Non tutti sanno che il 13 novembre si celebra la Giornata Mondiale della Gentilezza.
Questa particolare ricorrenza si festeggia dal 1998 in tutto il mondo come World Kindness Day. Nata in Giappone grazie al Japan Small Kindness Movement, fondato nel 1988 a Tokyo da una costola del primo gruppo di organizzazioni riunito nel 1996 nel World Kindness Movement (il Movimento mondiale per la Gentilezza). Un Movimento che di anno in anno si è diffuso in ogni continente fino a diventare parte integrante della nostra società. In Italia, questa ricorrenza, si celebra dal 2000. Tantissimi i comuni italiani, le imprese e le attività commerciali che oggi aderiscono alla ricorrenza con iniziative originali.
In realtà, il 13 novembre è il giorno clou della Settimana Mondiale della Gentilezza, che in tutto il mondo viene dedicata alla divulgazione di quel che davvero significa essere gentili. E cioè comportarsi in modo da mettere al centro la cura e l’attenzione per gli altri.
In una società sempre più sopraffatta dall’opportunismo e dalla scostumatezza, vale la pena di celebrare questa giornata focalizzandosi sul significato del termine gentilezza, quale sinonimo di cortesia, buona educazione, buone maniere. E’ un’attitudine che tutti possediamo ma, purtroppo, usiamo molto poco. Può sembrare strano indire una giornata mondiale per ricordarci di essere gentili o per farci riflettere sull’importanza di un gesto, eppure questa circostanza ci impone di soffermarci a ricordare che le buone maniere possono salvare il mondo al giorno d’oggi.
In occasione della Giornata Mondiale della Gentilezza, condividiamo un brano di Eugenio Borgna, psichiatra fenomenologo, che vede la gentilezza come un ponte che mette in relazione:
«La gentilezza ci consente di allentare le continue difficoltà della vita, le nostre e quelle degli altri, di essere aperti agli stati d’animo e alla sensibilità degli altri, di interpretare le richieste di aiuto che giungano non tanto dalle parole quanto dagli sguardi e dai volti degli altri: familiari, o sconosciuti. La gentilezza è un fare e un rifare leggera la vita, ferita continuamente dalla indifferenza e dalla noncuranza, dall’egoismo e dalla idolatria del successo, e salvata dalla gentilezza nella quale confluiscono, in fondo, timidezza e fragilità, tenerezza e generosità, mitezza e compassione, altruismo e sacrificio, carità e speranza. La gentilezza è come un ponte che mette in relazione, in misteriosa e talora mistica relazione, queste diverse disposizioni dell’anima: queste diverse forme di vita: queste diverse emozioni. Ma la gentilezza è un ponte anche perché ci fa uscire dai confini del nostro io, della nostra soggettività, e ci fa partecipare della interiorità, della soggettività, degli altri; creando invisibili alleanze, invisibili comunità di destino, che allentano la morsa della solitudine, e della disperazione, aprendo i cuori ad una diversa speranza, e così ad una diversa forma di vita».