Malgrado il clima di calma apparente, quelle che si stanno alternando all’ombra del Vesuvio sono giornate piuttosto turbolente, in particolar modo a Ponticelli e non per ragioni strettamente correlate ai massicci temporali che sembrano non voler dare tregua ai napoletani.
Sul fronte camorristico, seppure in assenza di “stese” e di azioni fragorose ed eclatanti, si registrano continue fibrillazioni: pochi giorni dopo il pestaggio subito in strada a Marigliano dall’attuale compagno della ex moglie del neopentito Tommaso Schisa, un altro scossone turba la quiete dei clan all’ombra del Vesuvio.
Il primogenito dell’ex affiliato al clan Sarno Roberto Schisa e della “pazzignana” Luisa De Stefano – condannata all’ergastolo lo scorso settembre – dall’estate scorsa è diventato un collaboratore di giustizia e, malgrado i tentennamenti iniziali, seguita a riferire agli inquirenti tutto quello che sa sulle cosche di Ponticelli e di Marigliano, suo comune di residenza, dove per diverso tempo ha curato gli interessi della famiglia.
L’attesa si fa sempre più snervante tra gli interpreti della malavita che temono di finire nel mirino degli inquirenti in virtù di quanto riferito da “o’ muccusiello”, – questo il soprannome di Tommaso Schisa – ma c’è dell’altro.
Un altro alone di mistero aleggia tra i palazzoni del Lotto O e le case decrepite del Rione De Gasperi già da qualche giorno, ovvero da quando i parenti di Luisa De Stefano giunti nel carcere dove la donna è detenuta per tenere il consueto colloquio, si sono visti negare questa possibilità.
Colloqui bloccati, dunque, per la madre del neopentito Tommaso Schisa, condannata all’ergastolo lo scorso settembre, insieme ad altre sette persone, per l’omicidio Colonna-Cepparulo. Bloccato anche l’invio delle lettere dal carcere.
Un diniego che sta tenendo con il fiato sospeso tutti gli esponenti di spicco della malavita ponticellese, per un motivo ben preciso: la legge prevede che ad un detenuto venga impedito di effettuare i colloqui, in particolare, per due ragioni specifiche.
La prima è la ricezione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, in tal caso, alla persona raggiunta dal provvedimento vengono bloccati i colloqui in carcere per due settimane.
La seconda ipotesi potrebbe fare spazio all’ennesimo colpo di scena: l’eventuale scelta della De Stefano di seguire la strada intrapresa dal figlio e diventare una collaboratrice di giustizia a sua volta. Anche se è prematuro avanzare ipotesi certe, la mancata possibilità di incontrare la donna detenuta in carcere e condannata all’ergastolo lo scorso settembre, tanto inaspettata quanto difficile da motivare, ha allarmato e non poco i parenti che l’estate scorsa hanno appreso che Tommaso Schisa era passato dalla parte dello Stato, proprio in seguito ad una serie di colloqui negati.
Luisa De Stefano, camorrista tutta d’un pezzo, che fonda il suo credo di madre e di lady-camorra sul dictat “meglio morire che tradire”, agli occhi di “fedelissimi” e parenti, appare una figura che difficilmente potrà vacillare, anche al cospetto di una condanna che la obbligherà a trascorrere il resto della vita in carcere. Tuttavia, chi conosce bene la matrona del Rione De Gasperi di Ponticelli, sa che il suo punto debole è proprio il figlio Tommaso. Un legame forte e indissolubile, come solo quello tra una madre e un figlio sa esserlo, suggellato da un enorme tatuaggio che “la pazzignana” ha scalfito sull’avambraccio destro: “Tommy”, il nome abbreviato del primogenito cresciuto senza un padre, perchè condannato al carcere in seguito alle dichiarazioni rese dagli ex Sarno e che mai ha rinnegato il codice d’onore della malavita. Anche e soprattutto per questa ragione, la De Stefano non avrebbe mai ipotizzato che suo figlio, “orfano” di padre per effetto dell’operato dei pentiti, potesse arrivare a tradire il sistema. Tuttavia, proprio l’idea di non poter più abbracciare quel figlio che tanto ama, contestualmente alla possibile conferma della condanna in appello, potrebbero portare la donna a decidere di imitare il gesto del figlio, pentendosi a sua volta. Ammesso che non l’abbia già fatto e per questo ai parenti non è stato accordato il permesso di incontrarla.
Seppure in questa fase nessuna ipotesi può essere esclusa, anche che alla base del blocco dei colloqui vi sia un mero intoppo di carattere burocratico, l’unico dato certo è che questo diniego ha destato non poco allarmismo, non solo tra i parenti della De Stefano, ma anche tra le figure camorristiche di spessore che seguono con il fiato sospeso le concitate fasi che si stanno alternando da quando Tommaso Schisa è passato dalla parte dello Stato, in attesa di conoscere le conseguenze che scaturiranno, in termini di arresti, dalle dichiarazioni rese dal giovane.