Una ricerca pubblicata oggi sulla rivista ‘Science’ rivela le abitudini alimentari dell’uomo di Neanderthal, capace di procurarsi alimenti di origine marina già 100mila anni fa.
Molluschi, crostacei, uccelli marini, foche, cervi, tartarughe e persino pinoli: una dieta ricca e varia, quella dei neandertaliani.
Lo studio, coordinato dall’archeologo portoghese João Zilhão insieme a Diego E. Angelucci dell’Università di Trento sui reperti rinvenuti in una grotta vicino a Lisbona, rivaluta le capacità intellettive dei Neanderthal. Dallo studio emerge che possedevano un discreto sviluppo tecnologico, erano capaci di attribuire significato simbolico alle cose e avevano familiarità con il mare e le coste.
Una grotta seminascosta in un promontorio a picco sul mare a sud di Lisbona custodisce indizi di un insediamento di circa 100mila anni fa, dove sono stati scoperti i resti di un ambiente vissuto e di un pasto. La grotta di Figueira Brava a sud di Lisbona ha svelato a un gruppo di archeologi il suo tesoro: informazioni uniche sulla dieta, sui comportamenti e le caratteristiche dei neandertaliani.
Un “menù di terra e di mare”, quello scovato nella grotta di Figueira Brava si trova lungo la costa rocciosa che delimita la Serra da Arrábida, nelle vicinanze della città di Setúbal, 30 km a sud di Lisbona. La grotta è stata frequentata da gruppi di neandertaliani per un arco di tempo intorno ai ventimila anni durante l’ultimo interglaciale, tra circa 106mila e 86mila anni fa.
La grotta che oggi è situata lungo la linea di costa, si trovava più lontana dal mare quando fu occupata dai neandertaliani, a una distanza variabile tra 750 m e 2 km. Malgrado ciò, il “menu” quotidiano dei neandertaliani che abitarono Figueira Brava era molto vario, con risorse alimentari di origine marina ben rappresentate che costituivano, con ogni probabilità, una componente significativa della dieta neandertaliana, se non maggioritaria.
Nel ‘menù’ si trova infatti una quantità rilevante di cibi provenienti dal litorale o dal mare: molluschi (cozze, vongole e patelle), crostacei (granceole e altri granchi), pesci (squali come lo smeriglio – il cosiddetto vitello di mare – e la verdesca, ma anche anguille, orate, gronghi, cefali), vari uccelli marini o acquatici (tra cui germani reali, oche selvatiche, sule, cormorani, gazze marine, garzette e altri) e mammiferi marini (delfini e foche grigie).
Ai resti di pasto provenienti dalla costa si aggiungono prodotti della caccia, che includeva il cervo, lo stambecco, il cavallo, l’uro e piccole prede quali la tartaruga terrestre. Notevole anche l’utilizzo di risorse vegetali. Tra i resti carbonizzati sono state riconosciute varie specie tipiche dell’ambiente mediterraneo (l’olivastro, la vite selvatica, il fico, diverse specie di quercia) e in particolare il pino domestico, di cui sono stati rinvenuti in scavo frammenti di legno, ma soprattutto resti di pigne e gusci di pinoli.