In un clima di crescente tensione, la notizia del pentimento di Rosario Rolletta, riportata dal quotidiano “Il Roma”, ufficializza il rumors che serpeggiava da tempo negli ambienti camorristici ponticellesi, negli ultimi tempi segnati da una lunga scia di spari, arresti e verbali firmati dagli ex malavitosi, di recente passati dalla parte dello Stato.
In questo clima si colloca il pentimento di Rosario Rolletta detto “friariello”, 35enne ritenuto contiguo al clan De Micco e che negli ultimi tempi aveva attirato su di sé l’attenzione degli inquirenti in più di una circostanza: ci sarebbe la sua firma su una serie di “stese” e raid intimidatori che hanno segnato l’ultima faida di camorra, iniziata nel bel mezzo del lockdown ed entrata nel vivo in seguito agli arresti delle figure apicali del clan De Luca Bossa che di fatto hanno sancito la fine della seconda era camorristica del clan del Lotto O, generando un vuoto di potere che più compagini sono intenzionate a colmare.
L’ultimo sussulto eclatante nel complesso mosaico imbastito dai clan in lotta per il controllo del territorio è stato rivolto proprio a Rolletta, vittima di un agguato lo scorso 2 novembre.
E’ il terzo agguato nel giro di un mese. Un “botta e risposta” che ricostruisce una sequenza ben precisa: il ferimento di Rodolfo Cardone, giovane ritenuto contiguo al clan “XX”, l’agguato a Luigi Aulisio, cognato dei Casella e infine i colpi di pistola indirizzati a Rolletta, anch’egli fedelissimo del clan De Micco-De Martino che s’identifica nella sigla “XX”.
Una sequenza di spari che rivela la disputa tra i Casella e gli “XX”, entrambi intenzionati ad appropriarsi del controllo dei traffici illeciti a Ponticelli.
Una guerra alimentata da motivazioni fortissime su entrambi i versanti e che sembrava essere destinata ad introdurre una lunga e pericolosa stagione di spari sulla quale, invece, improvvisamente è calato un inspiegabile silenzio.
All’indomani dell’ufficialità del pentimento di Rolletta, quel silenzio assume un significato ben preciso: le logiche camorristiche dei clan di Ponticelli vengono congelate da quella notizia. Una doccia fredda, una bomba esplosa silenziosamente e destinata a disseminare più paura degli spari. I clan temono le manette più della morte e dinanzi a quello scenario imprevisto ed imprevedibile, ripongono le armi e si interrogano sulle conseguenze di quelle rivelazioni che di lì a poco rischiano di far cadere il sipario anche su quella faida, stroncata ancor prima di decretare un vincitore.
Le motivazioni che hanno portato uno degli elementi di spicco più autorevoli del clan “XX” a decidere di collaborare con la giustizia sono più di una.
All’indomani di quell’agguato, Rolletta teme per la sua vita, consapevole di essere un bersaglio sensibile finito nel mirino dei rivali del clan Casella, ma a far vacillare le sue convinzioni di interprete della camorra non è solo la paura di morire.
Una carriera in ascesa, quella di friariello che ha iniziato a muovere i primi passi sulla scena camorristica come recluta del clan De Micco per conto del quale, in più di un’occasione, ha fatto il “lavoro sporco”: era Rolletta ad acquistare le schede telefoniche dedicate dalla Lyca-mobile che durano 15-20 giorni, usate per le comunicazioni tra gli affiliati e solo ed esclusivamente per inviarsi sms. Nel caso in cui la risposta tardasse ad arrivare, i “Bodo erano soliti farsi uno squillo, ma era tassativamente vietato telefonarsi con quei numeri.
E’ ancora Rolletta a disfarsi dell’auto usata dal commando di fuoco entrato in azione per uccidere Annunziata D’Amico, donna-boss dell’omonimo clan. Nell’auto usata per compiere l’omicidio, vi erano tracce di sangue di Antonio De Martino, esecutore materiale dell’omicidio, che si era ferito proprio nell’incidente mentre fuggivano, dandosi la pistola in faccia. Troppe tracce portavano all’esecutore materiale del delitto, per questa ragione la madre di De Martino ordinò la distruzione di quell’auto. Fu proprio Rosario Rolletta ad incendiarla, in via vicinale Ravioncello con l’aiuto di Rocco Capasso, oggi collaboratore di giustizia. Un dettaglio confermato prima da quest’ultimo e poi da un altro collaboratore di giustizia, pentitosi di recente: Salvatore Pomatico. Arrestato a dicembre del 2019, reo di aver praticato delle estorsioni per conto del clan De Luca Bossa, le dichiarazioni rese alla magistratura da Pomatico verranno incrociate con quelle di altri due pentiti eccellenti, l’ex “bodo” Rocco Capasso e Tommaso Schisa, figlio della “Pazzignana” Luisa De Stefano e dell’ex Sarno Roberto Schisa, entrambi detenuti e condannati all’ergastolo.
Pomatico avrebbe confermato il coinvolgimento di Rolletta nell’ambito del delitto di Annunziata D’Amico, additandolo come colui che materialmente ha dato fuoco all’auto utilizzata per compiere l’agguato, asserendo che friariello si fosse vantato in più occasioni negli ambienti malavitosi di aver partecipato all’azione camorristica che ha portato alla morte della donna-boss del rione Conocal. Questa la seconda motivazione che ha minato le certezze di Rolletta, preoccupato dalle conseguenze delle dichiarazioni rese dai nuovi pentiti che rischiavano di minare la sua libertà, unitamente alle indagini in corso e volte a far luce proprio sui fatti di cronaca più recenti.
Originario di Pollena Trocchia, Rolletta ha compiuto 35 anni lo scorso 29 ottobre: giovane quanto basta per convergere tra le reclute chiamate a riscattare le sorti del clan De Micco-De Martino, anziano quanto basta per disporre dell’esperienza camorristica necessaria per guadagnare di diritto il titolo di elemento di spicco dell’organizzazione.
Proprio l’assetto camorristico incapace di corrispondergli il ruolo da capo che sentiva di meritare sarebbe uno dei tasselli cruciali che avrebbe portato il 35enne a propendere per la rottura con la malavita per ripartire da zero altrove, insieme alla sua famiglia.
I clan “XX”, costituito da giovani leve è capeggiato, per cause di forza maggiore, nel rispetto delle regole gerarchiche impartite dal codice d’onore della camorra, dal fratello minore di Antonio De Martino, l’ultimo superstite della famiglia e dell’omonimo clan ancora a piede libero. Un leader troppo giovane per vedersi tributare il dovuto rispetto da parte di chi, come Rolletta, vanta di aver messo la firma su azioni camorristiche eclatanti che hanno concorso a consacrare ed affermare l’egemonia dei De Micco a Ponticelli, non solo in riferimento all’omicidio di Annunziata D’Amico.
Nascono così delle frizioni tra Rolletta e gli “XX” che concorrono a minare ulteriormente le certezze del 35enne.
Inoltre, il 35enne confida alle persone a lui più vicine di aver ricevuto delle minacce che lo turbano e non poco.
Friariello ha paura, vede la sua serenità e quella dei suoi cari messa a repentaglio da pericoli che giungono da più versanti camorristici.
Non è da escludere, infatti, che le minacce ricevute da Rolletta prima di prendere la decisione di passare dalla parte dello Stato, siano riconducibili ad un trascorso relativamente recente. Nell’aprile del 2018, friariello viene infatti tratto in arresto perché ritenuto ai vertici del nuovo sodalizio che in quel periodo aveva praticato una serie di estorsioni ai commercianti del vesuviano, approfittando del vuoto di potere che si era generato in seguito al declino del clan De Micco e successivamente per effetto dell’arresto delle figure di spicco dei clan alleati di Napoli est.
Dalle indagini investigative condotte dalla polizia di Stato emerse proprio che Rolletta fosse parte integrante dell’organizzazione dedita all’attività estorsiva presentandosi ai commercianti per conto degli “amici di Cercola”.
I poliziotti, hanno accertato che l’organizzazione criminale, oltre alle attività legate allo spaccio di sostanza stupefacente ed all’usura, imponeva a molti spacciatori, non legati all’egemonia criminale, il pagamento delle quote ai vertici del nuovo sodalizio. Le attività usurarie venivano supportate anche attraverso minacce, mentre la vendita di stupefacenti, oltre che al minuto, veniva anche eseguita all’ingrosso e fuori dal Comune di Napoli.
Una “testa calda”, Rosario Rolletta, addentrato in molteplici dinamiche riconducibili a diverse realtà camorristiche radicate sul territorio, ragion per cui la notizia del suo pentimento turba e non poco gli equilibri di diversi clan.
L’unico dato certo è che all’incirca un mese fa, accompagnato dalla moglie, Rosario Rolletta si è presentato al Comando dei Carabinieri di Cercola per palesare la sua volontà di collaborare con la giustizia.
Una decisione appoggiata solo da una parte della famiglia che ha accettato di entrare a far parte del programma di protezione destinato ai parenti dei collaboratori, mentre l’altra parte continua a vivere nei comuni vesuviani di Caravita – frazione del comune di Cercola – e Pollena Trocchia. Proprio com’è accaduto all’indomani del pentimento di Tommaso Schisa. Solo sua sorella, infatti, decise di accettare il programma di protezione, dopo un breve periodo trascorso all’estero, mentre il resto dei parenti seguitano a vivere a Ponticelli.
Seppure consapevoli del pericolo al quale siano esposti restando all’ombra del Vesuvio, i parenti di Rolletta, anche per effetto delle normative anti-covid, vivono da segregati in casa.
I riflettori delle forze dell’ordine sono puntati soprattutto sulle case di edilizia popolare di via Matilde Serao a Caravita, dove Rolletta viveva e dove è stato visto per l’ultima volta mentre caricava i bagagli su un’auto blindata, sulla quale poi è salito per iniziare ufficialmente la sua nuova vita da collaboratore di giustizia.
Da diverse settimane, i carabinieri presidiano la zona con posti di blocco strategici per tenere sotto controllo la situazione e scongiurare il pericolo di vendette trasversali.
Un pericolo temuto da Rolletta, secondo quanto riferitoci da diverse persone vicine a “friariello” alle quali, prima di partire, avrebbe rivelato alcune informazioni importanti, con la promessa di diffonderle laddove gli fosse accaduto qualcosa, una su tutte, l’identità della persona che gli ha sparato lo scorso 2 novembre.