La moglie e la sorella hanno rifiutato il programma di protezione, mentre ai familiari che si sono presentati al colloquio in carcere, durante la mattinata odierna, mercoledì 2 ottobre, non solo è stata negata la possibilità di incontrarlo, ma gli è stato richiesto di non presentarsi più: questi i passaggi cruciali che confermerebbero la volontà di Tommaso Schisa di collaborare con la giustizia.
Un pentimento clamoroso che fa tremare i clan all’ombra del Vesuvio: il giovane, figlio di Luisa De Stefano soprannominata “la pazzignana”, di recente condannata all’ergastolo per l’omicidio Colonna-Cepparulo, insieme ad altre 7 persone – e dell’ex affiliato al clan Sarno Roberto Schisa, potrebbe scrivere una pagina importante della storia camorristica non solo di Ponticelli, per effetto dell’alleanza che da diversi anni vede legato il clan della sua famiglia ai De Luca Bossa del Lotto O di Poticelli e ai Minichini-Rinaldi di San Giovanni a Teduccio. Un’alleanza suggellata proprio dall’omicidio di Raffaele Cepparulo, il boss dei Barbudos rifugiatosi a Ponticelli dopo “la strage delle fontanelle” e che bramava di allearsi con il clan Mazzarella e proprio per entrare nelle grazie di questi ultimi era intenzionato ad uccidere “la pazzignana” e il killer Michele Minichini. Per questa ragione, l’alleanza decise di eliminare quel nemico che, di giorno in giorno, diventava sempre più scomodo. L’esecutore materiale dell’omicidio fu proprio Michele Minichini, ma non tutto andò secondo i piani: nell’agguato perse la vita anche un 19enne, estraneo alle dinamiche camorristiche. Un fattore che ha inciso notevolmente nella decisione di infliggere il massimo della pena a tutti coloro che hanno ricoperto un ruolo nella pianificazione e nell’esecuzione di quell’agguato.
Un ergastolo pesante, quello che ha sradicato le “mamme-camorra” Luisa De Stefano e Vincenza Maione dal Rione De Gasperi di Ponticelli e che ha destabilizzato notevolmente le giovani reclute: il pentimento del figlio della De Stefano lo comprova.
Il giovane Tommaso Schisa, cresciuto masticando odio e livore di vendetta verso i pentiti del clan Sarno che avevano privato del capofamiglia molti nuclei abitativi che orbitavano intorno alla cosca egemone per circa un ventennio a Ponticelli, ha iniziato ben presto a marcare la scena camorristica. “O’ muccusiello” – questo il soprannome di Tommaso Schisa – aveva 25 anni quando nel settembre del 2016 fu arrestato dai carabinieri di Marigliano, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal tribunale di sorveglianza di Napoli.
Un arresto che scaturì dall’aggravamento della libertà vigilata a cui Schisa era stato sottoposto dal dicembre 2015, quando fu scarcerato dopo un periodo di detenzione in carcere per omicidio: nel novembre del 2007, appena 16enne, venne condannato a 16 anni di reclusione per aver ucciso a sangue freddo Umberto Improta, un ragazzo di 27 anni, vittima innocente della criminalità, al culmine di una lite insorta per futili motivi all’esterno di un bar di San Giorgio a Cremano, tra i rampolli del clan Sarno e un gruppo di ragazzi, estranei alle dinamiche camorristiche.
Una figura addentrata nel contesto malavitoso e che può fornire informazioni preziose agli inquirenti, anche se è da escludere che Luisa De Stefano, camorrista esperta e dalla mente sopraffina, possa aver fornito al figlio “dati sensibili” rendendolo partecipe delle “cose grosse”. In sostanza, la De Stefano porta scalfiti nell’anima i segni delle ferite inferte dalle dichiarazioni rese dagli ex Sarno e che, di fatto, inguaiarono il marito, Roberto Schisa, tornato in libertà di recente. Per questa ragione è facile dedurre che abbia protetto suo figlio Tommaso, di certo, non credendo che potesse rinnegare gli ideali nel segno dei quali è stato allevato, ma per evitare che potesse finire impicciato in guai più seri, laddove qualche affiliato avesse intrapreso la strada della collaborazione con la giustizia, proprio com’è successo a suo padre.
Luisa De Stefano non avrebbe mai appoggiato la scelta di suo figlio, educato nel rispetto delle regole dell’omertà, del rispetto, dell’onore e della fedeltà e proprio su questo aspetto hanno fatto leva i parenti, affinchè il giovane Schisa rivedesse quella decisione tanto estrema quanto irreversibile. Tommaso Schisa ha scelto di valicare una strada senza ritorno, lasciandosi alle spalle quel passato diventato pesante come un macigno al pari del cognome che porta, al cospetto dei 13 anni di carcerazione che gli sono stati inflitti lo scorso luglio e al regime di ristrettezze economiche che è costretto a fronteggiare da quando il clan di famiglia è andato in rovina.
Quello che resta del grande sogno coltivato dalle “pazzignane”, in seguito al declino del clan Sarno, sono dei tatuaggi scalfiti con inchiostro indelebile sulla pelle, destinati a riaprire quella ferita inferta dall’ennesimo imprevedibile pentimento, tutte le volte che sapranno farsi spazio tra le grinze degli indumenti: “famiglia” con due iniziali T.S., quel nome che poche ore fa, ha rinnegato quella famiglia per abbracciare lo Stato.
“Mai voltare le spalle alla propria famiglia”: un monito, ripetuto come un mantra sui social, quasi a voler esorcizzare la paura di quello che fedelissimi e parenti ancora contigui al clan temevano che potesse accadere e che, proprio in queste ore, sta accadendo.
Un pentimento destinato ad incidere sulle dinamiche camorristiche della periferia orientale di Napoli, senza dubbio, ma solo dopo che “0′ muccusiello” avrà vuotato il sacco, i clan alleati agli Schisa potranno “quantificare i danni”.
Il rischio che il patto d’oro tra “le pazzignane” e i De Luca Bossa del Lotto O possa saltare è molto di più di una mera ipotesi. Dal suo canto, la cosca di Tonino ‘o sicco potrebbe decidere di replicare al pentimento di Tommaso Schisa inducendo una pedina ben più preziosa a passare dalla parte dello Stato: Anna De Luca Bossa, la lady camorra del Lotto O che aveva già manifestato la volontà di pentirsi, ma in quella circostanza, i parenti riuscirono ad indurla a ritrattare. La figlia di Teresa De Luca Bossa, di fatto, ha assunto un ruolo ben più egemone all’interno dell’alleanza tra i clan di Napoli Est, presenziando a riunioni importanti e non solo. Ragion per cui, il possibile pentimento della lady-camorra del Lotto O, in queste ore, è la replica più temuta dai clan alleati di Napoli est.