Anche i detenuti sottoposti all’ergastolo ostativo possono accedere a dei permessi premio: lo ha stabilito la Corte costituzionale, dichiarando illegittimo l’articolo 4 bis comma 1 dell’ordinamento penitenziario.
Allo stesso modo poco tempo fa si era espressa la Corte europea dei diritti dell’uomo.
Anche chi decide di non collaborare con la giustizia avrà diritto a misure premiali, ha stabilito la Consulta esaminando due casi di condanne all’ergastolo per mafia, a patto ovviamente che il condannato dia prova di piena partecipazione al percorso rieducativo. Per accedere ai permessi, inoltre, deve essere escluso qualsiasi collegamento con la criminalità organizzata.
La Corte ha sottratto quindi la concessione del solo permesso premio alla generale applicazione del meccanismo “ostativo” (secondo cui i condannati per i reati previsti dall’articolo 4 bis che dopo la condanna non collaborano con la giustizia non possono accedere ai benefici previsti dall’Ordinamento penitenziario per la generalità dei detenuti). La presunzione di “pericolosità sociale” del detenuto non collaborante non è più assoluta ma diventa relativa e quindi può essere superata dal magistrato di sorveglianza, che deve valutare caso per caso.
Cos’è l’ergastolo ostativo?
Con il termine «ergastolo ostativo» si indica una pena senza fine e senza la possibilità di accedere a qualsiasi misura alternativa al carcere e a ogni beneficio penitenziario: niente permessi premio, semilibertà o libertà condizionale, a meno che non si collabori con la giustizia. I detenuti all’ergastolo ostativo sono in maggioranza condannati per omicidi legati alla mafia.
L’ergastolo ostativo fu inserito nell’ordinamento penitenziario italiano all’inizio degli anni Novanta, dopo le stragi nelle quali furono uccisi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
La Corte costituzionale ora ha stabilito che è possibile concedere permessi premio anche senza collaborazione con la giustizia, purché ci siano elementi che escludono collegamenti dei detenuti con la criminalità organizzata. La Consulta si è riunita in camera di consiglio per esaminare le questioni sollevate dalla Corte di cassazione e dal Tribunale di sorveglianza di Perugia sulla legittimità dell’articolo 4 bis, comma 1, dell’Ordinamento penitenziario.
Una pronuncia di grande impatto, perché non riguarda solo i 1.250 condannati all’ergastolo ostativo, ma anche chi sta scontando pene minori per mafia, terrorismo, violenza sessuale aggravata, corruzione e in generale i reati contro la pubblica amministrazione. Tutti reati che sino ad oggi impedivano la concessione di qualunque beneficio penitenziario nel presupposto della pericolosità sociale del condannato.
Oltre ai mafiosi, anche terroristi, trafficanti di droga, contrabbandieri e responsabili di reati gravi, come la pedopornografia potrebbero rivendicare il diritto di usufruire di permessi premio.