Le indagini legate all’omicidio di Annunziata D’Amico, donna-boss dell’omonimo clan, sono giunte ad una svolta cruciale: sono Flavio Salzano e Antonio De Martino i killer che intorno alle 13 il 10 ottobre del 2015 entrarono in azione nel Rione Conocal di Ponticelli, la roccaforte del clan D’Amico, per uccidere “la passillona”, questo il nomignolo della sorella di Giuseppe ed Antonio D’Amico che, in seguito alla carcerazione dei fratelli, ereditò le redini del clan.
Fu proprio la gestione sfrontata ed irrispettosa che ha segnato la politica attuata dalla lady-camorra del rione Conocal a decretarne la morte: “la passillona”, come racconta la sua stessa voce in alcune intercettazioni ambientali, si rifiuta di corrispondere il pedaggio sulle piazze di spaccio ai De Micco, clan egemone che per “punire” l’irriverenza della D’Amico e stroncare definitivamente le velleità del suo clan, ne decretò la morte.
Erano le 13,15 di un sabato qualunque, destinato a sancire un punto di non ritorno nell’ambito delle dinamiche camorristiche di Ponticelli. Annunziata D’Amico, consapevole di essere finita nel mirino dei rivali, non usciva di casa da diverso tempo, ma quella mattina si recò al carcere di Caserta, dov’è detenuto uno dei suoi 6 figli, nati da tre matrimoni. Quando fece ritorno nel rione, appena scesa dall’auto della nuora, prima di rintanarsi nel suo appartamento in via al Chiaro di Luna, si intrattenne con alcuni conoscenti che gli chiesero notizie del figlio.
Il killer si materializzò in un lampo e nel puntarle la pistola contro, esclamò: “ti devo uccidere”. La donna tentò inutilmente riparo dietro alcune vetture parcheggiate, mentre chiedeva al suo sicario di togliere il cappuccio che gli copriva il volto perchè lo voleva guardare in faccia. L’ultimo desiderio espresso dalla donna-boss del Rione Conocal fu quello di conoscere l’identità del suo carnefice. Un desiderio esaudito dagli inquirenti, 4 anni dopo.
Gli esecutori materiali dell’omicidio furono il braccio destro del boss Luigi De Micco, Antonio De Martino, considerato uno dei killer più spietati del clan, e alla “new entry” Flavio Salzano, passato dalla parte dei “Bodo” proprio rinnegando i “fraulella” e giustiziato con tre colpi di pistola alla testa ad agosto del 2016.
Un contributo notevole è stato fornito agli inquirenti dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia. In particolare Rocco Capasso, ultimo “pentito” del clan De Micco, ha riferito che fu Salzano a chiedergli di procurarsi la pistola 9×21 utilizzata da De Martino per uccidere la D’Amico. Inoltre, pochi giorni dopo l’agguato, Carmela Ricci – madre di Antonio De Martino – ordinò a Capasso di bruciare la Suzuki “Swift” con la quale i sicari fecero irruzione nel Conocal. La vettura era parcheggiata nel Rione Fiat, il quartier generale del cartello criminale De Martino – De Micco, ed incidentata, poichè i killer durante la fuga, impattarono contro un’altra auto nel rione Conocal. Nell’auto usata per compiere l’omicidio, inoltre, vi erano tracce di sangue di Antonio De Martino che si era ferito proprio nell’incidente mentre fuggivano, dandosi la pistola in faccia. Troppe tracce portavano all’esecutore materiale del delitto, per questa ragione la madre di De Martino ordinò la distruzione di quell’auto. Fu proprio Capasso, con l’aiuto di Rosario Rolletta ad incendiarla, in via vicinale Ravioncello.
Per i beninformati sulle dinamiche camorristiche ponticellesi, non era di certo un mistero che potesse esserci la firma di Antonio Di Martino anche sull’omicidio di Annunziata D’Amico. Killer efferato e dall’indole fedele e servile al clan dei “bodo”, il boss Luigi De Micco, fiutando la possibilità di essere tratto in arresto, lo aveva designato come suo successore alla guida del clan. In effetti, il presagio del boss si è rivelato giusto: nel novembre del 2017 venne tratto in arresto insieme ad altre 22 figure di spicco del clan, tra le quali anche Antonio De Martino.
Un’intera famiglia dietro le sbarre, quella dei De Martino: il padre Francesco De Martino, detenuto da anni, nell’estate del 2018, fu ferito in un agguato a Ponticelli durante un permesso premio, Giuseppe De Martino, l’altro figlio di Francesco De Martino, è in carcere da diversi anni. Carmela Ricci, moglie di Francesco De Martino e madre di tre figli, è stata arrestata nel dicembre 2017, la polizia di stato nella sua abitazione ritrovò l’arsenale del clan De Micco.
Già condannato per l’omicidio di Salvatore Solla, Antonio De Martino è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, eseguita dalla Squadra Mobile di Napoli, guidata dal primo dirigente Antonio Salvago, ed emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Dovrà rispondere di omicidio premeditato, detenzione e porto illegale di arma comune da sparo e ricettazione con la circostanza aggravante di aver agito avvalendosi delle condizioni di cui all’articolo 416 bis derivanti dalla partecipazione all’organizzazione camorristica denominata clan De Micco, nonché al fine di agevolare e consolidare l’espansione dell’associazione di appartenenza nel quartiere di Ponticelli.
Nonostante il duro colpo inferto alla famiglia fedelissima al clan dei tatuati dagli arresti, ai quali si aggiunge il tradimento di molte reclute che dopo il blitz del novembre 2017 che rimaneggiò il clan De Micco, passarono dalla parte del cartello criminale Minichini-Schisa-De Luca Bossa, i De Martino continuano tuttora a fare le veci dei De Micco, in particolare nelle storiche roccaforti del Lotto 10, Rione Fiat e Rione Incis.
Ben altro valore, invece, assume il coinvolgimento di Flavio Salzano nell’omicidio di Annunziata D’Amico. Latitante all’epoca dell’omicidio, avrebbe ricoperto un ruolo determinante nella pianificazione e nell’esecuzione dell’omicidio: Salzano conosceva bene casa D’Amico e “la passillona”, in quanto affiliato al clan del rione Conocal. Salzano, tuttavia, quando comprese che il suo clan d’appartenenza non disponeva della forza necessaria per scalzare i De Micco, decise di passare dalla parte dei “Bodo”. Il contributo reso per pianificare l’agguato, molto probabilmente, fu il prezzo da pagare per dimostrare ai De Micco che potevano fidarsi di lui e che mai più avrebbe servito la causa dei D’Amico.
Pochi mesi dopo, ad agosto del 2016, il cadavere di Salzano fu rinvenuto in un’auto, in una strada isolata al confine tra San Giorgio a Cremano e Ponticelli. A decretare la morte del 29enne fu il suo “nuovo” clan d’appartenenza, i De Micco.
La modalità di esecuzione dell’agguato e la rapidità con la quale i sicari si materializzarono in via al Chiaro di Luna, fin da subito, indussero la famiglia D’Amico a sospettare del coinvolgimento di qualcuno, troppo vicino al clan. Iniziò così una vera e propria caccia all’uomo, stroncata definitivamente a giugno del 2016 con l’operazione “Delenda” che fece scattare le manette per più di 90 persone, decretando il tramonto definitivo del clan De Micco.