Fine pena mai per mandanti ed esecutori, ma anche per gli affiliati che hanno partecipato attivamente alla pianificazione e alla realizzazione dell’omicidio del boss del clan dei “barbudos” Raffaele Cepparulo detto “Ultimo”, in cui perse la vita anche il 19enne Ciro Colonna, vittima innocente della criminalità.
I killer entrarono in azione nel circolo ricreativo ricavato abusivamente nel “palazzo-bunker” del clan De Luca Bossa, nel plesso P4 del Lotto O e di proprietà di Umberto De Luca Bossa, figlio del sanguinario boss “Tonino ‘o sicco”, fondatore dell’omonimo clan. Era il 7 giugno del 2016 quando la “lady-camorra” del Lotto O, Anna De Luca Bossa, sorella di Antonio De Luca Bossa e figlia di Teresa De Luca Bossa, inviò un sms ai sicari per comunicargli che Cepparulo era seduto lì, ad un tavolo del circoletto di proprietà del nipote e stava giocando a carte con altre tre persone.
“Ultimo”, questo il soprannome del boss dei “Barbudos”, era finito nel mirino dei nemici del clan Vastarella, in seguito alla “strage delle Fontanelle”, avvenuta nell’aprile dello stesso anno nel Rione Sanità. A Ponticelli, complice l’amicizia con Umberto De Luca Bossa, aveva cercato e trovato protezione e riparo tra i grigi palazzoni del Lotto O.
Durante il soggiorno nel quartiere della periferia orientale di Napoli, tuttavia, non aveva sedato la sua brama di potere e intrattenne rapporti dapprima con i De Micco – secondo quanto riferito da alcuni collaboratori di giustizia, Luigi De Micco gli procurò una pistola – e poi con i Mazzarella, per conto dei quali ha messo a segno alcuni raid intimidatori nella zona del Rione Villa e non solo. In quel momento storico, i De Luca Bossa, i Minichini, i Rinaldi e “le pazzignane” del Rione De Gasperi di Ponticelli stavano stringendo un’alleanza per risalire la china, dopo svariati anni trascorsi in balia di altre organizzazioni.
Un’alleanza finalizzata a scalzare i De Micco a Ponticelli e ad imporre l’egemonia dei Rinaldi a San Giovanni a Teduccio, nell’ambito della faida contro i Mazzarella. Se è vero che i Rinaldi erano in guerra con i Mazzarella per il controllo del territorio, è altrettanto vero che il cartello costituito dalle pazzignane con il supporto dei clan De Luca Bossa- Minichini, ha temuto l’impeto e la forza del clan De Micco a tal punto da non avviare mai una faida a suon di raid intimidatori. A determinare l’uscita di scena dei rivali, infatti, è stata un’operazione di polizia che nel novembre del 2017 ha tradotto in carcere le figure-simbolo del “clan dei tatuati” decretandone, di fatto, il declino.
In questo clima, il giovane Cepparulo cerca di rivendicare un posto di spessore nella malavita ponticellese. Un errore che paga con la vita. Ad ucciderlo è il figliastro di Anna De Luca Bossa, Michele Minichini detto “tiger” o “o’ tigre”: un killer sfrontato e temibile, uno di quei nomi che evocano timore e rispetto nei rioni della camorra e che per questo, quel giorno, quando entrò in azione nella roccaforte del clan di quella famiglia alla quale sente fortemente di appartenere, lo fece a volto scoperto, sprezzante dei vistosi tatuaggi che adornano la sua testa. Insieme a lui c’era Antonio Rivieccio. I due fecero irruzione nel circolo ricreativo simulando una rapina, Minichini si avvicinò al tavolo al quale era seduto Cepparulo e gli sparò. Nel parapiglia generato dai ragazzi presenti nel circoletto, il 19enne Ciro Colonna – che stava giocando al biliardino con un’amica – nel fuggire perse gli occhiali da vista. Nel gesto istintivo del giovane che si chinò per recuperarli, Rivieccio lesse l’intenzione di raccogliere un’arma per replicare al fuoco e così gli esplose contro un colpo di pistola, un colpo secco, che colpì il giovane dritto al petto. Trasportato da un abitante del rione al vicino pronto soccorso di “Villa Betania”, Ciro Colonna morì invocando sua madre.
Per l’omicidio del 19enne Ciro Colonna, vittima innocente della camorra, e del boss Raffaele Cepparulo, il giudice per le indagini preliminari Luana Romano del Tribunale di Napoli ha disposto il carcere a vita per il boss di San Giovanni a Teduccio Ciro Rinaldi (accusato di essere il mandante), Michele Minichini (esecutore materiale), Antonio Rivieccio (accusato di essere uno dei due killer), Anna De Luca Bossa (segnalò ai killer la presenza di Cepparulo nel circolo ricreativo del Lotto O), oltre a Giulio Ceglie e a Cira Cipollaro (madre di Michele Minichini), le ‘pazzignane’ Vincenza Maione e Luisa De Stefano, accusate di aver aiutato i killer nelle fasi successive all’agguato.
A nulla è servito il pentimento manifestato dalle donne imputate che nel corso del processo hanno anche letto una lettera rivolta alla famiglia Colonna, per scusarsi delle circostanze che hanno determinato la morte del 19enne, sperando in una riduzione della pena a 30 anni.
La richiesta di ergastolo per tutti i responsabili dell’omicidio è stata avanzata dal pubblico ministero antimafia Antonella Fratello. Gli imputati rispondevano di duplice omicidio con le aggravanti dell’uso illegale delle armi, della premeditazione e della matrice camorristica.
Un omicidio che, di fatto, sancì l’avvio di una nuova era camorristica a Napoli Est.
Una sentenza che, di fatto, ridimensiona l’assetto organizzativo dei clan di Napoli Est che convergono nell’alleanza.