In data odierna i militari del Nucleo Operativo di Castello di Cisterna hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale di custodia in carcere – emessa dal G.I.P. dei Tribunale di Napoli su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia – nei confronti di due indagati, ritenuti gravemente indiziati, in concorso tra loro e con i collaboratori di giustizia Cristiano Piezzo, Massimo Pelliccia e Tommaso Schisa, del reato di “scambio elettorale politico-mafioso” ed anche di “corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso”, commessi a Marigliano, dall’ottobre 2014 al giugno 2015.
I due indagati sono Antonio Carpino, avvocato penalista e sindaco in carica del Comune di Marigliano, e Luigi Esposito, detto “lo sciamarro”, stimato essere il reggente del cosiddetto clan dei mariglianesi e attualmente detenuto in regime di 41 bis.
Carpino, esponente del Pd, è stato di recente ricandidato dai Dem alla guida del Comune, un grosso centro in provincia di Napoli.
Il Pd Napoli commenta la notizia dell’arresto con una nota: “La notizia dell’arresto di Antonio Carpino ci colpisce duramente: nessuno avrebbe immaginato i fatti che lo hanno determinato. Abbiamo totale fiducia nella magistratura e siamo certi che svolgerà con rapidità il suo lavoro di approfondimento delle accuse, anche alla luce della ricostruzione alternativa degli elementi che il sindaco Carpino, come pure auspichiamo, fornirà. Ci aspettiamo che tale ricostruzione possa chiarire le gravissime contestazioni che oggi gli sono mosse”.
Quando il boss Luigi Esposito detto ‘o sciamarro, uomo del clan Mazzarella a Marigliano, decise nel 2015 di organizzare la scissione dal suo stesso clan per prendersi tutta l’area, aveva ben chiaro il destino dei suoi ex affiliati diventati collaboratori di giustizia: Cristiano Piezzo che un tempo era il suo braccio destro, molto vicino al gruppo Autore, mentre Massimiliano Pelliccia era il cognato. O’ sciamarro ordinò la morte delle due pedine cruciali del clan, temendone palesemente le rivelazioni, una volta appresa la notizia del loro pentimento, ma non fece in tempo a concretizzare il piano criminale finalizzato ad uccidere i suoi ex gregari, perchè fu arrestato. Un’altra stangata, lo sciamarro l’ha ricevuta da un altro elemento importante della famiglia: Tommaso Schisa, il marito di sua figlia, nonchè figlio dell’ex Sarno Roberto Schisa e della Pazzignana del Rione De Gasperi di Ponticelli Luisa De Stefano, condannata di recente all’ergastolo insieme ad altre 7 persone per l’omicidio del boss dei Barbudos Raffaele Cepparulo, in cui perse la vita anche il 19enne Ciro Colonna, vittima innocente della criminalità.
Tommaso Schisa, detto ‘o muccusiello, è stato per diversi anni il tuttofare dello sciamarro, nonchè l’anello di congiunzione tra il clan retto dalla madre, in seguito all’arresto del padre, e l’organizzazione capeggiata dal suocero.
Per questo motivo, il pentimento del giovane, maturato meno di un anno fa, aveva destato non poco timore, non solo tra le compagini camorristiche di Napoli est, ma anche nell’entroterra vesuviano, nella zona di stretta competenza di quel suocero sul quale, le dichiarazioni rese da Schisa e da altri due collaboratori di giustizia, hanno riacceso nuovamente i riflettori degli inquirenti.