Durante la mattinata di giovedì 1° aprile, Cercola ha detto addio ad un murales che da decenni adornava la fiancata di un muro tra viale Giotto e viale Picasso, a due passi da un campo di calcio. Motivo per il quale, il ritratto di quel volto, affiancato dal soprannome di quel giovane “o mericano” nel corso degli anni ha attirato la curiosità e l’attenzione di tanti ragazzini.
Da diverse settimane, ormai, il comune di Napoli sta provvedendo a rimuovere altarini, murales e altri manufatti abusivi riconducibili alla criminalità organizzata, grazie al coordinamento del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica guidato dal Prefetto di Napoli con il coinvolgimento dei vertici territoriali delle Forze dell’ordine, della Procura della Repubblica e della Procura Generale.
Luigi Bevar detto ‘o mericano, ritenuto contiguo all’ala scissionista del clan Sarno, viene ucciso il 27 gennaio del 2003. Un delitto che matura in un momento storico ben preciso: il clan Sarno inizia a vacillare e plurime organizzazioni cercano di farsi spazio per colmare il vuoto di potere che di lì a poco è destinato ad irrompere sulla scena camorristica di Ponticelli.
Il dettaglio più eclatante legato all’omicidio di ‘o mericano è che ad incastrarlo, consegnandolo ai sicari che lo uccideranno, è la preziosa collaborazione di una donna: Antonietta Romano, sorella di uno dei sicari di Bevar, Raffaele Romano. Quest’ ultimo è tuttora ritenuto uno dei fedelissimi del clan De Luca Bossa, all’epoca capeggiato da Tonino ‘o sicco e in guerra con gli scissionisti dei Sarno, clan al quale era legato lo stesso Bevar. Sono gli anni in cui, in seguito ad un passato trascorso da fedele “macellaio” della cosca nata nel Rione De Gasperi di Ponticelli, Antonio De Luca Bossa decide di fondare un sodalizio camorristico autonomo ed indipendente, sfidando l’egemonia dei Sarno, forte del supporto dell’alleanza di Secondigliano, acerrimi nemici di questi ultimi e fortemente intenzionati a conquistare Ponticelli.
Quando la cosca del Lotto O decise che ‘o mericano doveva essere ucciso per consegnare all’ala sciossionista dei Sarno un monito ben preciso finalizzato ad indurli a riconoscere l’egemonia del clan De Luca Bossa, Antonietta Romano fa da filatore, si apposta sotto casa di Bevar e ne studia tutti i movimenti.
Quel giorno, quando ‘o mericano arriva a casa, la donna inserisce la scheda in un a cabina telefonica che si trova proprio accanto all’abitazione di Bevar e chiama il fratello, ma risponde un’ altra persona.
«Mi passi mio fratello?», chiede Antonietta.
«Di’ pure a me – risponde l’ uomo dall’ altra parte – Hai visto il mio parente?».
«Sì, è nel circolo sotto casa», replica lei.
«Dietro la pescheria?», le chiede l’uomo.
«Sì, fate presto, altrimenti va via».
Pochi istanti dopo, Bevar viene giustiziato da un commando di tre sicari.
La collaborazione della donna, determinante per il buon esito dell’agguato, non passa inosservata e viene subito riferita ai gregari del clan al quale Bevar apparteneva. Gli inquirenti intercettano anche le conversazioni in cui gli scissionisti dei Sarno commentano l’omicidio di ‘o mericano e bramano vendetta, pianificando di sciogliere la donna nell’acido, punizione che la cosca di Ponticelli destinava ai traditori, agli infedeli, in particolare alle donne, punendone l’infame gesto cancellando ogni traccia del corpo dell'”infame”.
A sottrarre Antonietta Romano a quella condanna a morte fu l’ordinanza di custodia cautelare che di lì a poco la portò a finire in carcere, accusata di concorso in omicidio.