Ci sono bambini in Italia che non stanno vivendo la loro infanzia perché rinchiusi in prigione con le loro madri, in Campania sono tanti, troppi. Sono piccoli, alcuni già parlano, altri non ancora, sono silenziosi, i bambini senza infanzia rinchiusi nelle carceri della Campania con le loro madri. Loro, i piccoli, non hanno fatto niente; le madri invece scontano la loro pena, doppia, considerato il dolore di vederla riflessa nei loro figli innocenti.
Dieci bambini per otto detenute totali. Sono questi i dati ministeriali degli Istituti penitenziari campani (Lauro, Salerno e Pozzuoli). Hanno meno di tre anni e il loro mondo è tutto in quelle quattro mura, il cielo lo guardano quando c’è l’ora d’aria e per il resto imparano il linguaggio della galera, di comandi e ritmi prestabiliti, grate e buio.
Infanzie rubate. Senza giochi. Senza castelli di sabbia da costruire. Senza palloni dietro cui correre con gli altri bambini. Senza strumenti musicali fatti su misura per loro. Giochi semplici, che tutti conoscono, tranne loro. I bambini dall’infanzia negata. A Novembre si è svolta la Giornata mondiale dei diritti dei bambini, eppure nessuno ha parlato di loro che di diritti ne hanno meno di tutti.
La vita carceraria cambia i minori, anche se così piccoli. Laura Ambrosino, che cura i contenuti del sito www.superbelle.it che si occupa dell’infanzia, sostiene che “I primi anni sono essenziali alla formazione del bambino. La relazione con la madre è la lente attraverso la quale il piccolo guarda il mondo, mentre i giocattoli, anche i più semplici come un pallone o uno strumento musicale, permettono al bambino di sviluppare capacità motorie e sensoriali”.
Per cercare di arginare il più possibile le ripercussioni di un’infanzia ordinaria negata, il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria ha creato delle carceri alternative per le madri con figli al seguito: l’Icam. Il primo è stato istituito a Milano, nel 2006. Ricreano un ambiente più “sostenibile” per l’infanzia, con misure detentive attenuate, supporto di attività ludiche e psico – educative, che accompagnano madri e minori fino al compimento del terzo anno d’età del bambino, dopo il quale si dovrà separare dalla madre.
Un momento straziante, che il fotografo Luigi Gariglio con altri 5 fotografi italiani, ha cercato di trasmettere nella mostra Che ci faccio io qui? – I bambini nelle carceri italiane” del 2018. L’unico lavoro fotografico sul tema ad oggi. Non è come una casa – famiglia, ma il Ministero della Giustizia, lo implementa nel sistema carcerario come un esempio virtuoso che possa sostenere madri e minori nei primi anni di vita.
In Campania l’unico Icam è quello dell’Istituto di Lauro. Un’ex struttura per tossicodipendenti riconvertita e resa all’avanguardia. I bambini dispongono di spazi con i propri giocattoli e possono trascorrere del tempo sia con le loro madri che con altri coetanei, è presente un’aula informatica, e i dispositivi di sicurezza sono invisibili ai più piccoli. Un esempio davvero virtuoso che consente di poter offrire un’infanzia più a misura di bambino anche in carcere.