Un anno nato sulla scia delle fibrillazioni e delle tensioni generate dal pentimento di Tommaso Schisa: dall’emergenza covid-19 che ha costretto anche la camorra a riorganizzare gli affari, agli arresti che a fine ottobre hanno decretato la fine dell’era dei De Luca Bossa, generando una nuova faida per il controllo del territorio tra i Casella e gli “XX”. Questi, in sintesi, gli episodi salienti avvenuti nel 2020 sul versante camorristico a Ponticelli, il quartiere più densamente popolato della città di Napoli.
Protagonisti indiscussi, i fratelli Casella. Clamorosamente scarcerati ad ottobre del 2019, non appena sono tornati in libertà hanno subito ripreso il controllo degli affari in via Franciosa, roccaforte del clan, attirando il malcontento dei residenti in zona per l’insistente attività di spaccio praticata utilizzando delle “finte” cassette della posta nelle quali venivano rilasciate le dosi ai clienti che al momento del ritiro depositavano i soldi, oltre che per la gestione delle case popolari della zona che hanno visto la cosca egemone in quella sede cacciare di forza una coppia di anziani dal loro appartamento.
Intorno alle 21 di mercoledì 12 febbraio diversi colpi d’arma da fuoco vengono esplosi in via Hemingway, nel Rione Incis. Un episodio maturato a meno di 10 giorni di distanza dalla sparatoria avvenuta nel Rione Conocal di Ponticelli, al culmine di una lite tra due uomini. Stando a quanto emerso dalle prime ricostruzioni, all’origine di quella sparatoria vi sarebbe un movente passionale. Una lite nata per motivi di gelosia legati ad una donna, contesa tra i due. Un raid che presenta tutte le caratteristiche della “stesa”, quello avvenuto in via Hemingway: le ipotesi investigative vertono in due direzioni, una riconduce all’avvertimento/minaccia rivolto a qualche residente in zona, coinvolto in affari malavitosi, l’altra a chi, nei giardinetti del rione, pratica l’attività di spaccio.
E’ la prima di una serie di “stese” che seguiteranno a protrarsi per diversi mesi e che confermano il clima di fibrillazione che si respira nel quartiere, malgrado l’egemonia del clan De Luca Bossa, riuscito a consacrare la sua supremazia dando il via al secondo mandato dell’era del clan del Lotto O.
A stravolgere le logiche camorristiche ci pensa il covid-19: il lockdown voluto dal governo a marzo costringe i clan a riorganizzare affari ed interessi. Seppure l’attività di spaccio di stupefacenti prosegua indisturbata, i clan si vedono costretti a riorganizzarsi. Inoltre, nei rioni in odore di malavita, si fa spazio la concreta possibilità di avviare nuovi business: dalla “spesa a credito” ai prestiti alle famiglie in difficoltà, alle quali avanzare favori e richieste specifiche, al cospetto dell’impossibilità di risanare il debito sensibilmente lievitato per effetto degli interessi. E’ così che i clan conquistano nuovi arsenali per le armi e per la droga e riescono ad adescare manovalanza. A rifocillare le casse della camorra è anche e soprattutto il business d’oro e sommerso messo in piedi dai clan in tempi non sospetti: la produzione e la vendita dei detersivi contraffatti. La camorra riesce così a tamponare la perenne richiesta di igienizzanti per le mani, alcool e disinfettanti specifici, letteralmente presi d’assalto dalla popolazione per fronteggiare la pandemia, al pari delle mascherine e dei guanti monouso. I plurimi e continui sequestri dei prodotti non a norma da parte delle forze dell’ordine, altro non fanno che comprovare come e quanto il business dei detersivi contraffatti sia diffuso e radicato.
Nel bel mezzo del lockdown, malgrado il divieto di uscire, se non per comprovate ragioni, la camorra inscena una nuova e lunga stagione di spari, soprattutto nella zona del Rione Incis. Il movente che anima “le stese” è verosimilmente il controllo delle piazze di spaccio.
Nei giorni in cui impazzano le serenate dai balconi durante il lockdown, nei rioni in odore di camorra le limitazioni introdotte per contenere la diffusione della pandemia vengono violate soprattutto per esplodere fuochi d’artificio. Un rituale che tiene banco soprattutto nel Lotto O, l’arsenale dei De Luca Bossa, clan che detiene l’egemonia del territorio. Un clan galvanizzato e rafforzato dalle scarcerazioni di diverse figure di spicco: da Roberto Boccardi ad Alfredo Minichini, il clan fondato da Tonino ‘o sicco e capeggiato dal suo primogenito Umberto, tornato in libertà a settembre del 2019, vive il suo momento migliore proprio nel bel mezzo dell’emergenza covid. In particolare, la scarcerazione di Boccardi viene accolta con un baccanale degno di un leader della camorra in scena proprio nel Lotto O: musica, brindisi, schiamazzi, un vero e proprio concerto neomelodico animato dai cantanti più in voga del momento, una pioggia di fuochi d’artificio. Alla festa in onore di Boccardi non manca nessuno. In particolare, la presenza della sua ex compagna, appartenente ad una delle famiglie di primo ordine della malavita locale, non passa di certo inosservata. Durante il periodo che “recchiolone” – questo il soprannome di Boccardi – ha trascorso in carcere, la donna si era legata sentimentalmente all’aspirante ras del Rione Conocal. Il riavvicinamento a Boccardi innesca l’ennesimo botta e risposta a suon di “stese” che cela dietro ad un movente passionale, l’aspirazione mai nascosta da parte del giovane del Conocal di scalzare l’egemonia dei De Luca Bossa per riappropriarsi del suo rione, controllato dal ras Gennaro Aprea per espressa volontà del clan del Lotto O.
Le fibrillazioni continuano anche dopo il lockdown: a maggio, durante il terzo giorno della fase due, si registra un agguato in strada, al confine tra Barra e Ponticelli.
Un’estate segnata dai controlli anti-covid e dalla consueta attività di contrasto alle attività illecite da parte delle forze dell’ordine, con particolare attenzione al business della droga, sempre più dilagante tra le strade del quartiere più densamente abitato e geograficamente esteso della città di Napoli.
Un mese di luglio particolarmente rovente quello in scena nel quartiere di Napoli est e segnato da diversi eventi cruciali: in primis, le dichiarazioni rese dal neopentito Tommaso Schisa iniziano a sortire i primi arresti. A finire in manette è il primo cittadino del comune di Marigliano, accusato di scambio politico-mafioso. Oltre ad essere il figlio della pazzignana del Rione De Gasperi Luisa De Stefano e dell’ex macellaio dei Sarno Roberto Schisa – entrambi condannati all’ergastolo – Tommaso Schisa è anche l’ex cognato dello “Sciamarro”, il boss di Marigliano Luigi Esposito. Motivo per il quale le rivelazioni rese alla magistratura dal primogenito della “pazzignana” sono temute sia dai clan dell’area vesuviana che da quelli di Napoli est. Un segnale che lascia dedurre ai De Luca Bossa che il giovane Schisa non farà di certo sconti al loro clan. Ragion per cui, animati dalla convinzione di finire presto dietro le sbarre, i De Luca Bossa si disinteressano completamente delle stese e delle tensioni che si registrano da più parti sul versante camorristico, non solo nel rione Conocal, ma anche nella zona sotto il controllo degli “XX”, gli eredi del clan De Micco- De Martino, per dedicarsi esclusivamente alla pratica di estorsioni a tappeto.
Inizia così una stagione segnata da violente estorsioni a tappeto. Una politica criticata e condannata anche dagli interpreti della malavita, perchè intacca anche le categorie che la camorra ha storicamente “graziato” dal pedaggio di pizzo e tangenti. Durante il mese di luglio, per convincere il titolare di una concessionaria di auto di Cercola a versare 50mila euro nelle casse del clan, I De Luca Bossa rapiscono il figlio, lo costringono a videochiamare suo padre e ad inginocchiarsi davanti a loro: puntandogli una pistola alla tempia gli intimano di assecondare la loro richiesta estorsiva per salvare la vita a suo figlio.
Un modus operandi che verrà adottato in altre circostanze e che susciterà crescente indignazione e disprezzo intorno alla cosca del Lotto O. Ad agosto, a tenere banco, è la chiacchieratissima vacanza di Giuseppe De Luca Bossa in compagnia di Domenico Amitrano, a riprova del forte legame che intercorre tra i due: Tonino ‘o sicco, fratello di Giuseppe De Luca Bossa, condannato all’ergastolo in via definitiva per l’attentato con autobomba in cui perse la vita Luigi Amitrano, cugino di Mimmo. Motivo per il quale, quell’alleanza, quel forte legame ostentato sui social network desta stupore, clamore ed indignazione, anche e soprattutto tra i membri della famiglia di Amitrano nei cui cuori sanguina ancora la ferita procurata da quella morte violenta.
Mentre i De Luca Bossa si concedono lussuriose vacanze al mare, a Ponticelli impazzano le “stese” e appare evidente la presenza di più focolai camorristici che mirano a scalzare l’egemonia dei De Luca Bossa: all’aspirante boss del Rione Conocal, a caccia di alleati soprattutto tra i clan dei vicino comune di Volla, si accodano gli “XX”, gli eredi del clan De Micco-De Martino.
Il mese di agosto, infatti, si chiude nel segno dell’ennesimo raid intimidatorio nel Rione Conocal: diversi spari vengono indirizzati verso la casa del boss Gennaro Aprea. Un affronto che risuona come uno schiaffo in pieno volto ai De Luca Bossa che tuttavia decidono di non replicare per rimarcare la propria egemonia, apprendo sempre più scollati dalle dinamiche camorristiche ed esclusivamente concentrati sulle estorsioni a tappeto, sempre più violente e serrate.
In questo clima, la sera del 24 settembre, matura una “stesa” contro l’abitazione di una donna, estranea alle dinamiche camorristiche, che vive in casa con suo figlio, nei pressi del cosiddetto Lotto 10. Le indagini investigative accerteranno che su quel raid c’è la firma dei De Luca Bossa che nei giorni precedenti avevano intimato alla donna di versare nelle casse del clan 5mila euro per continuare a vivere in quella casa. Una richiesta estorsiva che matura in seguito ad un litigio tra il figlio della donna e il figlio di un pezzo da 90 del clan. La donna, sperando che potesse servire a calmare le acque, si allontanò dalla sua abitazione per qualche giorno. Approfittando della sua assenza, diverse figure di spicco della cosca del Lotto O tentarono di occupare la casa, senza però riuscirci e quando la donna fece rientro a Ponticelli, le intimarono di pagare la cifra richiesta a suon di spari. Una dinamica interamente immortalata dalle videocamere del sistema di sorveglianza presenti in zona.
In questo clima, nel tardo pomeriggio del 7 ottobre, matura il ferimento del giovane Rodolfo Cardone, nei pressi del bar Royal, nel Rione Incis. Un agguato indirizzato alla cosca degli “XX” che funge da incipit di una nuova faida di camorra per il controllo del territorio, assodato che sulla seconda era dei De Luca Bossa stanno già scorrendo i titoli di coda. Un presagio che si concretizza all’alba del 26 ottobre, quando scattano le manette per le figure apicali del clan del Lotto O.
Tre giorni dopo, il 29 ottobre, la faida tra clan intenzionati a colmare il vuoto di potere generato dal declino dei De Luca Bossa entra nel vivo: Luigi Aulisio, detto Alì, cognato dei Casella, viene raggiunto da un proiettile in strada.
Mentre si trova al pronto soccorso dell’Ospedale “Villa Betania” di Ponticelli, contatta la nostra redazione per rassicurare “tutti” circa il suo stato di salute: “sto bene, non mi hanno fatto niente.” Un messaggio che manifesta la scalpitante volontà di ridimensionare il colpo inflitto soprattutto all’orgoglio della cosca di via Franciosa. Un agguato che porta la palese firma degli “XX”, il clan che mira a scalzare i Casella, eredi dei De Luca Bossa per vedere nuovamente sventolare su Ponticelli la bandiera dei De Micco-De Martino.
Il 6 novembre, a finire nel mirino dei sicari è proprio un elemento di spicco del clan XX: Rosario Rolletta, raggiunto da un proiettile mentre a bordo della sua auto percorreva via Argine. Una dinamica che non convince gli inquirenti e che accentua il clima di tensione che si respira lungo le strade del quartiere e che lascia presagire che quel botta e risposta a suon di spari sia destinato a protrarsi a lungo. Invece, su Ponticelli cala un clima di preoccupante silenzio.
Una calma apparente interrotta, per l’ennesima volta, da un’operazione dei militari dell’arma dei carabinieri che fa scattare le manette per tre persone per le “stese”, gli agguati e le richieste estorsive nella zona di Porta Nolana. Tra i destinatari del provvedimento, spicca il nome di Gabriella Onesto, cugina delle “Pazzignane” Luisa De Stefano e Vincenza Maione, clamorosamente sopravvissuta alla condanna all’ergastolo per l’omicidio Colonna-Cepparulo.
Il 2020 si conclude proprio nel segno della conferma in appello della condanna all’ergastolo per “le pazzignana” Luisa De Stefano e Vincenza Maione, la lady-camorra del Lotto O Anna De Luca Bossa, il boss Ciro Rinaldi, i killer Michele Minichini e Antonio Rivieccio. Ridotta a 20 anni la pena per Cira Cepollaro, madre di Michele Minichini. Assolto Giulio Ceglie.