Il 2021 si apre nel segno del medesimo scossone che ha introdotto l’anno precedente, sul fronte camorristico di Napoli est: il pentimento di Rosario Rolletta, una figura ben radicata nelle dinamiche malavitose locali, le cui dichiarazioni sono particolarmente temute da diversi clan in lotta per il controllo del territorio.
Se il pentimento di Tommaso Schisa, figlio dell’ex Sarno Roberto Schisa e della “pazzignana” Luisa De Stefano, entrambi condannati all’ergastolo, è stato recepito come una minaccia concreta non solo dai clan della periferia orientale partenopea, ma anche da quelli radicati nell’entroterra vesuviano, per effetto del legame che intercorreva tra il giovane Schisa e la figlia del boss di Marigliano Luigi Esposito detto ‘o sciamarro, è altrettanto vero che la decisione di collaborare con la giustizia palesata da Rosario Rolletta di recente, non ha turbato solo le reclute del clan d’appartenenza di quest’ultimo.
Rolletta, infatti, oltre ad essere un fedelissimo del clan De Micco era anche un camorrista ben informato e addentrato in plurimi contesti.
Da recluta del clan De Micco, Rolletta avrebbe partecipato anche alle fasi successive all’agguato in cui perse la vita Annunziata D’Amico, donna-boss del rione Conocal e reggente dell’omonimo clan, giustiziata come un vero boss nell’ottobre del 2015 per stroncare sul nascere l’atto di ribellione manifestato ai De Micco, opponendosi al pedaggio del pizzo sulle piazze di spaccio che gestiva nel suo rione. Con quell’agguato, di fatto, i De Micco sancirono la loro egemonia, mettendo fine alla faida che per diverso tempo li aveva visti contrapporsi proprio al clan D’Amico, dapprima capeggiato dai fratelli Antonio, Giuseppe e Giacomo e poi dalla “Passillona”, questo il soprannome di Annunziata. Malgrado la donna fosse sposata con Salvatore Ercolani detto “Chernobyl”, in seguito agli arresti dei fratelli, impose al marito di farsi da parte per ricoprire il ruolo di maggiore rilievo all’interno del clan fondato dal sangue del suo sangue. Una scelta coraggiosa che la donna-boss ha per l’appunto pagato con la vita. Rolletta, secondo di inquirenti, si sarebbe occupato di far sparire l’auto utilizzata dai sicari, in quanto, durante la fuga, il presunto esecutore materiale dell’agguato – Antonio De Martino “XX” – si sarebbe ferito e pertanto all’interno della vettura erano presenti tracce ematiche che andavano cancellate. “Friariello” – questo il soprannome del 35enne Rosario Rolletta – avrebbe dato alle fiamme l’auto, con l’aiuto di Rocco Capasso, un altro gregario del clan De Micco, oggi collaboratore di giustizia.
![Giuseppe De Martino e Rosario Rolletta](https://www.napolitan.it/wp-content/uploads/2021/01/10599590_618045978305235_4437795648897988041_n.jpg)
Una carriera lunga e segnata da diverse azioni camorristiche, quella di Rolletta che non a caso, di recente, quando è esplosa l’ennesima faida per il controllo del territorio, è finito nel mirino dei sicari del clan rivale.
Proprio l’agguato in cui il 35enne è rimasto ferito ad un braccio lo scorso 2 novembre, potrebbe decretare il primo e cruciale punto di non ritorno per i clan di Ponticelli. Prima di lasciare la casa popolare di via Matilde Serao a Caravita – frazione del comune di Cercola – in cui viveva con la sua famiglia, Rolletta avrebbe confessato ad amici e parenti l’identità del sicario che gli ha sparat. Se il 35enne dovesse confermare quel nome anche agli inquirenti, potrebbe infliggere un’ulteriore stangata al clan De Luca Bossa, già fortemente rimaneggiato dagli arresti maturati lo scorso ottobre. L’uomo, indicato da Rolletta come l’esecutore materiale dell’agguato in cui è rimasto ferito die masi fa, infatti, è un elemento di spicco del clan del Lotto O che avrebbe messo la firma su quel raid per conto del clan Casella. Un dettaglio tutt’altro che trascurabile perchè, se confermato alla magistratura, proverebbe la nascita di un’alleanza tra i De Luca Bossa e il clan di via Franciosa, all’indomani del declino della seconda era del clan fondato da Tonino ‘o sicco e di recente capeggiato dal suo primogenito Umberto, per contrastare l’ascesa del clan “XX”, ovvero, gli eredi del clan De Micco-De Martino, al quale lo stesso Rolletta era affiliato.
Il 35enne sarebbe finito nel mirino dei sicari del clan rivale per svariate ragioni: in primis, perchè riconosciuto come figura di spessore del clan, in quanto autore di diversi raid minatori. Inoltre, dopo l‘agguato in cui rimase ferito il cognato dei Casella, Luigi Aulisio detto Alì, era necessario mettere la firma su un agguato eclatante, volto a colpire un “Pezzo da 90” del clan “XX”, identificato proprio in Rosario Rolletta. Nessuna delle due compagini è intenzionata a cedere nemmeno un centimetro di territorio ai rivali, ma nessuna delle sue compagini è altresì intenzionata a finire dietro le sbarre: per questo i sicari sparano per non uccidere. La camorra ponticellese teme la galera al pari degli agguati. Spara solo se è necessario, per minacciare e per difendere ciò che è suo, non per uccidere.
Il pentimento di Rolletta stravolge gli equilibri e congela azioni, intenzioni e piani.
Le dichiarazioni rese da “friariello” potrebbero andare a delineare uno scenario che inizialmente favorirebbe l’ascesa dei Casella: senza dubbio più informato circa intrecci, retroscena e dinamiche camorristiche riconducili al clan De Micco prima ed “XX” poi, Rolletta potrebbe sì fornire informazioni preziose in merito alle circostanze in cui è maturata l’ultima faida per il controllo dei traffici illeciti a Ponticelli, ma difficilmente sarà in grado di fornire elementi circostanziati in merito alle dinamiche che hanno portato i De Luca Bossa ad allearsi con i Casella e pertanto, il suo agguato, potrebbe essere letto dagli inquirenti come un ipotetico ultimo colpo di coda da parte dei De Luca Bossa per non cedere il controllo del quartiere agli “XX”. Del resto, la faida tra i due clan, è esplosa pochi giorni prima degli arresti che hanno fatto scattare le manette per 7 figure apicali del clan del Lotto O, decapitando la cosca che fino a quel momento deteneva il controllo del territorio. Pertanto, il ferimento di Rodolfo Cardone, avvenuto lo scorso 7 ottobre, potrebbe essere inquadrato come il primo monito della cosca al clan rivale che provava a minarne l’ascesa. Circostanza che potrebbe essere rafforzata dalle indagini investigative in corso e che evidenziano tuttora la brama di potere del sodalizio camorristico costituito dai Minichini-De Luca Bossa- Rinaldi, non solo concentrato a mantenere il controllo del territorio, ma anche intenzionato ad estendere la propria egemonia all’intera periferia orientale fino a raggiungere il cuore pulsante della città di Napoli.
L’unico dato certo è che se le dichiarazioni rese da Rolletta si tradurranno in una pioggia di arresti tra le fila del clan “XX”, il clan Casella si vedrà facilmente agevolato, giungendo a conquistare il controllo del quartiere senza dover ricorrere alla minaccia delle armi.