Un messaggio anonimo inviato alla nostra redazione: “Ecco il vero motivo del pentimento di Tommaso Schisa, il tradimento della moglie”, con tanto di immagine a corredo dell’ormai ex moglie del rampollo della famiglia Schisa e del suo attuale compagno, vittima di un’aggressione in strada a Marigliano, lo scorso sabato 16 novembre, proprio perchè chi teme le conseguenze delle rivelazioni che il giovane sta rilasciando agli inquirenti, identifica in quella coppia la causa di tutti i mali.
Figlio della “pazzignana” Luisa De Stefano – attualmente detenuta e condannata all’ergastolo – e dell’ex Sarno Roberto Schisa, Tommaso Schisa è stato condannato a 13 anni di carcere lo scorso luglio. Cresciuto nel rispetto del verbo della camorra, la vita del 28enne, finora, è stata ciclicamente scandita da periodi più o meno lunghi di detenzione, alternati a scampoli di libertà, trascorsi addentrandosi nelle dinamiche camorristiche di Ponticelli e di Marigliano, suo comune di residenza.
L’estate targata 2019 è stata segnata dalle pesanti condanne inferte ad alcuni esponenti di spessore del cartello criminale d’appartenenza del giovane Schisa, in primis il carcere a vita per sua madre, Luisa De Stefano, per aver partecipato alle varie fasi dell’agguato che portarono alla morte del boss dei Barbudos, Raffaele Cepparulo, e del 19enne Ciro Colonna, vittima innocente della criminalità. Altre sette persone riconducibili al cartello criminale Minichini-Schisa-De Luca Bossa-Rinaldi sono state condannate all’ergastolo per lo stesso duplice omicidio. Una sentenza che ha inferto una dura stangata al sodalizio camorristico che dal novembre 2017, in seguito al blitz che decapitò il clan De Micco, deteneva il controllo di Ponticelli. Una crisi della quale hanno risentito soprattutto gli affiliati in carcere, perchè costretti a vivere in regime di ristrettezze economiche.
Quest’ultimo aspetto ha concorso ad indebolire, giorno dopo giorno, la tempra camorristica di Tommaso Schisa, contestualmente al certosino lavoro praticato dalla moglie che durante i colloqui in carcere ha iniziato ad attuare la sua “vendetta”, convincendo il giovane a pentirsi, prospettandogli il desiderio di una nuova vita insieme, lontano da tutto e tutti, senza aspettare che scontasse l’ennesima pena detentiva.
In realtà, la donna aveva in mente un piano ben preciso, dettato da un lucido desiderio di vendetta: in passato, Tommaso Schisa l’aveva tradita con sua cugina. Un boccone troppo amaro da mandare giù. E così, nel corso degli anni, la donna avrebbe finto di aver superato e perdonato quel tradimento, mentre seguitava a bramare vendetta. Proprio nel recente clima di difficoltà e tensione che ha segnato le sorti della famiglia Schisa, la donna ha identificato l’humus ideale nel quale far attecchire il suo piano. Dapprima ha indotto il giovane a collaborare, per poi rifiutare il programma di protezione, prendendo così pubblicamente le distanze da quella clamorosa decisione maturata dal suo coniuge.
Agli agenti che hanno bussato alla sua porta per prospettargli la possibilità di trasferirsi in località protetta, la giovane donna avrebbe spiegato che, forte della posizione del padre, detenuto in regime di 41 bis, preferiva seguire “la linea di sangue” e voltare le spalle a suo marito, pur di non tradire “il sistema”. Un pentimento clamoroso quello di Tommaso e che, in effetti, ha sorpreso e turbato gli interpreti della malavita vicini agli Schisa, una famiglia “d’onore” che anche in seguito al pentimento delle figure di spessore del clan Sarno, non ha mai vacillato, non lasciandosi mai sfiorare dall’ipotesi di rinnegare la camorra per passare dalla parte dello Stato.
Una vendetta definitivamente compiuta quando negli ambienti malavitosi di Marigliano e di Ponticelli si è diffusa la notizia che la moglie di Tommaso Schisa stesse intrattenendo una relazione extraconiugale con un altro uomo. Un tradimento del quale il neocollaboratore di giustizia avrebbe avuto notizia solo dopo l’aggressione subita dal nuovo compagno dell’ormai ex moglie, lo scorso sabato 16 novembre, nonostante la forte ostentazione della relazione da parte della neo-coppia, soprattutto sui social network. I due avrebbero iniziato a frequentarsi dallo scorso luglio, quindi contestualmente alla condanna a 13 anni di carcere inferta a Tommaso Schisa e prima ancora che la maglie convincesse il giovane a passare dalla parte dello Stato.
Nei giorni precedenti all’aggressione, F.C., l’uomo legato sentimentalmente alla moglie di Schisa e che risulta estraneo alle dinamiche camorristiche, aveva pubblicato sul suo profilo di facebook dei post presumibilmente in risposta a minacce ed insulti rivolti a lui e alla sua nuova compagna, poi rimossi in seguito al pestaggio subito sabato scorso: “Quando due cuori si vogliono, altri cento non possono nulla”, “fate presto a giudicare una donna e a dargli della p*****a” ed altre frasi analoghe, chiaramente riconducibili alla tribolata love story che sta vivendo con la moglie dell’ex rampollo del clan Schisa.
Seppure provato dalla condotta della moglie, Tommaso Schisa non ha mai deciso di ritrattare – seppure negli ambienti della malavita ponticellese per un lungo periodo si era diffusa questa convinzione – ed è intenzionato a portare avanti il percorso intrapreso dalla parte dello Stato, seppure la sua famiglia abbia prontamente preso le distanze da lui e dalla sue scelte.
Un episodio in particolare si sarebbe rivelato cruciale nel portare Tommaso Schisa a passare dalla parte dello Stato: il giovane in carcere disponeva di un telefono cellulare che gli permetteva di alleviare i disagi peculiari della carcerazione, riuscendo a comunicare con amici e parenti. Quando, nel corso di una perquisizione in cella, gli agenti penitenziari hanno trovato quel cellulare e lo hanno sequestrato, il giovane Schisa è stato condotto in isolamento e da quel momento è sprofondato nel baratro, sopraffatto da mille pensieri. In quella bolgia di privazioni e stati d’animo contrastanti, ha deciso di aggrapparsi all’unica ancora di salvezza afferrabile diventando un collaboratore di giustizia.
Il giovane Schisa seguita a sperare che la madre possa emulare il suo esempio, comprendendo che quella è l’unica strada perseguibile per ricongiungere la famiglia, seppure, fonti vicine a Luisa De Stefano affermano che la donna sarebbe capace di impiccarsi in cella, pur di non tradire la camorra ed infliggere così l’ultima e “fatale” lezione di vita a suo figlio.
Di contro, diverse figure di spessore, legate alla famiglia Schisa-De Stefano, sembrano destinate ad avere i giorni contati, in primis, le zie di Tommaso Schisa e gli altri parenti, tuttora dediti alle attività di spaccio di stupefacenti e non solo. Le manette potrebbero scattare anche per l’ex compagna di uno altro ras di spicco del cartello criminale Minichini-Schisa che attualmente gestisce le imprese di pulizie alle quali la camorra ha concesso “l’appalto” delle pulizie dei palazzi dei rioni di edilizia popolare di Ponticelli sotto il loro controllo. Un business redditizio, come comprovano le foto delle banconote pubblicate sui social dalla donna per ostentare potere e ricchezza.
Un dettaglio tutt’altro che trascurabile sembra ridimensionare le convinzioni di chi ipotizza che il giovane rampollo di casa Schisa possa essere più addentrato nelle dinamiche camorristiche mariglianesi che in quelle ponticellesi: nel 2017, in seguito al declino del clan De Micco, insieme a Michele Minichini, Tommaso Schisa fu la figura-simbolo delle azioni criminali ordite per consentire alla sua famiglia di tornare a ricoprire un ruolo di primo ordine nell’ambito del contesto camorristico di Napoli est. Osannato come un vero e proprio idolo dai giovani in odore di camorra di Ponticelli, Tommaso Schisa decise di schierarsi in prima linea, per ricoprire un ruolo da protagonista nella “scalata al potere” contro gli odiati nemici del “clan dei tatuati”.