Il clan De Luca Bossa, dopo anni bui, pregni di mortificazioni ed umiliazioni, è tornato sulla cresta dell’onda e insieme ai “clan alleati di Napoli est” attualmente domina la scena camorristica ponticellese. Un traguardo raggiunto faticosamente, grazie anche ad un inaspettato “colpo di fortuna”: il maxi-blitz che nel novembre del 2017 fece scattare le manette per le figure-simbolo del clan De Micco, sollevando il sodalizio camorristico in cui convergono i clan in declino della periferia orientale partenopea dallo scomodo e temuto rischio di affrontare a viso aperto i “Bodo”, molto meglio organizzati ed equipaggiati, sia in termini di reclute che di armi e munizioni.
La Polizia di Stato solleva così i De Luca Bossa dall’onere di impelagarsi in una faida di camorra non voluta e perfino temuta, consegnandogli involontariamente su un piatto d’oro l’irripetibile opportunità di affermare la propria egemonia per colmare quel vuoto di potere che si era venuto a generare per cause di forza maggiore. Con gli elementi di spicco della cosca dei tatuati dietro le sbarre e le poche, giovani ed inesperte reclute chiamate a difendere quello che resta del clan De Micco, per i clan alleati è fin troppo facile riappropriarsi del controllo camorristico di Ponticelli.
Un evento che scongiura una serie di pericoli, in primis, il tracollo della figura che ha dato il via a tutto: Antonio De Luca Bossa, detto “Tonino ‘o sicco”.
Autore del primo attentato stragista con autobomba in Campania, giunto al culmine di una lunga gavetta come macellaio del clan Sarno, Antonio De Luca Bossa è stato condannato all’ergastolo ed è ritenuto uno dei criminali più pericolosi della storia camorristica napoletana. Cinico e spietato, killer lucido e sanguinario, ha subìto e patito dietro le sbarre gli anni di magra del clan da lui stesso fondato.
Un boss, un capo che dentro e fuori dal carcere convive con la perenne ed ossessiva impellenza di sovvenzionare le quotazioni utili a legittimare ed accrescere la sua fama di leader della camorra. Un compito arduo, durante i periodi di ristrettezze economiche attraversati dal clan, tant’è vero che veniva deriso e schernito dagli altri detenuti.
Per sottrarlo a quelle mortificanti umiliazioni, la sua famiglia ha organizzato delle collette anche tra i residenti di quel Lotto O che per anni è stato il suo fortino, per fare in modo che il denaro raccolto potesse garantire a “‘o sicco” quel tenore di vita confacente ad un vero boss in regime detentivo.
Una verità che emerge dalle intercettazioni di un colloquio avvenuto in carcere tra la sorella di Tonino ‘o sicco, Anna De Luca Bossa e il fratellastro Christian Marfella, figlio della donna-boss Teresa De Luca Bossa e il boss di Pianura Giuseppe Marfella.
«Non abbiamo capito se si uccideva o si buttava (diventava collaboratore di giustizia, ndr) – sussurra la lady-camorra del Lotto O al fratellastro – Ha detto: io sono stanco, non ce la faccio più, ho perso la dignità… sono stato un mese senza soldi…. Vedo quelli scemi fuori alla cella che dicono prenditi un po’ di mangiare in più’. Ha detto che sta facendo tante figure di merda.
Ci siamo riuniti tutti quanti, ci siamo riuniti a casa. Abbiamo parlato…
Diamo 150 euro al mese. Adesso facciamo 50 euro ciascuno al mese… Io metto 50… Rosaria 50… Nanà e Alfonsina danno pure loro 30 euro a testa.. Raccogliamo sei, settecento euro al mese».
«Duecento euro li puoi prendere da sopra i soldi miei – replica Marfella, alludendo ai soldi che la famiglia provvede a passare anche a lui – Pensiamo ad Antonio adesso, speriamo che non faccia alcuna tarantella», poi chiede chiarimenti sul significato della preoccupante espressione usata dal fratello: «mi voglio buttare» .
Anna esclude subito che ‘o sicco possa passare dalla parte dello Stato e ritiene che quell’esternazione vada interpretata alla lettera. “Penso più che si vuole uccidere“, precisa.
Sventato il pericolo di un suicidio o di un improbabile pentimento, il clan fondato dal ras del Lotto O è tornato nuovamente in auge e la figura di Antonio De Luca Bossa gode in questo momento più che mai della fama del leader temuto e rispettabile, osannato e venerato anche dalla gente comune.
I De Luca Bossa, allo stato attuale, beneficiano di proseliti e consensi, oltre che di un atteggiamento di comoda omertà e connivenza che si spinge ben oltre il mero “non vedo, non sento, non parlo”, ma che vede tantissime persone rivolgersi con gesti e parole gentili, accomodanti, accondiscendenti ai signori della camorra del Lotto O. Uno scenario completamente ribaltato rispetto a quello vissuto negli anni bui del clan, quando tirare dritto ed evitare di salutare i membri di quella famiglia dal cognome così pesante era un atto liberatorio praticato con estrema disinvoltura.
Nessuno si oppone ai fragorosi spettacoli pirotecnici che animano le notti brave nel rione, nessuno contesta le feste e le serenate volute per festeggiare le scarcerazioni eccellenti e altre ricorrenze importanti in casa De Luca Bossa. Nessuno si macchia di quel genere di azioni che possono indispettire i De Luca Bossa che vivono così in un clima disteso, contornato da sorrisi e smancerie.
Lo scorso marzo, sul profilo social di una delle figlie di Antonio De Luca Bossa è apparsa perfino un’immagine inedita di Tonino ‘o sicco che ha consentito ai “followers” reali e virtuali di riaggiornare l’immagine del leader maximo del Lotto O. Barba e occhiali da vista, taglio di capelli “alla moda”, leggermente invecchiato e ben vestito, ‘o sicco appare disteso e sorridente accanto a suo nipote e non sembra passarsela male.
“Grande uomo number one”, “gli anni passano ma tuo padre è sempre uguale un grande uomo”, “il numero 1”, “sei il numero 1”, “tu uomo veramente quelli con le palle uomini come te non li fanno più tu il numero uno tony”, “top grande uomo tvb fratello”, “”un uomo vero a tutti gli effetti sei grande fratello mio”.
Sono solo alcuni dei commenti di amici, parenti e conoscenti che con gioia ed esaltazione hanno accolto la “riapparizione di Tonino ‘o sicco”, elogiandone le “virtù”.
Non è un mistero che i familiari dell’ex macellaio dei Sarno mirino ad uno sconto di pena, sperando di riuscire a riportarlo a casa per consentigli di “godersi i figli e i nipoti”. In più circostanze, i familiari hanno infatti ribadito la sua totale estraneità alle dinamiche camorristiche attuali e descrivono Antonio De Luca Bossa come un uomo provato dai decenni trascorsi in carcere e totalmente disinteressato ai “fatti di camorra”, tant’è vero che durante i colloqui “parla solo dei nipoti e dei figli”.
Lo stesso nipote ritratto in foto insieme al nonno ergastolano, lo scorso carnevale ha vestito i panni del “boss”, con tanto di mitraglietta giocattolo in bella mostra.
Il ritorno, seppur solo virtuale del leader incontrastato del clan da lui stesso fondato nel Lotto O di Ponticelli, ha suscitato reazioni forti, tra vecchi ricordi e proiezioni future nelle quali in tanti si sono avventurati provando ad ipotizzare cosa potrebbe accadere, laddove Tonino ‘o sicco tornasse nel “suo rione”.
Un’immagine carica di suggestioni che ha intimorito e non poco anche quella frangia di popolazione estranea alle dinamiche camorristiche, preoccupata dall’apparizione di quel fantasma che dai meandri della cella in cui è relegato da decenni è tornato ad aleggiare sul Lotto O.
E’ così che repulsione e reticenza si sono trasformati rapidamente in proseliti, sorrisi e consensi.