All’indomani della vittoria della Coppa Italia, conquistata dal Napoli allo stadio Olimpico, battendo la Juventus ai calci di rigore, a tenere banco sono le polemiche e le aspre critiche mosse ai tifosi azzurri per i festeggiamenti che hanno animato la serata di mercoledì 17 giugno, senza tener conto delle normative anticontagio tuttora in vigore.
Assembramenti, caroselli, capannelli ingestibili di gruppi di nutriti gruppi di persone che si sono riversate in strada, in tanti senza indossare la mascherina, baci, abbracci: come se il coronavirus non avesse mai manifestato la sua temibile presenza all’ombra del Vesuvio.
Immagini che hanno animato il dibattito in corso sull’efficacia e l’utilità delle normative ancora vigenti per prevenire il contagio da Covid-19 e che hanno innescato diversi botta e risposta nel mondo politico.
“Sciagurati. Cosa vuole che le dica… Fa veramente male vedere queste immagini”. Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), commenta così le immagini dei festeggiamenti dei tifosi del Napoli.
“In questo momento non ce lo possiamo permettere, per fortuna è accaduto a Napoli. Il governatore, il sindaco hanno messo in atto misure di controllo estremamente rigide e l’incidenza del virus è stata minore rispetto ad altri luoghi. Però vi ricordo ancora quanto ha contato la partita dell’Atalanta, all’inizio dell’epidemia, per quanto riguarda l’impatto immediato”, ha affermato ripensando al match Atalanta-Valencia giocato a febbraio a San Siro.
“Non vorrei che riprendessimo” con comportamenti errati “proprio nel momento in cui il Comitato Tecnico Scientifico ha cercato di accogliere le proposte della Figc per non limitare al massimo l’indotto del calcio nel nostro paese, come sarebbe invece suggerito da scienza e coscienza medica”, ha aggiunto il direttore aggiunto dell’Oms.
Immediata la replica del primo cittadino di Napoli, Luigi de Magistris che ha definito invece la festa dei napoletani “il contagio della felicità”. Preferisce non rispondere alle domande dei giornalisti, ma diffonde un lungo comunicato: “Ormai dai primi di giugno a Napoli c’è contagio zero e ieri sera in piazza c’erano solo napoletani. Inoltre non capisco chi sarebbe dovuto intervenire: dovremmo fare appello al lanciafiamme rimasto senza fuoco del presidente della Regione? Né tantomeno ritengo che si potesse ipotizzare che le forze dell’ordine intervenissero a separare le persone con il battipanni”.
Per una volta, il pensiero del primo cittadino di Napoli sembra essere in linea con quello del governatore campano, non solo per i toni folkloristici.
Vincenzo De Luca, dal suo canto, si è rifiutato di parlare degli assembramenti, ma lo farà oggi, nel corso della consueta conferenza stampa del venerdì. La versione informale della Regione Campania è questa: il “lanciafiamme” è rimasto nel cassetto perché non ce n’è più bisogno. In Regione i nuovi casi sono praticamente azzerati, dalla prossima settimana cadrà anche l’obbligo di portare la mascherina all’aperto. E la linea di De Luca, coincide a sua volta con quella di Prefettura e Viminale.
Nessun caso – sostengono fonti della polizia locale – sarebbe stato impossibile predisporre forze dell’ordine in tutta la città per impedire raggruppamenti spontanei, non annunciati. Gli agenti impiegati, oltre un centinaio, si sono concentrati sul mantenimento dell’ordine pubblico (messo a dura prova) invece che su impossibili sanzioni per evitare gli assembramenti. Anche dagli uffici del ministero dell’Interno declinano ogni responsabilità: non si può interferire sul diritto delle persone di manifestare. Vale per le piazze della politica come per quelle dei tifosi.