La foto di quel figlio trucidato dai colpi di pistola della camorra all’età di 19 anni come immagine del profilo facebook, al pari dell’immagine di copertina scelta da Anna De Luca Bossa, in cui la lady-camorra del Lotto O di Ponticelli è ritratta accanto ai figli Antonio e Martina, ben sintetizzano le motivazioni che hanno portato la figlia di Teresa De Luca Bossa ad abbracciare il sistema dopo la carcerazione del fratello Antonio De Luca Bossa, detto Tonino ‘o sicco.
Erano gli anni in cui la faida di Scampia era giunta al declino e le grandi piazze di spaccio si spostarono dalla periferia Nord alla periferia Est di Napoli. Ponticelli, così, inizia a rivendicare il primato di supermarket della droga più gettonato della città e le piazze di spaccio spuntano come funghi, mentre si registra l’uscita di scena del clan Sarno.
Ponticelli non va incontro ad un destino diverso rispetto a quello che ha marcato la scena a Scampia. Ben presto scoppia una faida tra i due clan pronti a prendere il posto dei Sarno e a mettere le mani sul business della droga: i De Micco e i D’Amico, i “Bodo” e i “fraulella”. E’ nell’ambito di questa faida che il 19enne Antonio Minichini perde la vita in un agguato, seppur estraneo alle dinamiche camorristiche e agli “affari di famiglia”.
E’ il 29 gennaio del 2013 quando in via Arturo Toscanini, nel Rione Conocal, bunker del clan D’Amico, Gennaro Castaldi, di 21 anni e Antonio Minichini, di 19 anni, vengono freddati a colpi d’arma da fuoco. L’agguato è avvenuto intorno alle 20, sotto casa di Castaldi. I due giovani vengono immediatamente trasportati all’ospedale Loreto Mare, dove il 21enne muore poco dopo il ricovero, mentre il 19 enne spirerà all’alba del giorno dopo, in seguito ad un disperato e delicato intervento chirurgico.
Castaldi era l’unico e reale obiettivo dell’agguato, tuttavia, il 19enne, a carico del quale risulta solo un’indagine per rapina, paga il prezzo del peso del cognome che porta: figlio della sorella del sanguinario Tonino ‘o sicco, autore del primo attentato stragista con autobomba in Campania, e del boss Ciro Minichini detto Cirillino, non può ricevere l’ultimo saluto nella chiesa del Lotto O, perchè gli vengono negati i funerali in chiesa. Una folla gremita e le urla strazianti di dolore e disperazione di amici e parenti, accolgono il feretro del giovane nel cimitero di Ponticelli.
E’ il punto di non ritorno per Anna De Luca Bossa, ma anche per il fratellastro di Antonio, Michele Minichini, detto ‘o tigre che quel desiderio di vendetta se lo tatua sulla pelle, insieme al volto di quel fratello, scippato alla vita da quello stesso “sistema” al quale ha giurato fedeltà eterna.
Anna De Luca Bossa, leader in gonnella dell’omonimo clan, viene prima ritenuta parte integrante dell’organizzazione a capo dello “spaccio al femminile” messo in piedi dalle sorelle D’Amico nel Conocal, lo stesso rione in cui quel figlio che tanto amava fu trucidato, e di recente condannata all’ergastolo – insieme ad altre sette persone, tra le quali anche il figliastro Michele Minichini – per il duplice omicidio Colonna-Cepparulo.
E’ stata la Lady camorra del Lotto O a determinare la morte di un altro 19enne, estraneo alle dinamiche camorristiche, inviando un sms al suo figliastro Michele Minichini, il killer incaricato di uccidere il boss dei Barbudos Raffaele Cepparulo.
Quel cuore di mamma ferito, perennemente alla ricerca di vendetta ed emozioni forti in grado di sedare quel dolore ingestibile, per assecondare quell’ossessiva caccia ai fantasmi, ha decretato la morte di un giovane che in quel circolo ricreativo gestito da suo nipote Umberto, ci era andato per fare una partita al biliardino. Quando si diffuse la notizia della morte di un innocente, Anna De Luca Bossa fu sopraffatta dal terrore che potesse trattarsi proprio di suo nipote Umberto, primogenito di Tonino ‘o sicco.
«C’era uno con la maglietta rossa, quello innocente, poi uno con la maglietta bianca che era ’o limone, e uno con la maglietta verde che era Cepparulo. E tu che fai? Entri improvvisamente e spari a quello con la maglietta rossa? Avevano tutti e due la barba e non è che si è sbagliato: ha proprio sparato. Con la pistola in mano tremava tutto, lo ha scostato e gli ha sparato»: questi alcuni stralci dell’intercettazione ambientale in cui la Lady Camorra del Lotto O commenta quanto accaduto dopo che i killer erano entrati in azione, una volta ricevuto il suo segnale.
Con cinica freddezza commenta l’omicidio dell’innocente Colonna: “ormai il guaio è fatto… è andata così”, come se la morte di quel 19enne fosse un incidente di percorso, l’unica sbavatura nel perfetto piano di morte azionato insieme agli alleati del clan Rinaldi-Minichini- Schisa.
Poche ore dopo, quasi a volersi uniformare al rabbioso ed incredulo dolore che avvolgeva il Lotto O, “il suo rione”, sul suo profilo facebook pubblica un post presumibilmente dedicato al giovane Ciro Colonna.
Senza parole, solo tre emoticon: un angelo, un dito che lo indica e un cuore. Un rebus che sembra voler suggerire che quell’angelo sottratto alla vita dalla ferocia e cieca logica degli interessi che lei per prima cura e condivide, resterà per sempre nel suo cuore.
Due minuti prima, condivide il suo stato d’animo con amici e conoscenti: “triste assai”.
Da donna temprata dalle brutture della camorra, Anna De Luca Bossa continua a rivelarsi una profonda conoscitrice dei segni, dei codici, della mimica e della dialettica da adottare per allontanare lo spettro del sospetto.
E così, a distanza di 48 ore dal duplice omicidio al quale lei per prima ha contribuito, rivolge un pensiero commemorativo anche al boss dei Barbudos, morto per sua stessa volontà: “Buongiorno amore mio mi manca tutto di te fratm rafè….”.
Lo definisce “un fratello” quell’ospite scomodo che per sottrarsi al mirino dei rivali del clan Vastarella del Rione Sanità trovò riparo e protezione proprio nel Lotto O di Ponticelli, dove bramava di allearsi al clan Mazzarella e mise la firma su diversi raid intimidatori ai danni di alcune figure di spicco del cartello Minichini-Rinaldi-Schisa- De Luca Bossa.
Nei giorni successivi all’omicidio dell’innocente Ciro Colonna, il clima nel Lotto O era davvero pesante e il timore che la gente comune, costretta a subire le velleità del clan De Luca Bossa ed affini, potesse insorgere per mettere fine a quel perenne bagno di lacrime e sangue in cui troppo spesso rimangono imbrigliate giovani vite innocenti, era un timore più che fondato.
Toccava a lei, “la regina del Lotto O”, mettere le cose a posto, ma non ne ebbe il tempo: poche settimane dopo fu arrestata nell’ambito dell’operazione Delenda.
Condannata all’ergastolo per l’omicidio Colonna-Cepparulo, Anna De Luca Bossa avrà tutta la vita per riflette su quel “guaio” che ha stroncato la vita di un 19enne, colpevole solo di abitare nella roccaforte del suo clan, un rione della camorra, simile a quello in cui, per effetto delle stesse dinamiche, anche suo figlio all’età di 19anni, ha perso la vita.