacente, tra cui Giovanni Orefice, Giuseppe Nappo e Domenico Gianluca Marano, costituenti, tra l’altro, il braccio armato del clan, deputato a commettere azioni di fuoco ed atti intimidatori.
Con particolare riferimento all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, è emersa una fitta rete di spaccio di cocaina e marijuana, approvvigionata rispettivamente da esponenti del clan Formicola di San Giovanni a Teduccio, quindi da Giovanni Urio e suo figlio Pasquale e dalla famiglia Batti. Le cessioni di narcotico avvenivano mediante una fitta rete di pusher anche nella Piana del Sele e nel Cilento ed attraverso persone insospettabili, come la guardia giurata Giuseppe Mingo, il titolare di pizzeria Giuseppe Del Regno e Antonietta Cioffoletti, addetta presso un’impresa di pulizie.
L’indagine ha consentito di riscontrare il traffico di stupefacenti attraverso il sequestro di ingenti quantitativi di marijuana e di hashish, con la partecipazione anche di alcune donne e minorenni in qualità di custodi dello stupefacente da smerciare.
Nella parte conclusiva dell’attività d’indagine era peraltro emerso che Rosario Giugliano, sottoposto alla sorveglianza speciale, aveva spostato l’asse dei traffici illeciti a Pagani, avvalendosi della complicità del figliastro Alfonso Manzella, cantante neo melodico, che attraverso le proprie canzoni reclutava sodali e lanciava invettive verso Forze dell’Ordine e Magistratura.
Il clan di Giuseppe Giuliano è risultato operativo soprattutto nel campo dell’approvvigionamento di sostanze stupefacenti ed è risultato in contatto con la n’drina calabrese dei Pesce-Bellocco della Piana di Gioia Tauro, dalla quale si riforniva di marijuana attraverso Giosafatte Giuseppe Elia. Il narcotico veniva poi trasportato e custodito da incensurati insospettabili, quali Francesco De Michele e Adriano De Filippo, che utilizzavano anche furgoni di copertura per la distribuzione del caffè quali vettori per movimentare lo stupefacente.
Altro settore nel quale è risultato ben inserito il clan Giugliano è il riciclaggio di denaro sporco all’interno di numerose aziende ubicate anche al dì fuori dei confini regionali.
Le indagini patrimoniali, estese ai nuclei familiari degli indagati Rosario Giugliano, Domenico Viesti, Teresa Caputo, Francesco Vorraro, Giovanni Orefice, Antonio Iervolino, Salvatore Tommaso Iervolino, Alfonso Manzella, Giuseppe Mingo, Francesco De Michele, Mario Nappo, Giuseppe Giuliano Giugliano, Adriano De Filippo, Cristian Sorrentino e Elia Pisciotta hanno consentito di evidenziare l’effettiva sussistenza di disponibilità economiche e flussi monetari con reinvestimenti, anche immobiliari, ritenuti sproporzionati ai redditi dichiarati, documentando le sperequazioni risultanti al momento di ogni singolo acquisto e quella maturata negli anni.
Sulla base delle risultanze investigative, è stato pertanto emesso un decreto di sequestro preventivo relativamente a beni mobili (7 autoveicoli e 3 motocicli), immobili (14 appartamenti e 8 terreni), rapporti finanziari (88 rapporti finanziari e 8 polizze assicurative), imprese (1 ramo d’azienda, 5 quote di capitale sociale nonché i beni aziendali e strumentali di 13 società), per un valore complessivo stimato in circa 50.000.000,00 euro.