Lo stilista Giorgio Armani sempre più icona di stile, non solo per quanto riguarda abiti e collezioni.
Durante l’emergenza coronavirus Giorgio Armani ha saputo contraddistinguersi in diverse situazioni. Innanzitutto è stato uno dei primissimi a non sottovalutare la situazione del coronavirus, tanto da decidere di presentare la sua nuova collezione a porte chiuse durante il consueto ed attesissimo appuntamento con la Milano Fashion Week. Non appena l’emergenza è entrata nel vivo, il noto stilista ha donato 1,250 milioni di euro agli ospedali e infine ha convertito la produzione di tutte le sue fabbriche per realizzare camici monouso per medici e infermieri.
Di recente, Armani ha scritto una lettera pubblicata sulla rivista settoriale WWD Women’s Wear Daily, molto letta dagli addetti ai lavori. Una lettera che richiama ai valori e impone di ridisegnare le priorità. Armani ha fatto delle riflessioni molto importanti sul presente ma anche sul futuro del suo settore che dopo questa esperienza dovrà senza dubbio cambiare. Ricordiamo che nel mese di marzo, le imprese italiane della moda si sono viste azzerare i fatturati, con la merce bloccata nei negozi chiusi almeno fino al prossimo 4 maggio, e le stime di Federazione Moda Italia fanno prevedere un calo di almeno il 50% degli incassi per il 2020 motivo per cui – dopo aver riconvertito le produzioni per fare camici e mascherine – bisogna ripensare a come ripartire.
“Il declino del sistema moda, – si legge nella lettera scritta da Giorgio Armani – per come lo conosciamo, è iniziato quando il settore del lusso ha adottato le modalità operative del fast fashion con il ciclo di consegna continua, nella speranza di vendere di più…Io non voglio più lavorare così, è immorale.
Non ha senso che una mia giacca, o un mio tailleur vivano in negozio per tre settimane, diventino immediatamente obsoleti, e vengano sostituiti da merce nuova, che non è poi troppo diversa da quella che l’ha preceduta. Io non lavoro così, trovo sia immorale farlo. Ho sempre creduto in una idea di eleganza senza tempo, nella realizzazione di capi d’abbigliamento che suggeriscano un unico modo di acquistarli: che durino nel tempo. Per lo stesso motivo trovo assurdo che durante il pieno inverno, in boutique, ci siano i vestito di lino e durante estate i cappotti di alpaca, questo per il semplice motivo che il desiderio d’acquisto debba essere soddisfatto nell’immediato. Chi acquista i vestiti per metterli dentro un armadio aspettando la stagione giusta per indossarli? Nessuno, o pochi, io credo. Ma questo sistema, spinta dai department store, è diventata la mentalità dominante. Sbagliato, bisogna cambiare, questa storia deve finire.