Quella messa in piedi da Salvatore Romano detto “il nippolo”, non era una semplice piazza di droga, ma il core business dell’economia ponticellese.
Un intero isolato adibito a supermarket della droga che negli anni ha consolidato una crescente fama tra i consumatori di stupefacenti, richiamando clienti anche dal centro cittadino e dai paesi del vesuviano, consentendo così a Romano di incassare diverse migliaia di euro al giorno. Una piazza di spaccio che ha registrato numeri significativi e che non ha patito momenti di magra nemmeno durante il lockdown e nel corso delle varie e concitate fasi che hanno segnato l’emergenza coronavirus.
Arrestato lo scorso 17 marzo insieme alle altre figure-simbolo della sua organizzazione, Romano disponeva di decine di giovani pusher e tuttofare che nel corso degli anni si sono avvicendati, seppure non di rado fossero finiti in manette. Una volta tornati in libertà, hanno puntualmente ripreso il loro posto, salvo qualche sporadica eccezione. La galera viene quindi percepita come un infortunio temporaneo che arreca al “padrone” lo scomodo onere di rimpiazzare il posto vacante, introducendo una nuova recluta all’interno dell’organizzazione, mentre “il dipendente” finito in manette si destreggia tra le peripezie della vita carceraria, sicuro del fatto che “il padrone” affiderà ad un valido avvocato il compito di tirarlo fuori il prima possibile, accollandosi anche il compito di non far mancare nulla alla famiglia, provvedendone al sostentamento.
Tra i nomi delle persone tratte in arresto lo scorso 17 marzo, spicca il nome di Ciro Esposito, l’unico indagato a piede libero. Il 24enne, uno dei tanti “garzoni del supermarket della droga” al soldo di Salvatore Romano, era una delle reclute più fidate del “nippolo”, per un motivo ben preciso.
Soprannominato ‘o femminiello, Esposito sarebbe il figlio di una “competitor”, una donna che opera nella piazza di spaccio che imperversa nel vicino isolato 3, già madre di 5 figli. Ciro sarebbe il suo primogenito e lo avrebbe affidato alla madre del “Nippolo” quando era ancora in fasce perché, avendolo messo al mondo in giovane età, non era in grado di occuparsene, sotto nessun aspetto. Una responsabilità ereditata da Romano, alla quale ha ben presto adempito trovando anche a “’o femminiello” una collocazione all’interno del “gruppo di lavoro” dedito all’attività di spaccio.
Nelle “terre di nessuno” dove la camorra troppo spesso e troppo facilmente primeggia sullo Stato, tutto è possibile. Anche che una madre si disfi di un figlio, senza pratiche di adozione, senza seguire un iter burocratico, senza doversi preoccupare delle conseguenze legali e penali del suo gesto.
Bambini sfornati a profusione, non tenendo conto dello stato d’indigenza che impedisce di garantire loro una vita quantomeno dignitosa e che molto spesso li obbliga a crescere in contesti degradati, in balia della criminalità fin dai primi vagiti.
I ragazzi come Ciro crescono senza conoscere “l’altra faccia della medaglia”. Lo Stato, in quel contesto, viene percepito con avversione e repulsione. I blitz e le perquisizioni delle “guardie” altro non sono che una fastidiosa pratica che rallenta il lavoro, incidendo negativamente sui guadagni. Una seccatura, un intralcio: è così che, agli occhi di quei giovani, appaiono le forze dell’ordine.
Per quei ragazzi, la scuola non è un obbligo: se restano a poltrire nel letto, i genitori non si scomodano a spronarli ad alzarsi e il cortocircuito si estende anche a chi dovrebbe vigilare per imporgli di frequentare le lezioni scolastiche. Ponticelli è un quartiere pregno di contesti in cui si registrano situazioni analoghe e le storie come quella di Ciro sono all’ordine del giorno. Non è difficile capire come e perchè Ponticelli sia il quartiere italiano in cui si registra il più alto tasso di dispersione scolastica, oltre che il più elevato numero di giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non hanno un lavoro.
Per i ragazzi come Ciro, iniziare a spacciare in tenera età rappresenta il modo più rapido per rompere gli indugi e fruttare un introito alla famiglia, dando man forte al business.
Per i ragazzi come Ciro, quelli come “il nippolo” rappresentano un modello da seguire ed emulare, in quanto ai loro occhi, Romano appare “un imprenditore di successo”, capace di guadagnare migliaia di euro al giorno, garantendo un’entrata sicura a tanti giovani, senza alternative e con l’unica ambizione di non deludere le aspettative di quel “padrone”. Un esercito di soldati, assuefatti dal richiamo dei guadagni facili e che con vanto ed orgoglio si destreggiavano tra i relitti dell’isolato 2, perchè orgogliosi di ricoprire un ruolo più all’interno dell’ingranaggio perfetto messo in piedi da Romano.
O’ femminiello si è visto negare, fin dai primi vagiti, la possibilità di scegliere chi essere e cosa fare da grande, perchè imbrigliato in un senso del dovere che lo ha portato ad essere riconoscente a quel “padre, padrone” che lo ha sollevato dallo scomodo destino di figlio di una ragazza-madre, incapace di garantirgli una vita normale. Il “nippolo” lo ha reclutato tra i garzoni a supporto della sua causa, fin da quando era poco più di un ragazzino, forgiandolo a immagine e somiglianza delle esigenze utili a ringalluzzire il suo prolifero business.
Un destino segnato, quello di Ciro Esposito detto ‘o femminiello, al quale non potrà mai sfuggire.
Il blitz dello scorso 17 marzo ha inflitto un durissimo colpo al business messo in piedi con tanta lungimirante arguzia da Romano, ma non lo ha estirpato: sono ancora tanti, infatti, i fedelissimi di Romano sfuggiti all’arresto che possono continuare a garantire continuità all’attività di spaccio.
A tal proposito, risulta piuttosto indicativo il fatto che Romano sia sfuggito all’arresto rendendosi irreperibile per qualche ora, per poi consegnarsi spontaneamente dopo qualche ora.
I poliziotti del commissariato di Ponticelli erano giunti all’alba nel quartier generale del “nippolo”, ma quest’ultimo era riuscito a sottrarsi alle manette, lasciando la sua abitazione poco prima. Romano si è poi recato al commissariato di Polizia di Ponticelli intorno alle 12, quindi poche ore dopo, e da lì è stato poi tradotto in carcere. Tutt’altro che improbabile che Romano abbia usufruito di quelle ore trascorse da latitante per riorganizzare l’attività di spaccio della sua piazza, impartendo le direttive utili alle sue reclute più fidate.