Una settimana iniziata nel segno del sangue e del mistero a Ponticelli, quartiere della periferia orientale di Napoli da diversi mesi ostaggio dell’ennesima faida di camorra per il controllo del territorio tra diverse bande che cercano di scalzare l’egemonia dei De Luca Bossa. Oltre al clan “XX”, sigla riconducibile al cartello De Micco-De Martino, anche un giovane aspirante boss del rione Conocal sta consegnando non pochi grattacapi al clan del Lotto O.
Proprio nel rione Conocal, ex bunker del clan D’Amico, attualmente sotto il controllo del ras di Barra Gennaro Aprea, nei giorni scorsi si è registrato l’ennesimo episodio violento che ha portato al ferimento di un 21enne.
Il giovane, giunto al pronto soccorso dell’ospedale Villa Betania, presentava diverse ferite da arma da taglio alla schiena. Il 21enne ha raccontato ai carabinieri della locale stazione di essere stato accoltellato poco prima, al culmine di una lite con una persona di cui non ha saputo fornire le generalità. I sanitari lo hanno medicato e giudicato guaribile in sette giorni.
I carabinieri della stazione di Ponticelli stanno indagando ad ampio raggio per fare luce sull’accaduto.
Il 21enne accoltellato, Luca Errico, è il fratello di Emanuele Errico detto “pisellino”, freddato in un agguato nel maggio del 2018. Una morte scaturita al culmine di un regolamento di conti tra giovanissimi, nell’ambito del quale la camorra è solo lo sfondo che funge da teatro della sanguinaria vicenda, ma non il movente.
A decretare la morte del giovane del Parco Conocal, altri due giovani originari nello stesso rione: i fratelli Nicola ed Antonio Spina. La morte di Pisellino giunse al culmine di una serie di contrasti, legati alla spartizione dei proventi di alcune rapine. Il giorno precedente all’agguato, infatti, lo scooter dei fratelli Spina venne incendiato. I due fratelli risalirono all’identità degli autori del raid incendiario visionando i filmati del circuito di videosorveglianza di una attività commerciale ubicata nei pressi della loro abitazione, luogo in cui era parcheggiato lo scooter quando fu dato alle fiamme. L’omicidio di Pisellino – nell’ambito del quale maturò anche il ferimento di un suo amico, Rosario Denaro – fu la replica dei fratelli Spina al danno subito il giorno precedente.
Per quell’omicidio, i fratelli Spina sono stati condannati a 30 anni di reclusione. Di recente, i due giovani autori dell’omicidio di Pisellino hanno però ottenuto una riduzione di pena dopo una sorta di patteggiamento. La II Corte di Assise d’Appello gli ha inflitto 19 anni di reclusione, riducendo la pena di ben 11 anni. Uno dei fattori determinanti che fin dai primi momenti hanno portato i giudici a scongiurare la condanna all’ergastolo è la giovane età degli imputati.
Ragazzi difficili, figli di scelte sbagliate, cresciuti in quel Rione Conocal “diventato celebre” quando i carabinieri divulgarono le immagini che narravano le gesta dei giovani interpreti della malavita locale: le “stese” in pieno giorno e le piazze di spaccio a cielo aperto, gestite tra i giochi dei bambini. Immagini di guerriglia urbana che fecero il giro del mondo.
Un rione difficile e complesso, isolato e distaccato dal resto del quartiere, della città e del mondo, dove regnano regole ben precise e la lotta per sopravvivere porta quei giovani a maturare un’aggressività che spesso sfocia in cruenti fatti di sangue.
In questo scenario è ambientato l’omicidio di Emanuele Errico detto “pisellino”, il 19enne “affascinato” dalla camorra e dalle sue figure-simbolo, ma non a tal punto da scegliere la via dell’affiliazione.
Tra i suoi più cari amici spicca il nome di Mariano Abbagnara, un altro “ragazzo difficile” cresciuto in quel rione, attualmente in carcere per l’omicidio del 25enne Raffaele Canfora, personaggio che gravitava negli ambienti del gruppo della Vanella Grassi di Secondigliano, prima picchiato, poi punito con tre colpi di pistola e infine lasciato morire in auto, trasportato in giro per le strade dell’entroterra vesuviano, tra strazianti richieste di pietà, coperte da un’assordante musica techno.
Mariano, all’epoca dei fatti, aveva 17 anni. Raffaele era un suo amico, ma le regole della camorra vengono prima di tutto e chi sceglie quella strada sa di non avere amici. Raffaele fu ucciso per “regolare” degli attriti tra gruppi camorristici per il controllo dello spaccio di droga nell’area est di Napoli. La sera dell’omicidio, fu lo stesso Raffaele a prelevare in auto Mariano e i suoi ‘amici-carnefici’ dal rione Conocal di Ponticelli. Da Marianella – il quartiere in cui abitava – a Ponticelli, era giunto a bordo della sua Panda, per andare inconsapevolmente incontro alla morte. Con loro si spostò a Ercolano, dove fu ucciso.
Anche Emanuele Errico conosceva i suoi assassini e anche la sua morte è stata voluta per regolare dei “conti in sospeso” attendendosi ai più rigidi dogmi imposti dal “galateo della vita di strada”.
La camorra, in questo caso, fa solo da spettatrice al contenzioso nato tra giovani rapinatori dello stesso rione di Ponticelli: il Conocal.
Antonio Spina, soprannominato “o’ cecato” e suo fratello Nicola ed Emanuele Errico detto “pisellino” si conoscevano, si frequentavano ed erano “soci”. Entrambi erano cresciuti in quel contesto ed avevano intrapreso una “carriera” simile.
“Pisellino” era già stato pizzicato mentre spacciava e per questo stava scontando una pena ai domiciliari. La sera in cui venne ucciso violò le restrizioni previste da quel regime detentivo, come aveva fatto in altre circostanze, per mettere a segno furti e rapine. Anche la sera precedente all’agguato in cui ha perso la vita era uscito di casa per “dare una lezione” ai fratelli Spina, con i quali era entrato in rotta per questioni legate alla spartizione dei proventi dei furti dei motorini rubati e non solo. Insieme a Rosario Ciro Denaro, infatti, la sera del 25 aprile, il 19enne si recò nei pressi dell’abitazione degli Spina per dare fuoco agli scooter dei due fratelli, parcheggiati nell’androne del palazzo in cui vivevano. Le fiamme arrivarono ad intaccare anche alcuni appartamenti dell’edificio rimasto coinvolto nell’incendio, tant’è vero che il fumo costrinse alcuni parenti degli Spina ad abbandonare le abitazioni.
I fratelli Nicola ed Antonio, pur di risalire all’identità dei responsabili di quel raid, avviarono delle vere e proprie indagini che giunsero ad una svolta decisiva quando si fecero consegnare le immagini del sistema di videosorveglianza di un supermercato situato nei pressi della loro abitazione e che gli rivelò l’identità dei responsabili. I fratelli Spina riconoscono senza esitazioni “pisellino”, soprattutto grazie alla sua camminata “penzolante” che lo rendeva facilmente identificabile. Una volta appurato che Errico fosse l’autore del raid incendiario, i due fratelli decisero di attivarsi subito per chiudere definitivamente i conti con il 19enne. Nonostante fossero a conoscenza dell’esistenza di quella videocamera, i fratelli Spina decisero di agire, pur consapevoli del fatto che anche quella sequenza di morte sarebbe stata ripresa. Neanche l’idea di rischiare di trascorrere il resto delle loro vite in una cella bastò a dissuaderli dal compiere quell’agguato.
Il giorno seguente all’incendio doloso degli scooter di loro proprietà, i fratelli Spina attesero che il 19enne uscisse di casa ed entrarono immediatamente in azione. Emanuele Errico fu raggiunto da un proiettile alla schiena, mentre tentava di fuggire, invece, Rosario Ciro Denaro fu ferito ad una gamba.
Fu la madre di “pisellino” a riconoscere senza esitazioni uno degli assassini di suo figlio. La donna ha riferito agli inquirenti che negli istanti successivi all’agguato, allarmata dal rumore degli spari, recandosi in strada, notò un’auto blu allontanarsi dal luogo dell’accaduto a bordo della quale aveva riconosciuto due giovani: uno era Antonio Spina, seduto al lato del passeggero. La madre della vittima ha spiegato che suo figlio frequentava i fratelli Antonio e Nicola Spina e che ha riconosciuto Antonio perchè non di rado si era recato a casa sua in compagnia di suo figlio Emanuele.
Secondo quanto emerso dalle indagini, a premere il grilletto sarebbe stato proprio Antonio Spina. A dispetto dei 18 anni compiuti pochi giorni prima dell’agguato, “o’ cecato” sarebbe l’esecutore materiale dell’omicidio di “un amico”, un coetaneo che spesso frequentava e con il quale è entrato in conflitto per affermare la supremazia negli “affari” che conduceva insieme al fratello Nicola, già marito e padre di due bambine, nonostante i suoi 22 anni.
Prima amici e complici di furti e rapine, poi nemici e rivali per preservare i reciproci interessi e rivendicare la propria autorità, fino all’estremo epilogo. La spartizione del “bottino di caccia” al centro del contenzioso andato avanti per qualche tempo con una serie di rappresaglie, scaramucce e screzi. Il punto di non ritorno sancito dal raid incendiario perpetrato ai danni degli scooter degli Spina e sul quale i fratelli scoprirono che vi era la firma di “Pisellino” e Denaro. Da lì la decisione di farli fuori, punendo quell’ennesimo sgarro con la morte.
I fratelli Spina vengono decritti come due ragazzi completamente diversi, sia fisicamente che caratterialmente. Molto più spocchioso ed irriverente il 18enne Antonio, più riservato, ma ugualmente “motivato” negli affari, invece, Nicola.
Antonio Spina non era il classico bullo del quartiere. Era un ragazzino che alle minacce preferiva i fatti. Non di rado aveva dato libero sfogo alla sua personalità “cattiva e feroce”. Oltre a questo gli abitanti del Conocal non aggiungono altro, seppure addolorati per la morte del 19enne che, in sostanza, era un ragazzo predisposto a delinquere, ma non orientato ad entrare nell’orbita della malavita organizzata.
Ancora oggi, tra i grigi palazzoni di edilizia popolare regna ancora tanta paura e in molti manifestano ansia, inquietudine e timore nell’entrare nel merito della vicenda, guardandosi bene dall’esporsi al rischio di addentrarsi in racconti relativi alla vita e alla personalità dei fratelli Spina. Forse perchè il recente accoltellamento del fratello di “Pisellino” ha riaperto quella ferita, riportando a galla vecchi ricordi, vecchi scenari, forse mai del tutto superati.
Diversi i rumors di popolo che aleggiano intorno al ferimento di Luca Errico. Contrastanti tra loro, alcuni palesemente fantasiosi, ma anche questo fa parte dei fatti di ordinaria amministrazione che si avvicendando in un rione come il Conocal, all’indomani di un fatto di sangue. Le notizie fuorvianti sono quelle più cavalcate, con l’auspicio di depistare le indagini in corso, affinché ad avere la meglio sia sempre l’omertà, nell’ossequioso rispetto del codice d’onore della camorre, la legge che regna nei rioni come il Conocal.
L’unico dato certo è il ferimento di Luca Errico allunga la scia di sangue versato da giovani apparentemente estranei alle dinamiche camorristiche del quartiere. Appena una settimana fa, Rodolfo Cardone, un altro giovane, originario di un altro “rione difficile” di Ponticelli, il Rione De Gasperi, è stato ferito in un agguato.
Un trend tutt’altro che destinato ad arrestarsi e che consegna un tracciato inquietante del disagio generazionale manifestato dai “figli di quei rioni difficili” come il Conocal di Ponticelli, dove troppo facilmente uno screzio sfocia nel sangue.