Un omicidio che ha destato scalpore e che continua ad alimentare le chiacchiere di quartiere, quello andato in scena a Ponticelli, poco dopo la mezzanotte di domenica 14 marzo. I sicari sono entrati in azione in sella ad uno scooter in via Esopo, dove il 29enne Giulio Fiorentino e il 23enne Vincenzo di Costanzo erano seduti su una panchina. A segnalare l’accaduto alle forze dell’ordine, una telefonata anonima al 113 che ha consentito ad una volante della Polizia di Stato di recarsi sul posto. Gli agenti hanno quindi trovato i due giovani, riversi in una pozza di sangue ed hanno allertato i soccorsi. Fiorentino è morto poco dopo l’arrivo all’ospedale Villa Betania per la gravità delle ferite riportate, mentre Vincenzo di Costanzo, che ha riportato ferite alle gambe e all’inguine, è stato immediatamente sottoposto ad un intervento chirurgico, non appena è arrivato al pronto soccorso dell’Ospedale del Mare. Il 23enne, in queste ore, è stato operato di nuovo. Seppure non sia in pericolo di vita, le sue condizioni restano gravi.
Un morto e un ferito, entrambi contigui al clan XX, il cartello nel quale convergono i reduci del clan De Micco, rifondato dall’ultimo superstite a piede libero della famiglia De Martino.
Un duplice agguato che si presta ad almeno due ipotesi investigative e che sicuramente si colloca nell’ambito della faida per il controllo del territorio, entrata nel vivo in seguito al declino del clan De Luca Bossa. Fibrillazioni e raid armati, infatti, si sono intensificati già quando diversi segnali lasciavano presagire che la fine dell’era del clan del Lotto O fosse ormai alle porte, imponendo alle nuove compagini camorristiche di mostrare i muscoli per colmare il vuoto di potere che, di lì a poco, si sarebbe generato.
Una faida che ha visto principalmente coinvolti due clan: i Casella – che hanno potuto beneficiare del supporto dei “superstiti” del clan De Luca Bossa che sono riusciti a sventare l’arresto in occasione del blitz che ha tradotto in carcere le figure di spicco della cosca, per effetto di un’alleanza stipulata con Giuseppe De Luca Bossa e Mimmo Amitrano, poco prima che finissero in manette – e gli XX.
Seppure nel quartiere si registri la presenza di un terzo focolaio camorristico, radicato nel rione Conocal, costituito da giovani imparentati in maniera diretta e indiretta con i fratelli D’Amico e che durante il lockdown dello scorso anno si sono resi autori di diverse “stese” e raid intimidatori nella zona di competenza degli “XX”, ma anche rivolti al ras Gennaro Aprea che per conto dei De Luca Bossa curava gli interessi del clan proprio nell’ex bunker dei “fraulella”.
Dopo i tre agguati a distanza ravvicinata, messi a segno lo scorso autunno e che portarono prima al ferimento di un giovane ritenuto contiguo al clan “XX”, Rodolfo Cardone, poi a quello del cognato dei Casella, Luigi Aulisio e infine al ferimento di Rosario Rolletta, era calato il silenzio a Ponticelli, soprattutto dopo che si era diffusa la notizia del pentimento di quest’ultimo.
Un clima di calma apparente, bruscamente stroncato dopo 4 mesi, dal ferimento misterioso di Giuseppe Righetto detto ‘o blob, 35enne fratellastro dei Casella, stimato essere la figura-cardine della malavita ponticellese in questo momento storico. Poco dopo la mezzanotte di venerdì 12 marzo, ‘o blob si è recato al Pronto soccorso dell’ospedale Villa Betania di Ponticelli con una ferita da arma da fuoco alla mano destra che i medici che lo hanno soccorso hanno stimato guaribile in 30 giorni.
Righetto ha spiegato agli agenti della Polizia di Stato, – come da prassi giunti al nosocomio per raccoglierne la deposizione – di essere stato ferito da due ragazzini che sotto la minaccia di un’arma, avrebbero cercato di rapinarlo. Il 35enne sarebbe stato raggiunto da un proiettile alla mano nel tentativo di disarmare uno dei due rapinatori, giunti nei pressi della sua abitazione, in via Franciosa, bunker del clan Casella, mentre era in cortile a fumare una sigaretta.
Una ricostruzione che vacilla, soprattutto perchè nella zona designata come teatro dell’accaduto da Righetto, gli agenti del locale commissariato non hanno trovato bossoli né tracce ematiche. Inoltre, la zona è sprovvista di videocamere. Una versione che non convince gli inquirenti, ma che di fatto appare come l’episodio scatenante che ha poi portato al duplice agguato andato in scena a 48 ore di distanza dal ferimento di ‘o Blob.
Far luce sulle circostanze che hanno portato dei “ragazzini” a ferire Righetto, appare quindi il rebus da sciogliere per chiarire lo scenario in cui è maturato l’agguato in cui hanno avuto la peggio le due reclute del clan “XX”.
In particolare, sono due le ipotesi più plausibili.
La prima riconduce alla faida tra i Casella e gli “XX”, che potrebbe essere riesplosa dopo 4 mesi di tregua, proprio in seguito al ferimento di ‘o blob. Uno stop dettato da diverse esigenze, in primis, dal pentimento di Rolletta, ultimo bersaglio dei killer lo scorso novembre. Non è da escludere che Rolletta sia l’autore dell’agguato in cui rimase ferito Luigi Aulisio, cognato dei Casella e per questo, pochi giorni dopo, raggiunto in strada da un killer che, in barba alla stessa logica, ha rimediato all’affronto subito. Rolletta, prima di lasciare la sua abitazione per raggiungere una località protetta, avrebbe rivelato alle persone a lui più vicine l’identità del killer che gli ha sparato: un nome che, se confermato anche alla magistratura, concorrerebbe a rafforzare l’ipotesi dell’alleanza tra i superstiti del clan De Luca Bossa e i Casella, in quanto “Friariello” – questo il soprannome di Rolletta – avrebbe indicato come autore dell’agguato in cui rimase ferito lo scorso 2 novembre, uno dei sicari più fedeli e fidati del clan del Lotto O.
In seguito al ferimento di Luigi Aulisio, i Casella che già prima erano restii a farsi vedere in giro, vivono letteralmente barricati in casa. Inoltre, i figli di “Pachialone”, ritenuti al vertice della cosca arroccata in via Franciosa, proprio in seguito all’agguato del cognato, avrebbero dato disposizione ad alcuni faccendieri del clan di provvedere a tagliare i rami degli alberi che costeggiano il palazzo in cui vivono per disporre di una visuale più chiara e in grado di consentirgli di scrutare il pericolo, soprattutto al calar del sole. Ragion per cui avrebbero provveduto anche ad incrementare l’illuminazione nella stessa zona. Un elemento che conferma la paura dei fratelli Casella, consapevoli di essere finiti nel bersaglio dei rivali.
Il ferimento di Righetto, quindi, potrebbe essere maturato in seguito ad un’azione incauta di quest’ultimo che allontanandosi da via Franciosa, si sarebbe reso vulnerabile fornendo una ghiotta occasione agli “XX” che ne hanno immediatamente approfittato. La ricostruzione fornita alla polizia da ‘o Blob potrebbe essere vera a metà: affrontato da due “ragazzini” in sella ad uno scooter, non intenzionati a rapinarlo e in un luogo diverso da via Franciosa, Righetto può aver “sfidato” i due, chiedendogli una prova di “forza e coraggio”, poggiando la mano sulla canna della pistola. Il giovane che impugnava la pistola, di tutta risposta, non avrebbe esitato a premere il grilletto.
Potrebbe essere proprio Giulio Fiorentino l’autore di quella “dimostrazione di forza”, decretando con quel gesto la sua condanna a morte. Se è vero che il sicario che entrò in azione per colpire Rodolfo Cardone non sparò con l’intento di uccidere, servendosi di un fucile a canne mozze, al cospetto del ferimento di ‘o Blob, i Casella potrebbero aver deciso di replicare “alzando la posta” per stroncare sul nascere le velleità degli “XX”, decidendo così di eliminare l’autore di quel gesto scellerato e di limitarsi a ferire Vincenzo Di Costanzo, lanciandogli così un esplicito avvertimento. Con i fratelli Casella rintanati nelle loro abitazioni e con ‘o Blob temporaneamente impossibilitato ad utilizzare la mano destra, la cosca di via Franciosa può aver affidato “il lavoro sporco” ad uno dei tanti abili killer dell’ex clan De Luca Bossa: sono almeno tre i sicari dal mirino infallibile dell’ex cosca del Lotto O, ancora a piede libero.
La seconda ipotesi, invece, è quelle che vede la firma del clan radicato nel Rione Conocal sull’agguato in cui ha perso la vita Giulio Fiorentino ed è rimasto ferito Vincenzo di Costanzo detto ‘o gabibbo. Di motivazioni per impugnare le armi e “fare il morto”, gli aspiranti leader di Ponticelli ne avevano un bel po’.
In primis, il rapporto pregno di ruggini, screzi, litigi con gli “XX” che già lo scorso anno, nel bel mezzo del lockdown, aveva dato il via ad una sequenza di “stese” ed azioni violente. L’ultimo episodio si sarebbe verificato proprio pochi giorni fa all’esterno della villa comunale di Ponticelli. In quell’occasione, due figure di spicco del clan del Conocal avrebbe mandato via in malo modo due giovani appartenenti al clan “XX”. La tensione tra le due compagini è nota negli ambienti in odore di camorra del quartiere ed è andata incontro ad un’escalation che ha portato lo zio di una delle giovanissime reclute del clan del Conocal ad affiancarsi al nipote per proteggerlo, a riprova di quanto fosse forte il sentore che, prima o poi, ci sarebbe scappato il morto. Un presagio che due giovani killer del clan insediatosi nell’ex bunker dei “fraulella” potrebbero aver concretizzato lo scorso sabato, uccidendo Fiorentino e limitandosi a ferire Di Costanzo, in quanto non è un segreto che tra quest’ultimo e le giovani leve del Conocal intercorre un rapporto d’amicizia che agli occhi dei killer, potrebbe rappresentare una solida garanzia di omertà. Avrebbero dunque inscenato una strategia volta ad accendere i riflettori degli inquirenti sui due clan antagonisti, beneficiando così del duplice vantaggio di non figurare nel registro degli indagati, pur avendo inferto un colpo mortale agli acerrimi rivali e indirizzando un temibile monito di avvertimento ai Casella.
Inoltre, non è da escludere il ferimento di Righetto potrebbe essere maturato proprio per mano di quei giovani nel Conocal, dove il ras di Ponticelli si sarebbe recato per regolare alcune questioni personali e ritrovatosi a tu per tu con “quei ragazzini”, sarebbero sorto un diverbio che ha poi portato al suo ferimento. La paranza di giovani che sogna di conquistare la leadership camorristica del quartiere, presidia il Conocal h24, perennemente armati e seminando il terrore tra i residenti in zona. Decidono tutto loro, anche dove gli abitanti del rione devono parcheggiare l’auto. Non è da escludere, quindi, che vedendo Righetto palesarsi nella loro zona, abbiano approfittato di quella circostanza per intimare al fratellastro dei Casella di stare lontano dal loro bunker, minacciandolo con un’arma e non esitando a fare fuoco per rimarcare il concetto.
In quest’ottica, i fuochi d’artificio esplosi poco dopo l’agguato costato la vita a Fiorentino proprio nel Parco Conocal, assumerebbero un valore ben preciso e finalizzato a “celebrare” l’egemonia camorristica delle “nuove leve” della camorra ponticellese.