Lo scorso 10 giugno, nel corso dell’udienza del processo per l’omicidio del boss dei “Barbudos” del Rione Sanità Raffaele Cepparulo e della vittima innocente della criminalità Ciro Colonna, le tre donne imputate hanno rilasciato delle dichiarazioni spontanee.
A tre anni di distanza dall’omicidio avvenuto in un circolo ricreativo del Lotto O di Ponticelli, il 7 giugno del 2016, “le pazzignane” Luisa De Stefano e Vincenza Maione e Anna De Luca Bossa hanno raccontato la loro versione dei fatti.
Le tre donne hanno tutte confermato che l’omicidio di Cepparulo fu deciso per arrestarne l’ascesa criminale: il boss del Rione Sanità, infatti, approdato a Napoli est per sfuggire alla vendetta del clan Vastarella, da tempo ordinava attentati ai loro danni. Stese ed altre azioni intimidatorie, dunque, per piegare la cosiddetta “camorra ascendente” al volere dei De Micco e dei Mazzarella. Luisa De Stefano, in particolare, ha riferito di essere stata anche costretta a chiudere un negozio a causa dei continui raid intimidatori messi a segno da Cepparulo.
Le “pazzignane” del Rione De Gasperi, riconducibili al cartello criminale degli Schisa, in alleanza con i De Luca Bossa, i Minichini e i Rinaldi, stavano cercando di contrastare l’egemonia dei De Micco a Ponticelli e dei Mazzarella a San Giovanni a Teduccio.
Tutte le figure-simbolo dell’alleanza portano nel cuore una ferita inferta dai nemici giurati. Cepparulo era in contatto con i De Micco, così come confermato da diverse ex reclute del clan dei tatuati passati dalla parte dello Stato e stava cercando un contatto con i Mazzarella. Le donne dell’alleanza erano certe che anche dietro le “stese” nei pressi dell’abitazione del boss Ciro Rinaldi nel rione Villa e di Michele Minichini a Barra ci fosse lui, il boss dei Barbudos.
Le tre imputate, così come ha fatto nel corso dell’udienza precedente l’esecutore materiale dell’omicidio, il killer Michele Minichini, hanno chiesto scusa alla famiglia Colonna con una lettera.
Doveva morire un boss che voleva intralciare le ambizioni del sodalizio camorristico sorto all’ombra del Vesuvio e invece ha perso la vita anche un 19enne estraneo alle dinamiche malavitose.
Per questa ragione il pubblico ministero ha chiesto l’ergastolo per i sette imputati, tutti accusati di avere avuto un ruolo in quell’agguato costato la vita anche a Ciro Colonna, un 19enne che stava giocando a biliardino quando i killer Michele Minichini ed Antonio Rivieccio fecero irruzione nel circolo ricreativo in cui Cepparulo stava giocando a carte.
A segnalare la presenza del boss dei Barbudos seduto al tavolo del circolo ricreativo del “P4” del Lotto O intento a giocare a carte con altre tre persone, fu Anna De Luca Bossa, la lady camorra del Lotto O, figlia di Teresa, la prima donna detenuta al 41 bis e sorella di Antonio, il primo autore di un attentato stragista con autobomba in Campania.
“Avevo già perso un figlio, hanno provato a uccidere davanti alla villa comunale e così abbiamo deciso che doveva morire” ha dichiarato Anna De Luca Bossa, leggendo una lettera in aula.
Il 29 gennaio del 2013 quando in via Arturo Toscanini, nel Rione Conocal, bunker del clan D’Amico, due giovani vengono giustiziati in un feroce agguato.
A cadere sotto i colpi dei killer Gennaro Castaldi, di 21 anni e Antonio Minichini, di 19 anni. L’agguato è avvenuto intorno alle 20, sotto casa di Castaldi. I due giovani vengono immediatamente trasportati all’ospedale Loreto Mare, dove il 21enne muore poco dopo il ricovero, mentre il 19 enne spirerà all’alba del giorno dopo, in seguito ad un disperato e delicato intervento chirurgico. Il reale obiettivo dell’agguato era Castaldi, ma i sicari dei De Micco uccisero anche il figlio della lady camorra del Lotto O. Una morte che ha generato una ferita indelebile nel cuore e nell’onore della famiglia De Luca Bossa, ma anche dei Minichini: Antonio era il figlio di Anna De Luca Bossa e del boss attualmente detenuto Ciro Minichini, nonché fratellastro di Michele Minichini, l’esecutore materiale dell’omicidio di Raffaele Cepparulo.
“Chiedo perdono alla famiglia di Ciro, lui non doveva morire”, ha aggiunto in aula la lady camorra del Lotto O, quello stesso rione in cui viveva Ciro Colonna, amico di suo nipote Umberto e per questo, come molti ragazzi cresciuti in quel contesto, era solito frequentare quel circolo ricreativo per ammazzare la noia.
Anche “le pazzignane” Vincenza Maione e Luisa De Stefano hanno fatto lo stesso, ammettendo le loro responsabilità nel buon esito di quell’azione camorristica, hanno ugualmente chiesto il perdono della famiglia del 19enne, vittima innocente della criminalità.