Con tutta l’Italia in zona arancione e con sole quattro regioni ancora in fascia rossa, impazza il toto-riaperture.
In red zone solo Campania, Puglia, Valle d’Aosta e Sardegna, mentre si allentano le restrizioni per oltre 48 milioni di italiani, mentre in settimana il governo potrebbe decidere di riaprire in anticipo, quindi prima della fine del mese, diverse attività, se verranno consegnati feedback positivi in tal senso dai dati relativi all’indice di contagio.
Con il ritorno a scuola anche in zona rossa fino alla prima media, si calcola che in classe ci saranno circa sei milioni e mezzo di studenti, cioè il 77% degli 8 milioni e mezzo tra scuole statali e paritarie. Poco meno di 5 milioni e mezzo quelli di scuola dell’infanzia, primaria e media, mentre ai nidi vanno circa 350mila bambini. In presenza torneranno quasi un milione in più di ragazzi rispetto alla settimana scorsa. In tutta Italia saranno circa due milioni i ragazzi che studieranno da casa. Per le superiori, prevista la consueta alternanza del 50% e fino al 75% nelle Regioni in cui è consentito.
Ad analizzare la nuova mappa dell’Italia è uno studio di Coldiretti secondo cui, pur con le riaperture da zona arancione, “con l’Italia senza giallo restano chiusi per il servizio al tavolo o al bancone i 360mila bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi presenti lungo l’intera penisola, con un crack da 7 miliardi per il mese di aprile che rischia di portare alla chiusura definitiva molti servizi di ristorazione e le filiere collegate”.
Con le chiusure di aprile, continua l’analisi di Coldiretti, “salgono a 1,1 milioni di tonnellate i cibi e i vini invenduti dall’inizio della pandemia per il crollo delle attività di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi che travolge a valanga interi settori dell’agroalimentare made in Italy”.
Come stabilito nel decreto in corso, in Italia non ci potranno essere zone gialle fino a maggio. Per quelle zone del Paese dove ci sono dati da zona gialla, però, potrebbe essere consentita l’apertura dei ristoranti che sono in grado di erogare il servizio con i tavoli all’aperto. Anche teatri, cinema e arene potrebbero assistere a un ammorbidimento delle misure restrittive. Franceschini starebbe avviando un’interlocuzione con i membri del Cts per elaborare un nuovo protocollo in grado di far riprendere le attività del settore dello spettacolo il prima possibile. Tra le misure che saranno valutate dai tecnici, quella del tampone fatto dai partecipanti non più di 48 ore prima dell’evento, l’obbligo di indossare mascherine di tipo ffp2 e distanziamento di un metro. Queste regole servirebbero ad ampliare la platea prevista a febbraio, con 200 persone presenti nei luoghi chiusi e 400 negli spazi aperti. Per i musei, invece, si starebbe pensando di far ricorso a percorsi obbligatori e visite a tempo.
Per quanto riguarda i bar, l’ipotesi al vaglio è, come per i ristoranti, quella di favorire i locali che hanno a disposizione spazi all’aperto – sospendendo magari la tassa per l’occupazione del suolo pubblico – e consentire le somministrazioni fino al primo pomeriggio, scongiurando così gli assembramenti nell’ora dell’aperitivo. Le riaperture, tuttavia, non potrebbero essere anticipate ad aprile se non ci fosse un’accelerazione nella campagna vaccinale.
Più complicata la questione stadi. Si sta ragionando per una riapertura al pubblico per il 25% della capienza. Il problema di difficile soluzione, tuttavia, non è tanto il distanziamento da garantire sugli spalti, ma evitare che all’ingresso e all’uscita dalle strutture si creino assembramenti. Il ritorno del pubblico al quale si lavora riguarderebbe principalmente il calcio e il tennis. Contemporaneamente, sono i gestori di palestre e piscine a chiedere di ripartire. Il Cts avrebbe aggiornato i protocolli, resta da stabilire se saranno consentite soltanto le lezioni individuali oppure corsi per piccoli gruppi, garantendo comunque il distanziamento e limitazioni per l’utilizzo degli spogliatoi.