Chiuso il cerchio delle indagini relative all’omicidio di Luigi Galletta, il 21enne meccanico, vittima innocente della criminalità, ucciso per aver detto “no” alla camorra.
Un omicidio maturato nel cuore dell’estate 2015, nel bel mezzo di una faida che seminò paura, morte e sangue tra i vicoli del centro storico di Napoli. Su un fronte il clan Sibillo, l’ormai celebre “paranza dei bambini” di Forcella, capeggiata dai fratelli Emanuele e Pasquale Sibillo, sull’altro il clan Buonerba. Luigi Galletta finisce nel mirino dei Sibillo per il vincolo di parentela che intercorreva tra lui e un uomo dei Buonerba.
La mattina di venerdì 31 luglio 2015, due gregari del clan Sibillo fanno irruzione nell’officina di via Carbonara dove lavora come meccanico ed avanzano a Luigi una richiesta ben precisa: vogliono sapere dove si nasconde suo cugino, contiguo al clan Buonerba.
Dinanzi al diniego del giovane meccanico, i due replicano infliggendogli tre colpi con il calcio della pistola in testa. Luigi viene medicato, ma non sporge denuncia.
Qualche ora dopo, i due tornano nuovamente in officina, stavolta per uccidere il giovane meccanico.
Luigi Galletta viene raggiunto da tre colpi di pistola al petto. Nonostante la disperata corsa all’ospedale Loreto Mare, dove giunge in condizioni critiche, il giovane muore poco dopo. Troppo gravi le ferite riportate.
Luigi Galletta, 22 anni, incensurato, professione meccanico, raggiunto al cuore da tre colpi di pistola, nell’ambito di quello che presenta i chiari e marcati tratti dell’agguato di camorra in piena regola, mentre era nel pieno esercizio delle sue mansioni, nell’officina in cui lavorava, in via Carbonara, a due passi dalla stazione centrale di Napoli.
Un omicidio inequivocabilmente di stampo camorristico, ma che gli inquirenti faticano a collocare in un quadro ideologico che ne legittimi il movente, in virtù dell’estraneità della vittima alle dinamiche criminose in voga tra i giovani del centro storico accorpati sotto l’etichetta di “baby-camorristi”.
Un lavoratore onesto, Luigi, dalla fedina penale immacolata, al pari della sua famiglia, composta da persone perbene che non hanno mai avuto problemi con la giustizia.
Un delitto di camorra non destinato ad un uomo di camorra: quest’aspetto infittisce il mistero che aleggia intorno al cadavere di un ragazzo di 22 anni che non è stato affatto ucciso per errore.
Chi ha sparato a Luigi, lo ha fatto con il chiaro intento di uccidere, di uccidere lui. Proprio lui.
Luigi è stato punito per aver commesso qualche genere d’errore che la camorra non perdona.
Inizialmente si ipotizzava che il delitto di Galletta fosse strettamente correlato con la sua attività di meccanico e quindi ucciso perché si era rifiutato di ritoccare gli scooter che gli affiliati al clan utilizzano per compiere le gesta malavitose o di contribuire alla sparizione degli stessi scooter all’indomani di omicidi ed altre azioni camorristiche di spessore.
“Nun fa ‘o scemo”: questo il monito rivolto a Galletta dai due, una volta giunti nell’officina meccanica dove lavorava.
Ceffoni, minacce, i due continuavano ad avanzare quella richiesta, a suon di cattive maniere, ma il giovane non si piegò alla loro volontà.
Poche ore dopo, fecero nuovamente irruzione nell’officina per chiudere la questione nel modo più estremo.
Uno dei due responsabili dell’omicidio di Luigi Galletta è Ciro Contini, nipote del boss Eduardo Contini ‘o romano, destinatario questa mattina, sabato 9 marzo, di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere con l’accusa di omicidio.
Omicidio aggravato dalla premeditazione, dall’uso di una pistola illegalmente detenuta, nonché dall’articolo sette della legge antimafia del 1991 per aver agito al fine di favorire il clan di appartenenza: i Sibillo.
Ad inchiodare Contini ci sono anche le immagini delle telecamere che ripresero l’omicidio, in cui si vede un uomo tatuato puntare l’arma contro il meccanico.
L’altro killer è Antonio Napoletano ‘o nannone, che per la morte di Luigi Galletta è stato già condannato nell’ottobre del 2018 alla pena di 18 anni di reclusione.
Napoletano aveva 17 anni quando uccise Luigi, perché non volle rivelargli dove si nascondesse il cugino Luigi Criscuolo, contiguo al Buonerba.
Luigi Galletta non consegnò ai suoi killer l’informazione che desideravano, non per tener fede alle “regole d’oro” della fedeltà e dell’omertà, anche a costo della vita, il 21enne meccanico completamente estraneo alle dinamiche malavitose, davvero non sapeva dove fosse suo cugino, con il quale condivideva il nome e probabilmente nient’altro.