Una “stesa” avvenuta poco dopo le 23 dello scorso 24 settembre e passata inosservata agli occhi dei media, avvenuta nella zona del rione di edilizia popolare denominato “Lotto O” di Ponticelli e che rappresenta la fase topica dell’escalation di intimidazioni e minacce che il clan De Luca Bossa hanno indirizzato ad una madre per costringerla a versare nelle casse della cosca egemone la somma di 5.000 euro per restare a vivere nella sua abitazione.
Tutto è nato da un diverbio tra bambini: la donna finita nel mirino della cosca, infatti, vive in quell’alloggio con suo figlio, il quale, avrebbe avuto un litigio con il figlio di un “pezzo da 90” del clan De Luca Bossa.
La replica del clan non si è fatta attendere: la donna avrebbe ricevuto la “bussata di porta” del boss in persona, Umberto De Luca Bossa, figlio del sanguinario Tonino ‘o sicco, condannato all’ergastolo e al 41 bis, che le avrebbe imposto di pagare 5.000 euro per continuare ad abitare in quella casa.
Un’estorsione praticata per “punire” quella famiglia per l’affronto inconsapevolmente rivolto al clan. Una lite tra ragazzini che tramuta la vita di una madre e di un figlio in un vero e proprio incubo, perché i De Luca Bossa vedono in quell’episodio l’occasione utile per rivendicare la propria egemonia ed indirizzare un messaggio tanto chiaro quanto temibile all’intero quartiere: a Ponticelli comandano loro e nessuno deve osare pestargli i piedi. Proprio nessuno.
Un episodio che ben collima con l’esigenza del clan di racimolare denaro e che in quel periodo praticava estorsioni a tappeto: la fine era vicina, ne erano consapevoli i De Luca Bossa che sentivano di essere finiti nel mirino degli inquirenti e che per questo avevano i giorni contati.
Alla cosca del Lotto O servivano soldi: questa la priorità che ha guidato le gesta del clan negli ultimi tempi.
Soldi per assicurarsi una vita agiata in carcere e, al contempo, non far mancare nulla alle famiglie, ma anche per assoldare gli avvocati migliori con l’auspicio che possa servire a lenire le condanne.
In questo contesto il clan De Luca Bossa genera un’autentica escalation di violenza, spingendosi ben oltre le semplici intimidazioni verbali.
La donna è talmente spaventata dal destino incerto che improvvisamente si sta delineando nella vita sua e di suo figlio che decide di allontanarsi dal quartiere per qualche tempo, forse sperando che non trovandola in casa, i suoi taglieggiatori mollino la presa.
Invece, durante il periodo in cui l’appartamento è disabitato, i De Luca Bossa tentano di occuparlo con la forza, ignari del fatto che le loro gesta criminali siano riprese dalla videocamera di un sistema di sorveglianza.
Non riuscendo ad irrompere nell’abitazione finita al centro delle loro attenzioni, i De Luca Bossa tentano il tutto per tutto esplodendo almeno 3 colpi di pistola proprio contro quella casa, lo scorso 23 settembre.
Solo uno dei tre proiettili esplosi, perforando il vetro della cucina-veranda, si conficca nel muro interno dell’abitazione. Un raid intimidatorio che poteva tramutarsi in tragedia: pochi minuti prima che i sicari della camorra entrassero in azione, infatti, il figlio della donna si trovava proprio in quella stanza.