Aveva 30 anni e proveniva da un reparto d’élite dell’Arma dei Carabinieri, Vittorio Iacovacci, ucciso in un agguato martedì 22 febbraio, nella Repubblica Democratica del Congo, insieme all’ambasciatore italiano Luca Attanasio e all’autista che guidava il convoglio a bordo del quale il militare viaggiava insieme al diplomatico, in veste di uomo della sua scorta.
Effettivo del XIII Reggimento Friuli Venezia Giulia con sede a Gorizia, Iacovacci aveva saputo distinguersi anche nel suo percorso al Gis. Rientrato a Gorizia per motivi personali, Iacovacci è stato assegnato a Kinshasa in un contesto difficilissimo. Sino ad oggi ha fatto parte del team di ‘close protection’, insieme ad altri operatori del XIII Reggimento.
Secondo le prime ricostruzioni, Iacovacci sarebbe morto sul colpo ed è stato il primo bersaglio colpito dai sicari.
Iacovacci era originario di Sonnino, piccolo centro dei Monti Ausoni, in provincia di Latina, dove vivono i genitori e la fidanzata. Avrebbe compiuto 31 anni il mese prossimo e a giugno sarebbe convolato a nozze con la sua fidanzata, una giovane di origini sarde, insieme alla quale stava pianificando un futuro, una famiglia.
Vittorio Iacovacci doveva rientrare in Italia tra pochi giorni e si sarebbe sposato a giugno. Si era costruito una casa vicino a quella dei genitori, di papà Marcello e mamma Angela, un operaio e una casalinga che vivono nelle campagne del piccolo centro pontino.
La coppia era stata costretta dall’emergenza coronavirus a rinviare le nozze in programma un anno fa.
Numerosi messaggi di cordoglio dai rappresentanti delle istituzioni e da amici e colleghi del militare.