Il Real Sito di Carditello, da simbolo di degrado ed abbandono nella Terra dei Fuochi, sempre più luogo di rinascita, inclusione sociale e solidarietà. Una sfida ambiziosa che, grazie al supporto delle istituzioni e dei principali attori sociali, si pone l’obiettivo di condividere progetti di accoglienza e di sviluppo sostenibile sul territorio.
Entra nel vivo, dunque, il programma Carditello Solidale che – domenica 15 dicembre, alle ore 10.30, presso il Real Sito di Carditello a San Tammaro (CE) – presenta la manifestazione “I curdi: un popolo dimenticato”, alla presenza di Yilmaz Orkan, esponente nazionale UIKI (Ufficio per l’Informazione del Kurdistan in Italia) e Carmine Malinconico, responsabile regionale Rete Kurdistan Italia.
“Secondo l’UNESCO – spiega Roberto Formato, direttore Fondazione Real Sito di Carditello – i beni culturali vanno considerati un motore dello sviluppo sostenibile del territorio, avendo relazioni non solo con l’economia ed il turismo, ma anche con l’inclusione e la qualità della vita. Dal punto di vista sociale, sono vitali spazi pubblici che si rivolgono alla comunità e quindi possono svolgere un ruolo importante nello sviluppo dei legami e della coesione, nella costruzione della cittadinanza e nella riflessione sulle identità collettive. E’ questa la nostra visione strategica per Carditello“.
Dopo l’accordo di collaborazione tra la Fondazione Real Sito di Carditello e lo SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) – che ha consentito al rifugiato senegalese Dahaba Mamadou Lamin di avviare a Carditello un tirocinio con la mansione di aiuto stalliere – un’altra importante opportunità di confronto.
Al centro del dibattito, il popolo curdo, la politica militare della Turchia, la situazione dei campi profughi e l’atteggiamento dell’Europa.
“La nostra posizione in ordine alla guerra di aggressione della Turchia all’Autonomia del Nord-Est della Siria – afferma Yilmaz Orkan, in rappresentanza della Rete per il Kurdistan Italia – ha come primo punto il rilievo dell’atteggiamento, che critichiamo fortemente, degli Stati-Nazione a livello locale, come l’Iran e l’Arabia Saudita, e a livello globale, come la Russia e gli Stati Uniti, che hanno utilizzato lo scacchiere mediorientale per ridisegnare le gerarchie mondiali, con la prevalenza dell’una o dell’altra, ma sempre con il sacrificio dei popoli. Anche il terrorismo jihadista si è mosso come una potenza globale e ha tentato di creare il suo regime d’odio e di ferocia antipopolare in Medio Oriente, assoggettando i popoli a condizioni di vita e di lavoro semi schiaviste“.
In questo scenario, l’Amministrazione autonoma della Siria del Nord-Est, conosciuta più semplicemente come Rojava, rappresentava una anomalia assoluta: basata sulla convivenza pacifica di popoli (curdi, arabi, armeni, assiri, circassi, turcomanni, ecc.) e religioni diverse (musulmani, cristiani, yazidi, ebrei) presenti nel nord della Siria, secondo regole di democrazia diretta e partecipata, e fondata sull’assoluta parità di genere e sul grande protagonismo delle donne, con un’economia cooperativistica e solidale fortemente orientata all’ecologia.
“L’Autonomia democratica mirava a portare fuori dalle condizioni di miseria e di privazione i popoli del Medio Oriente, con l’ambizione di essere un esperimento sociale utile per tutti i popoli del mondo. Il regime autoritario di Erdogan non poteva sopportare che vi fosse, così vicino, un esempio pericoloso e per questo ha reagito con la guerra di aggressione. Quel che più addolora, è l’incapacità dell’Europa, patria della libertà, della democrazia, della solidarietà sociale, di reagire adeguatamente a questa barbarie. Un silenzio assordante o poche deboli parole pronunciate dai Paesi europei, messi sotto ricatto da Erdogan con la minaccia di dirottare in Europa una marea di profughi. Questo silenzio non fa onore all’Europa – conclude Yilmaz Orkan – ed è per questo che crediamo sia un compito fondamentale per l’opinione pubblica democratica fare pressione sui propri governi affinché la condanna della guerra d’invasione sia concreta, non si vendano più armi alla Turchia e sia imposta la no-fly zone sul nord della Siria per impedire che gli aerei turchi bombardino scuole, ospedali e campi profughi come accade quotidianamente“.
Nel corso dell’evento, moderato dal giornalista de Il Mattino Claudio Coluzzi, saranno presentati i reportage di alcuni registi curdi ed il documentario “Primavera in Kurdistan” di Stefano Savona.
Insieme agli esponenti del Kurdistan in Italia, Yilmaz Orkan e Carmine Malinconico, interverranno Amedeo Ricucci, inviato Rai in zone di guerra; Mauro Di Vieste, direttore della Biblioteca Culture del Mondo e presidente dell’Associazione per i Popoli minacciati; Maria Grazia Caso, presidente del Mediterraneo Video Festival; Giuseppe Limone, prof. di Filosofia del Diritto e della Politica, Università degli studi Vanvitelli; Roberto Formato, direttore della Fondazione Real Sito di Carditello; e Luigi Nicolais, presidente della Fondazione.
L’incontro dedicato al popolo curdo sarà anticipato, alle ore 9.30, da una solenne cerimonia in memoria di Don Peppe Diana, il parroco assassinato dalla camorra per il suo impegno antimafia, nell’anno in cui si celebra il XXV anniversario della sua morte.
“Siamo felici e onorati – spiega Valerio Taglione, presidente del Comitato Don Peppe Diana – Carditello è un luogo molto caro a Don Diana, che ha vissuto lì. Questa iniziativa è il segno tangibile dell’amore che aveva verso la natura e verso il proprio territorio“.
A Don Peppe Diana, che frequentava Carditello anche in qualità di capo scout, sarà intitolato il bosco di cerri della Reggia dei Borbone. Una grande area pic-nic, aperta a famiglie e bambini, simbolo della natura che non si arrende e che restituisce alla comunità un luogo di pace ed una terra di lavoro. Presenti anche i familiari di Don Peppe Diana ed il testimone dell’omicidio Augusto Di Meo.