La ripresa della faida di camorra a Ponticelli sarebbe stata preannunciata dal fragoroso spettacolo pirotecnico andato in scena a via Franciosa, durante la prima serata di sabato 10 aprile.
Una pioggia incessante di fuochi d’artificio che ha nuovamente acceso i riflettori sul bunker del clan Casella e che si è protratta per oltre 15 minuti: un chiassoso e plateale spettacolo pirotecnico probabilmente voluto proprio per rilanciare le quotazioni della cosca fondata dal defunto “Pachialone”, al secolo Salvatore Casella, ed ereditata dai figli Eduardo, Vincenzo e Giuseppe.
La camorra parla soprattutto attraverso messaggi in codice, tanto plateali quanto difficili da decifrare, talvolta.
Tuttavia, il colpo di pistola esploso contro l’auto del padre di Fabio Risi, gregario del clan “XX”, concorre a conferire un senso ben più nitido anche a quei fuochi d’artificio che alcuni membri della famiglia Casella hanno provato a giustificare asserendo tutt’altre motivazioni, pur non stabilendo una linea comune da seguire e cadendo, quindi, in palese contraddizione: qualcuno li riconduce al festeggiamento di una nascita, altri ancora li accostano ad una proposta di matrimonio, i più devoti, invece, li giustificano come un omaggio alla Madonna dell’Arco.
L’unico dato certo è che quei fuochi d’artificio profilano una condotta in netta antitesi con la condotta morigerata adottata dai fratelli Casella, all’indomani dei recenti fatti di sangue che li hanno portati letteralmente a barricarsi in casa, pur di non finire nel mirino dei rivali del clan XX, limitandosi ad allontanarsi dalle proprie abitazioni solo se e quando strettamente necessario. Proprio come sarebbe avvenuto negli ultimi tempi, in particolare in seguito all’arresto del fratellastro Giuseppe Righetto: i fratelli Casella, rigorosamente a notte fonda, si sarebbero allontanati da via Franciosa per farvi ritorno poco prima dell’alba. Una sparizione misteriosa, probabilmente giustificata dalla necessità di incontrare qualcuno e quindi di partecipare ad ipotetiche riunioni che possono aver sortito l’effetto sperato, consegnando ai Casella un buon motivo per festeggiare.
In quest’ottica, il ritorno alle armi, sarebbe maturato dopo aver rinsaldato i rapporti con i relitti del clan De Luca Bossa, probabilmente ridisegnando anche le gerarchie interne dell’organizzazione, in seguito all’arresto di Righetto, stimato essere la figura apicale dell’alleanza che nel frattempo potrebbe anche aver aperto le porte ad altri clan, pronti a supportare i Casella nella guerra contro gli XX.
Non appena le acque si sono calmate e le forze dell’ordine hanno allentato la morsa intorno al quartiere che nei giorni successivi all’esplosione della bomba in via Crisconio è stato letteralmente presidiato dalle forze dell’ordine, i Casella hanno imparato a domare lo spettro di un imminente arresto, sedando la paura che li ha sopraffatti quando Righetto è finito in manette insieme al nipote Nicola Aulisio. In seguito alla cattura di due pedine cruciali dello scacchiere del clan di via Franciosa, forte era il sentore che di lì a poco anche le altre figure apicali del clan sarebbero andate incontro al medesimo destino. Una consapevolezza che è andata scemando con il trascorrere dei giorni e che ha indotto i Casella a non abbandonare quello stile di vita prudente, consapevoli del fatto che la vendetta dei rivali si cela sempre dietro l’angolo, pur non rinunciando ai loro piani.
Il clima di nervosismo che si respira tra le reclute della cosca di via Franciosa, trapela nitidamente quando le gesta del clan conquistano la ribalta mediatica. I Casella e i loro familiari non fanno niente per nascondere il loro nervosismo, soprattutto perchè non godono più della discreta copertura che per svariati anni, in passato, gli ha consentito di agire indisturbati.
I media non gli dedicavano neanche un trafiletto, perchè non vi era traccia nè notizia dell’attività e dell’operatività della cosca nel quartiere. Poi qualcosa è cambiato: la sera del 9 gennaio del 2017, in via Franciosa, si è consumato un omicidio. Un agguato passato inosservato agli occhi dell’opinione pubblica e mediatica e che, di fatto, ha sancito l’inizio della fine per i Casella. Un raid che doveva fungere da “avvertimento” per il giovane Gianluca Cardicelli che invece muore per la gravità delle ferite riportate.
Un delitto ancora avvolto nel mistero e sul quale potrebbe concorrere a far luce il processo d’appello che partirà a breve e che vede imputati proprio i fratelli Casella e le altre figure apicali dell’omonimo clan.